Summary.
Johnny Indovina's Human Drama rose above the gothic scene of Los Angeles. A mostly-acoustic work, The World Inside (1991), introduced not only fairy-tale atmospheres and neoclassical passages but also the archaic undercurrent that resurfaced on Songs Of Betrayal (1995), a philosophical meditation that achieved anthemic overtones as well as plunged into suicidal dejection, and on Solemn Sun Setting (1999). These were mature works, carried by a bard who had inherited both the voices of decadent dandies and titanic heroes, and so heavily arranged that each song sounded like a symphonic poem (when it was not as spare and austere as a chamber sonata).
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Human Drama e` il progetto del polistrumentista Johnny Indovina (originario
di New Orleans, ma stabilitosi a Los Angeles).
Dopo un inizio rock con Feel (RCA, 1989), su cui compariva la versione
originale di The Waiting Hour, e il singolo
This Tangled Web (Triple X),
uno dei suoi capolavori di melodramma e orchestrazione, Indovina trovo`
il suo elemento naturale nell'eleganza un po' superba di
The World Inside (Triple X, 1991).
A colpire sono soprattutto gli arrangiamenti lussureggianti, gli strati e
strati di strumenti, le partiture fantasmagoriche,
e la perfetta controparte di crooning suadente e melodie ariose
Ma The World Inside tradisce subito anche i debiti nei confronti del
folk-rock celtico, nonostante le tastiere librino la melodia in reami
fiabeschi e passi classicheggianti la sospingano ancor piu` lontano.
La seconda parte, a tempo di valzer, invoca anzi il progressive-rock
dei primi Genesis.
Una corrente sotterranea di folk arcaico percorre il disco, anche se emerge in
superficie soltanto qua e la` (Father Sing, Fading Away).
A complemento di questo tema c'e` quello classicheggiante, che si fa largo
nel saltarello da fiera medievale di My Skin, e nel suo tripudio di violini,
flauti e tamburi, e nel madrigale rinascimentale di The Sound Of The Rain,
con i rintocchi delle chitarre a simulare il clavicembalo.
Una pulsazione piu` forte e un arrangiamento piu` aggressivo
fanno di Fascination And Fear il brano piu` rock, ma anche nelle sue maglie
si annidano tracce di raga e di barocco e di chissa` cos'altro.
Se talvolta il metodo e` troppo sdolcinato (Tears) o pomposo (Look Into A
Stranger's Eyes) o patetico (Voices), quando Indovina azzecca l'equilibrio
giusto gli riescono brani come A Million Years, che coniano l'idioma di un pop
sensazionalista.
Dopo un tributo a Bowie e al rock decadente in generale,
Pinups (Triple X, 1993),
Indovina pubblico` una revisione per violoncello, flauto, violino e pianoforte
del suo vecchio materiale rock, l'EP Human Drama (Projekt).
Aperto dall'incalzante e maliziosa riflessione di It Is Fear, degna del piu`
sublime John Cale, il disco allinea ballad classicheggianti come
Breathe e Sad I Cry, ma trionfa nell'ode minacciosa di White River e nella versione
sterminata di The Waiting Hour, un capolavoro di tensione drammatica che
qui diventa anche una piccola sinfonia.
L'opera di questo inquieto dandy decadente e pessimista degli anni '90
trova definitiva sistemazione nel monumentale
Songs Of Betrayal (Projekt, 1995), per il quale e` coadiuvato
in fase di arrangiamento dal tastierista Mark Balderas e altri amici.
L'ouverture di E. 2nd St e i cinque intermezzi (Solitude) conferiscono
subito un tono austero all'opera. Ma il vero protagonista, nonostante la
profusione di arrangiamenti, e` la voce.
Indovina e` un baritono macabro e intenso, della stirpe dei John Cale e dei
David Bowie.
Le sue canzoni sono piccoli poemi sinfonici, perfettamente
calibrati fra melodia e armonia. Nelle sue tragiche e dinamiche messinscena
rivive soprattutto la tradizione del progressive-rock, fino all'impiego degli
strumenti dell'orchestra sinfonica. I risultati sono spesso spettacolari,
come negli epici inni di Another Fifty Miles e All That Cuts Today,
forse i due capolavori della sua carriera.
Nelle partiture piu` complesse, ovvero nelle sceneggiature piu` conturbanti,
si esalta una passione morbosa per la musica classica:
This Forgotten Love trasfigura il madrigale rinascimentale e Blue la
musica da chiesa.
Le radici sono pero` ancora nella ballata folk,
affrontata con la grinta e l'enfasi del rock: non a caso
da un lato all'altro dell'opera si sentono echi dei Jethro Tull, soprattutto
in brani aggressivi come Let The Darkness In.
Le cento personalita` di Indovina si accavallano disordinatamente nella
confusione delle sue paranoie, abbracciando uno spettro che va dal piu` turgido
Pete Hammill al piu` beato Donovan, dallo chansonnier di Mr Storyteller al
cantastorie di Where Our Weakness Lies, dal lied pianistico di
Forever alla sonata per clavicembalo di I Wonder Why.
Il ruolo che piu` gli si addice, quello di istrione e dannato, ferito e
affranto, ha modo di risplendere in tutta la sua perversa luce nella forma
della ballata melodrammatica di The Silent Dance e Sad I Cry,
che Indovina plasma mutuando passi dei balli medievali.
I brani segnano una progressione verso stati mentali sempre piu` depressi e
allucinati,
fino al grido disperato di This Foregotten Love e all'estremo spasimo di
Emptiness ("for it is not death but emptiness that I face" a passo marziale
di violoncello).
Nella coerenza e monoliticita` del Calvario morale di Indovina ogni canzone
rappresenta uno stadio della sua titanica lotta per la redenzione.
Le rovine su cui e` costruita la sua Passione brillano di una luce fosca ma
intensa.
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Fourteen Thousand Three Hundred Eighty Four Days Later (Triple X, 1998)
is a live album.
Solemn Sun Setting (Triple X, 1999) is vastly inferior to its
predecessor. My Denial, March On and Solemn Sun Setting
are sung like murder ballads by Nick Cave,
but without the lyrical depth or the vocal skills of the Australian bard.
On the other hand, Somewhere has the catchy hooks that Cave never had,
while it is arguable whether the REM-ian
I Cannot Believe and The Great Pretender are clever or
shameless.
It doesn't help that the arrangements are sometimes weak
(the tribal drumming of The Ways And Wounds,
the blues-rock syncopation of To Love Her).
However, there is a parallel album, made of the softer songs, the neoclassical
elegies that dig deeper into the human psyche:
the piano-and-violin lied A Single White Rose,
the melodramatic Loves Way,
the delicate, strings-based baroque dance of The Truth About Gina.
Unfortunately, the egos that blended magically on the previous work here remain
separate and conflicting.
Momentos En El Tiempo (Noise Kontrol 2002)
collects live acoustic performances.
Basically a concept on Love (the universal idea) and sexual relationships
(the imperfect, earthly implementation),
Cause And Effect (Projekt, 2002) is a stately, at time magniloquent,
recapitulation of Indovina's lyrical and musical themes, this time devoid
of any gothic overtone. Both the arrangements and the execution are impeccable.
The production is loud and crisp. The melodies are consistently captivating
without being trivial.
While Indovina is no Jim Morrison or Nick Cave, his delivery is persuasive
and sympathetic.
The album includes three of his best cover songs ever:
his voice injects an overdose of Leonard Cohen-ian mournful tenderness
into Emmylou Harris'
Bang The Drum Slowly, over martial drums and female whispers;
then dips the mediterranean aria of Lonely into the
smoky atmosphere of a cabaret, replete with Brech-Weill cabaret piano
(but so assertive that it threatens to explode in a Beethoven sonata);
and closes the album with Leonard Cohen's Dance Me To The End Of Love.
That magic is not matched by the other songs, but the rousing, anthemic,
fast-paced I Am Not Here, that soars over a joyful instrumental
bacchanal (sounding like a more sinister
Julian Cope),
the catchy vocal refrain and punchy guitar riff of Goodnight Sweetheart ,
the decadent aria of Madame Hate's Mad Search For Love (borrowed from
the first Velvet Underground album),
the majestic The Mystery (harking back to Bob
Dylan's Blonde On Blonde),
are as canonical as Schubert's lieder.
Indovina's exploitation of formulas of country (Look At Me Now ) and
blues (Quiet Desperation ) are no less effective.
The only drawback is a number of frivolous selections towards the end, that
perhaps were not necessary to fullfil this album's mission.
Carefully avoiding the tired cliches of pop music, Indovina tends to his
emotional wasteland with the proud sensitivity of a priest.
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