Mark Kramer
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Kramer, Hild and Carney: Happiness Finally Comes To Them (1987), 7/10
Kramer & Fair: Roll Out The Barrel (1988), 6/10
Kramer & Fair: The Sound Of Music (1990), 5/10
Bongwater: Double Bummer (1988), 8/10
Bongwater: Too Much Sleep (1989), 7/10
Bongwater: The Power Of Pussy , 6.5/10
Bongwater: The Big Sell-Out , 7/10
Kramer: The Guilt Trip , 8/10
Kramer & Daevid Allen: Who's Afraid , 6/10
Captain Howdy: Tattoo Of Blood , 5/10
Kramer et al: Egomaniacs , 5/10
Canrey, Hild & Kramer: Black Power , 5/10
Kramer: Secret Of Comedy , 5/10
Kramer: Music For Crying , 5/10
Kramer: Let Me Explain Something To You About Art , 4/10
Kramer: Songs From The Pink Death , 5/10
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One of New York's most creative minds was Mark Kramer, a studio maverick with a flair for bizarre arrangements. After playing country music for the new-wave audience with guitar improviser Eugene Chadbourne in Shockabilly, best immortalized on Earth Vs (1983), and recording an album of demented folk a` la Fugs, Happiness Finally Comes To Them (1987), with multi-instrumentalist Ralph Carney (ex-Tin Huey) and singer Daved Hild (ex-Girls), Kramer formed B.A.L.L. with Don Fleming, and Bongwater (12) with the performance artist (and future television actress) Ann Magnuson. Bongwater's masterpiece, Double Bummer (1988), was born at the confluence of Kramer's dadaistic tape manipulation and Magnuson's psychoanalytical monologues, with a touch of free-jazz and a lot of retro` passion. Leaving behind the wild experimentation of that post-modernist monolith, Bongwater retreated to a simpler, gentler, catchier form of eccentric pop on Too Much Sleep (1989), not too unlike the Jefferson Airplane circa 1967. If The Power Of Pussy (1991), a concept on the social value of sex, replete with hyper-realist vignettes of urban angst drenched into claustrophobic atmospheres, belonged more to Magnuson than to Kramer, The Big Sell-Out (1992) was Kramer's nostalgic tribute to the hippie civilization. But his entire, prolific and multiform career, was only a prelude to Kramer's colossus, The Guilt Trip (1993), a tragicomic and ostensibly autobiographical postmodernist treatise. Whether sung or instrumental, Kramer's pieces were studio-virtuoso efforts. The amount of sonic events constituted a maze of sidetracks and detours in which the very meaning of music disappeared. It was emotional collapse due to information overload. Throughout the album, a logorrheic guitar libido seemed to be Kramer's real voice, but stifled by the hyper-active montage that churned out music like an assembly line. Despite all the artifice, the whole also retained the quality of a social fresco a` la Who's Tommy. It was, de facto, Kramer's final testament.
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Tardo hippie, lavoratore infaticabile, talento multiforme, genio vulcanico, Mark Kramer si impose negli anni '90 come l'ultimo dei grandi psichedelici. Ma e` anche qualcosa di piu`: in lui vive uno spirito rinascimentale che non ha forse mai trovato il modo di esprimersi appieno. Il suo studio di New York, e sede della sua Shimmy-Disc, divenne uno dei quartier generali della musica underground degli anni '90.

Cresciuto a Long Island, iniziato alla musica classica, alla fine degli anni '70 si trasferi` a Woodstock per studiare composizione al Creative Music Studio sotto Carla Bley e LaMonte Young. Conquistatosi la fama di prodigio dell'elettronica e dei "tape loop", Kramer partecipo` al mitico disco degli Swollen Monkeys con Ralph Carney. Ma, soprattutto, dopo essere stato convertito dall'ascolto dei primi dischi di Brian Eno, incontro` un altro pazzo hippie, Eugene Chadbourne, che lavorava come assistente. I due non potevano essere meglio accoppiati: li univano uno humour surreale, un atteggiamento anti-conformista, una visione anti-materialista della vita. Chadbourne lo invito` ad unirsi a lui e all'altro giovane scriteriato, John Zorn, in un trio country & western per chitarra, organo e sassofono.

Il progetto falli`, ma Chadbourne si tolse comunque la soddisfazione di suonare musica country per il pubblico new wave con gli Shockabilly, un trio con Kramer all'organo e David Licht alla batteria. Fra il 1982 e il 1984 vennero registrati l'EP The Dawn Of (Rough Trade, 1982) e gli album Earth Vs (1983), Colosseum (1984), Vietnam (Fundamental, 1984), Heaven (Fundamental, 1985). Fra i brani originali si contano Party House III In 3D (1983) e How Can You Kill Me (1985). Kramer fece soltanto il gregario e un giorno fini` per litigare con il leader.

Nel frattempo Sanders e Kupferberg avevano deciso di riformare i Fugs. Kramer li aveva conosciuti a Woodstock nel 1979 e accetto` volentieri di farne parte, nonche' di produrre il disco solista del secondo. Dopo aver suonato il basso nei Butthole Surfers per un breve periodo, si senti` maturo per il grande passo: acquisto` lo studio su West Broadway, fondo` la Shimmy-Disc e formo` i Bongwater con l'artista performance Ann Magnuson.

Quest'ultima, proveniente dalla West Virginia (dove si era fatta una reputazione di grande consumatrice di marijuana e frequentatrice assidua dei bassifondi, aveva studiato drammaturgia nell'Ohio, aveva fatto apprendistato nei teatrini "off" di New York, ed era infine diventata manager del Club 57. Fu li` che invento` uno sketch sulla fertilita` per un gruppo di dodici percussioniste (le Pulsallama) vestite di carta igienica. Alcune delle ragazze continuarono ad esercitare nei club locali con quel nome, mentre Magnuson continuava la sua carriera di artista performance. In quella veste la conobbe Kramer. E fin dall'inizio i Bongwater furono soprattutto un duo Kramer-Magnuson.

I Bongwater consentirono a Kramer di esprimere appieno il suo gusto del bizzarro, il suo amore per l'era psichedelica, la sua voglia di sperimentare con lo studio. Magnuson aggiunse un tocco di psicanalisi con i suoi monologhi intellettuali.

Nello stesso periodo si formarono i B.A.L.L.. L'idea originale era quella di avere un gruppo che suonasse soltanto dal vivo e che suonasse davvero musica rock. L'esperimento duro` soltanto un paio d'anni (e quattro album) e Kramer, dopo l'ennesimo litigio, si fece la fama di personaggio "difficile". Ma nessuno nega quale sia il suo principale problema: non ha la benche' minima motivazione a far fruttare economicamente le sue idee, o le idee dei suoi partner. In una societa` (e un'industria come quella del rock) sempre piu` materialista, Kramer non ha vita facile. E` l'idealismo dei Sixties a rivivere nella sua arte e nella sua vita.

Kramer si riuni` poi con Ralph Carney (ex Tin Huey) e Daved Hild (ex batterista dei Girls) per Happiness Finally Comes To Them (Shimmy, 1987).

L'anno dopo fu la volta di Roll Out The Barrel (Shimmy-Disc), in compagnia di Jad Fair (Half Japanese).

I Bongwater esordirono nel 1987 con l'EP Breaking No New Ground (Shimmy-Disc), che rivelo` innanzitutto la loro tecnica criminale di rifacimento dei classici. Le loro cover sono spesso del tutto irriconoscibili, dopo il trattamento chirurgico a cui li sottopone la mente squilibrata di Kramer. I brani originali mettono in luce le doti canore di Magnuson, contralto limitato ma ardita equilibrista del melisma, capace di cantare in liberta` su un magma amorfo di accompagnamento. Barely Coping e` una sorta di jam strumentale sulla quale si librano i suoi gemiti sensuali e lisergici, degni della Grace Slick piu` astratta. Con i due leader suonano Licht e il chitarrista Dave Rick (dei Phantom Tollbooth). Fra gli ospiti si contano Fred Frith, Samm Bennett, e Chris Cochrane.

L'anno seguente i Bongwater abbandonano le mezze misure e scolpiscono nella follia impenetrabile del leader il doppio Double Bummer (Shimmy-Disc). E` una delle opere piu` audaci del rock moderno, diretto discendente di Freak Out e di Trout Mask Replica, anche se piu` dispersivo di entrambi. Sono trenta i brani, per lo piu` brevissimi, che lo compongono, con la solita dovizia di cover radicali. Al quartetto di base si aggiungono ospiti come Don Cherry e Gary Windo. Kramer dilaga, incontenibile, ai nastri, stipando le armonie di gag ad effetto, e Magnuson sfoga la sua indole anarchica in tutta una serie di evoluzioni canore dell'assurdo e la sua predisposizione al monologo teatrale in tutta una serie di recitazioni surreali (il sogno della casalinga di Joy Ride che si ritrova catapultata nell'improbabile campo di tortura iraniano di Decadent Iranian Country Club, o la furibonda invettiva contro Frank o il febbricitante resoconto omicida di His Old Look, o la filastrocca horror di Bruce).

Il clou del disco sono comunque i pastiche dadaisti di Kramer, saturi di umori psichedelici: aggregati caotici di suoni e ritornelli come Homer; collage paradossali di riff extra-terrestri, di solfeggi da strega, di cori angelici, di disturbi radiofonici come Jimmy; accozzaglie farraginose di trascinanti riff di hardrock, di distorsioni maniacali, di urla assatanate, di colpi di bastone e di ogni cosa che produca suono, come Lesbians Of Russia; buchi neri di gorgheggi operatici, jam di blues-rock e rumori elettronici "buffi" come Pew. Il ricorso massiccio alle manipolazioni di studio conferisce ai brani l'aspetto di flussi di coscienza, talvolta ipnotici talaltra traumatici.

Sono innumerevoli gli inserti "documentari", che trasformano alcuni pezzi in vere e proprie "cover" di discorsi, fatti, eventi (Number e` una serie di variazioni elettroniche su un discorso di Luther King). Molti brani sono satire alla Fugs (la trance esotica di "Bullaby"), deformate pero` da un senso del grottesco che e` parente del cinismo e della violenza punk piu` che dell'innocente goliardia del varieta`. Questo disco e` soprattutto un tributo alla civilta` psichedelica, della quale vengono portate alle estreme conseguenze le prassi.

Ed e` ai Jefferson Airplane che fa pensare l'album del 1989, Too Much Sleep, piu` dimesso e normale, senza la solita sfilata di cover e con un uso moderato dei nastri. Magnuson cresce ulteriormente come cantante e come attrice, cesellando un'altra terribile vignetta "domestica" come Psychedelic Sewing Room. Private dell'involucro rumoristico, le composizioni di Kramer si rivelano spesso delle semplici ballate nostalgiche (The Living End, la title-track, He Loved The Weather), tutte eccentricamente arrangiate (la prima a passo di pow-wow, con coro hare krisna e discorsi politici, la seconda sommersa di trombe e di voci di bambini, la terza una litania quasi religiosa con chitarra funky e rap corale di ragazze). Quasi tutti i brani sono cantanti da un coro, che puo` essere il coro dei due leader, oppure un coro ottenuto sovrapponendo la stessa voce, oppure un coro piu` numeroso: questo e` il trucco fondamentale del disco, quello che conferisce a tutte le composizioni una tonalita` idilliaca. La coppia ha raggiunto la perfezione formale.
Se la musica si presenta meno selvaggia, la satira ne risulta rinvigorita: Talent Is A Vampire (ancora sotto forma di filastrocca rap), Teena Stays The Same (un blues rapido con chitarrismi hawaiani) e No Trespassing (ninnananna anni '30 con organetto da fiera) sono cronache apocrife della societa` contemporanea. Meglio ancora Mr & Mrs Hell, sketch sonoro e vocale di grande originalita`. Kramer annega le melodie, o i frammenti di melodia, in un caos di bizzarrie armoniche, e Magnuson si rivela essere la piu` suggestiva di esse. Le armonie vocali della coppia sono l'unica cosa che e` veramente d'epoca, ma quella basta a trasformare tutto il resto in qualcosa di atemporale, in una formidabile macchina del tempo che sbaglia sistematicamente tempo. L'opera, anche se meno ambiziosa, e` forse persino meglio riuscita del doppio precedente.

Nel 1990 Kramer si dedica ai B.A.L.L. e a The Sound Of Music, di nuovo in coppia con Jad Fair, nonche' alle sue innumerevoli produzioni.

I Bongwater ritornano nel 1991 con The Power Of Pussy, una sorta di concept sugli aspetti sociali del sesso. L'opera appartiene piu` a Magnuson che a Kramer. E` lei, d'altronde, a dominare con il suo teatro iper-realista, le sue atmosfere claustrofobiche, i suoi monologhi terrorizzati, le sue scenette dense di angoscia urbana (Chicken Pussy, Nick Cave Dolls, Obscene). Il culmine del disco sono infatti i nove minuti della Folk Song, summa tragica della sua arte di Laurie Anderson dei poveri, una ballata folk degna del Greenwich Movemnet cantata come un madrigale rinascimentale. Il resto dell'opera assomiglia a un mosaico di piccole novelty intellettuali, che fanno musica utilizzando materiali grezzi. Il pretesto originale del progetto Bongwater, la psichedelia piu` spaziale, ancora ben rappresentato da sketch come Great Radio, impallidisce un po' di fronte alla potenza (per quanto grottesca e farsesca) di queste piccole morality play.

In quell'anno, fra le tante attivita` parallele, Kramer scrive ed esegue anche le musiche per Real Men (Shimmy Disc, 1991) di John Hall.

The Big Sell-Out (Shimmy Disc, 1992) e` invece al tempo stesso il lavoro piu` accessibile e quello piu` satirico dei Bongwater, un ritorno allo stile di Too Much Sleep, anche se giunge nel periodo (1992) in cui si stanno manifestando i primi segni di dissenso (Rick e` stato sostituito da Randolph Hudson, Magnuson e` impegnata in una "sitcom" per una delle maggiori reti televisive ed e` diventata una firma prestigiosa per riviste di varia natura).
Le liriche del disco sono quasi tutte autobiografiche di Magnuson, ma il disco e` inequivocabilmente di Kramer, della sua sensibilita` post-psichedelica, del suo ironico melodismo, delle sue armonie vocali ipnotiche, delle sue cadenze "Sixties"; ovvero delle festose canzoncine hippie di Ye Olde Backlash e Schmoozedance e delle sue novelty demenziali, degne della tradizione "freak" di Zappa, e certamente agli antipodi della drammaturgia domestica della partner: il balletto cinese di I Wanna Talk About It Now, il soul sgolato di Over The Credit Line, ruggito da Magnuson nel prediletto registro alla Slick, il blues-jazz di Flop Sweats per vagito di soprano giapponese. Kramer regala anche alla sua meta` artistica, in occasione di due dei suoi monologhi, accompagnamenti fra i piu` suggestivi della loro carriera: quello di soli assoli sovrapposti di chitarra per Celebrity Compass e quello di valzer "parigino" (fisarmonica e organetto) per Holding Hands. Forse anche per effetto del nuovo chitarrista, le sonorita` del disco sono piu` graffianti del solito. Kramer e` all'apice del suo melodismo.

A questo punto pero` le differenze di opinione fra i due leader diventano insanabili: l'album puramente psichedelico Back To Our Roots, l'antologia Big Band (una selezione dei loro migliori brani riarrangiati per orchestrina jazz) e l'opera The Final Flood non vedranno mai la luce. Magnuson fara` causa a Kramer per percepire il 50% dei diritti sulle opere dei Bongwater, e tornera` alla sua attivita` di performer, con opere-monologhi come "You Could Be Home" del 1990 (che incorpora Folk Song), nelle quali esprime le paure e le delusioni della generazione cresciuta negli anni '60 e precipitata nella crisi degli anni '90.

Bongwater rimarra` comunque una delle esperienze fondamentali (e piu` divertenti) degli anni '80, una di quelle che ha insegnato a fare grande musica con minimi mezzi, una di quelle che ha rilanciato il sound in studio su quello dal vivo, il genio sull'istinto.

Magnuson, che proviene dall'ambiente del musical e del teatro di Broadway, registrera` poi The Luv Show (Geffen) e infine si dedichera` alla televisione.

Auto-emarginatosi da quasi tutti i progetti che ha lanciato, Kramer ha trovato consolazione nell'album triplo autobiografico The Guilt Trip, uscito nel 1993 dopo anni di gestazione. L'opera dimostra che Kramer non era soltanto un imprenditore abile nello sfruttare il talento dei suoi partner, anzi: le trentasei canzoni (molte solo strumentali) sono il suo testamento definitivo di come si possa mediare l'avanguardia con il pop (o viceversa), di come il rock psichedelico avesse gettato le basi per tale operazione, di come una psiche irrequieta possa manifestare la sua essenza senza ricorrere a musica confessionale ma trasformandola in suoni neutri. Come gli affreschi di Jackson Pollock, questo disco ha l'ambizione di dire tutto attraverso l'astrazione.
L'Ouverture condensa la sintesi musicale e l'umore tragicomico di quasi tutta l'arte di Kramer: il tema potrebbe essere quello di uno strumentale surf, invece viene appesantito, rallentato e ripetuto fino ad assumere tonalita` cupe e tempestose. Altrettanto si puo` dire del solenne e marziale crescendo della title-track, con tanto di organo proteso in melodie pop, tamburino da bolero "raveliano" e un synth "cosmico" ad ottenebrare tutto. Gli imperscrutabili strumentali (e i quasi strumentali) di Kramer costituiscono in effetti un'arte a se stante: Hello Music (uno dei capolavori), Wish I Were In Heaven, Thank You Music, The Well Hung Jury citano segni sonori di generi tradizionali, li immergono in un contesto straniante di arrangiamenti spartani o addirittura casalinghi, e poi li trasformano in minimalismi insistiti. Il fine e` naturalmente quello di generare effetti onirici, ma il mezzo, forte di quel fittissimo apparato lessicale, sembra sproporzionato, da far temere un collasso dell'emozione per eccesso d'informazione.
A cio` si aggiunga che Kramer da` sfogo alle sue libidini chitarristiche in un tourbillon di wah-wah alla Clapton, glissando "hendrixiani" e riff alla Page, con tutta una serie di numeri dimostrativi, fra stecche jazzate alla Henry Kaiser (The Murder Of God) e nevrotiche distorsioni alla Neil Young (I've Seen The End), rock and roll acrobatici (My Friend Daniel) e "frippertronics" wagneriane (The Maximus Poems), fino all'assolo frastornante e logorroico di Ball Five, zenith della sua megalomania. (Kramer verra` denunciato per aver omesso di avvertire che la chitarra e` suonata per lo piu` da Randolph Hudson).
Qual che sia l'artificio utilizzato, Kramer puo` sbizzarrirsi a cercare il filo giusto nell'immane groviglio di matasse che ha costruito, puo` perdersi all'infinito nel labirinto di sonorita` che spazia dalle atmosfere da messa nera di The Seven Seizures ai maestosi rintocchi di hardrock di Mudd Hutt Four (che e` nel suo piccolo un concentrato di citazioni).
Il cantato passa, tutto sommato, in second'ordine, benche' nella cantilena ipnotica alla Roger Waters di Welcome Home, nella melodia languida e nostalgica di Stupid Summer, nel registro agonizzante e trasognato di Wyatt di Not Guilty si nascondano alcune delle verita` di questo fazioso mimetizzarsi dietro l'auto-parodia.
Dal punto di vista formale, infatti, alla fin fine sono tutte novelty, dalla filastrocca scandita di Wisdom Sits alla grandeur fatalista quasi western di Won't Get Far Without Me, dal ritornello demenziale a 78 giri di I'm Your Fan al powerpop di Next Time Try Compassion.
Il campionario di cifre stilistiche e` sterminato. Sempre orchestrate in maniera sapiente (un organo barocco, una sonata romantica, un tribalismo africano,...), le canzoni sono il frutto di un montaggio accurato, nel quale spesso pare di riascoltare gli Half Japanese e i Residents incrociati con un Jonathan Richman.
Monumentale e "piu` grande della vita", per quante svolte prenda e discontinuita` dissemini, Guilt Trip rimane un progetto unitario. Il motivo conduttore del quale potrebbe essere proprio l'auto-indulgenza, eletta ad allegoria della condizione umana.
Nell'insieme gli episodi di questa via crucis compongono un affresco sociale di vasta portata, tanto che il disco si configura come una sorta di Tommy della generazione X, nel quale non c'e` una storia da raccontare, ma soltanto un'esistenza da fotografare. Non ci sono piu` storie da raccontare, in generale, poiche' sono gia` state raccontate tutte, cosi` come non ci sono piu` vite da vivere poiche' sono gia` state vissute tutte. Kramer descrive se stesso quasi controvoglia, quasi cercando disperatamente qualcos'altro da fare. Descrive se stesso perche' non trova nulla di meglio da fare, nulla di meglio da dire. L'introspezione non rappresenta piu` il massimo della comunicazione, e` il suo minimo. E` il modo piu` impersonale di fare dell'arte personale. In fondo il titolo dell'album e` contraddittorio: se c'e` una cosa che non puo` piu` esistere, e` proprio il senso di colpa.

Il disco non ha ancora fatto il giro dei critici, che Who's Afraid (Shimmy Disc, 1992) e` gia` nei negozi: si tratta di una collaborazione con Daevid Allen, vecchio protagonista del rock di Canterbury (Soft Machine, Gong). Le musiche sono tutte di Kramer, e sono le piu` psichedeliche e pastorali della sua carriera, un einnnesimo tributo all'era del "flower power" (soprattutto More And More e Quit Yr Bullshit).

Nel 1993 viene varato il progetto di Captain Howdy, del quale usciranno due singoli: The Best Song Ever Written e Tattoo Of Blood. Tattoo Of Blood (Shimmy Disc, 1995) e` l'album.

Poi Kramer si allea con Dogbowl per Hot Day In Waco e Gunsmoke, e aiuta il leggendario Hugh Hopper dei Soft Machine a registrare A Remark Hugh Made (Shimmy Disc, 1994).

Subito dopo e` la volta di un lavoro con Kim Fahy e Jamie Harley dei Mabuses (ex Assassins), Egomaniacs (Shimmy Discs, 1993), che segue le stesse direttrici di pop eccentrici dell'unico album di questi, in particolare nelle sue imitazioni di Syd Barrett (Indeed This Is The Creep. A trentacinque anni l'attivita` di Kramer e` ancora in spaventosa espansione.

Kramer ha ripreso l'idea del 1987 e ha registrato un altro disco con Carney e Hild: Black Power (Shimmy, 1994).

Secret Of Comedy (Shimmy Disc, 1994), all'insegna del glam-pop, e Music For Crying (Creativeman Disc, 1995), con uno stuolo di ospiti d'onore e diverse cover, sono i dischi solisti con cui Kramer continua la propria saga.

Let Me Explain Something To You About Art (Tzadik, 1998) contains three movements of what appears to be a colloquial opera in the vein of Robert Ashley, with two elderly American Jews discussing their lives over gently looped samples of acoustic instruments

Other than as a psychological masturbation in the style of Philip Roth's anti-heroes, Songs From The Pink Death (Kitting Factory, 1998) is not very interesting or entertaining.

Other than writing the soundtrack for a Broadway production of Ivan Turgenev's Fortune's Fool (2002), Kramer quit the music scene to try his hand at other arts.

(Translation by/ Tradotto da xxx)

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