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Evan Dando era il tipico adolescente insoddisfatto, cresciuto in una famiglia
dell'alta borghesia di Boston, iscritto a una scuola privata, abituato a tutti
gli agi e i vizi della sua era, ma fondamentalmente frustrato. Fu nello
scantinato di quel liceo, verso la fine del 1986, che Dando e due compagni di
scuola (Ben Deily, co-autore del materiale, e Jesse Peretz) iniziarono a
suonare. L'anno dopo scelsero il nome "Lemonheads" e iniziarono a esibirsi
dal vivo. All'inizio era difficile distinguerli dalla massa di gruppi che,
sull'esempio degli Husker Du, facevano dell'hardcore melodico. Passo`
inosservato il primo EP del 1986, Laughing All The Way To The Cleaners
(Huh-Bag), che pure conteneva Glad I Don't Know, embrione di tutto il
loro miglior repertorio.
La vocazione dei Lemonheads emerge piu` chiaramente su
Hate Your Friends (Taang, 1987), le cui canzoni sono melodiche e
trascinanti al limite del power-pop.
Dando usa ritornelli orecchiabili per esprimere
il suo contorto rapporto con le ragazze, quasi
sempre su toni mesti di delusione e tradimento.
Sue sono Don't Wanna e
Don't Tell Yourself, mentre Deily gli regala le piu` articolate
Second Chance e Ever. In questi brani malinconici di fallimento personale
la rivoluzione iniziata dai Replacements trova i suoi massimi alfieri.
Anche in vertici di rabbia, frenesia e rumore come Nothing True Dando
riesce sempre a calare un umore esistenziale che e` dieci anni piu` maturo
dell'hardcore. Non stonano pertanto confessioni da cuore in mano come
Hate Your Friends. Il disco scorre all'insegna di questa via di mezzo,
salvo impennarsi nel rock and roll sguaiato di Fed Up.
Dando e` gia` Dando: il cantore al tempo stesso angelico e tenebroso delle
disgrazie della gioventu' per bene, perdutasi nei dedali del peccato punk ma
disperatamente alla ricerca di una redenzione; il redentore, in ultima
analisi, che quella generazione va cercando nei dedali di quel peccato.
L'album e` uno dei piu` importanti e dei meglio riusciti del rock di Boston
degli anni '80.
Creator (Taang, 1988) e` nettamente inferiore,
nonostante composizioni
forti e pregevoli come Burying Ground e Take Her Down,
e gridi di dolore come Die Right Now,
sembra perdere il baricentro del discorso.
Con Dando a mezzo servizio nei Blake Babies,
il gruppo registra l'ancor piu` distratto
Lick (Taang, 1989), con Mallo Cup e Circle Of One, e sembra
avviarsi ad una carriera di covers grazie a due hit di quel genere.
Lovey (Atlantic, 1990) cambia improvvisamente rotta.
Il gruppo si e` di fatto sciolto e Dando si promuove a cantautore e
polistrumentista.
La malinconica ballata Half The Time, una delle
migliori del folkrock di sempre, degna dei Byrds e di Parsons; o
Ride With Me, sui toni piu` funerei di Neil Young, di estremo rimpianto e
nostalgia; o ancora l'epica Door, summa di tutti gli umori del disco,
tracciano un ritratto alquanto diverso del personaggio, romantico e fatalista,
ma tutt'altro che punk indefesso.
Il canovaccio di canzoni indefibili come Year Of The Cat
e` un lamento melodioso a ritmo di rock and roll.
Escono anche due EP, Favorite Spanish Dishes (Atlantic, 1990), con
una versione acustica di Ride With Me,
e Patience And Prudence (Atlantic, 1991).
It's A Shame About Ray (Atlantic, 1992) e` un album di fatto solista, con
l'amica Juliana Hatfield al basso e il fido David Ryan alla batteria.
Dando scodella un'altra raccolta articolata di confessioni
introspettive, bozzetti surreali e sfoghi nostalgici, dalla sconsolata
title-track (tipica la melodia tenue, tipico il piglio esistenziale, tipici i
fraseggi semplici) alla concitata Rockin Stroll,
dall'hawaiana Hannah & Gabi alla dolente Rudderless,
dall'acustica Frank Mills alla cantilena da bambino di Bit Part.
Dando si rivela soprattutto inventore di armonie accattivanti, oltre che di
parabole profonde: e cosi` brani come My Drug Buddy (con un organo gospel e un
incedere country che fanno pensare alla Band) e Alison's Starting To Happen
(con un misto di southern-rock e di Costello) esplorano il subconscio
adolescente con insolita efficacia. La norma canora e` peraltro quella di
The Turnpike Down, ovvero melodie "grige", che fondono un tono pacatamente e
stancamente senile con un vigore cinicamente e rabbiosamente giovanile.
Un gradino ancora piu` in alto si situano i temi piu` orecchiabili:
Ceiling Fan In My Spoon, resa trascinante da una serie di trovate ritmiche;
Kitchen, filastrocca-novelty con cori anni Cinquata, sirene e battito di mani;
e infine Confetti, con il ritornello piu` spudoratamente beat.
Dando e` sempre piu` un piccolo borghese sperduto nella folla e sempre meno
un titano punk. Molte canzoni esplorano la psiche e il sottobosco dei drogati,
tematiche scabrose e opprimenti che contrastano con le musiche,.
L'ispirazione potrebbe venire dai Replacements:
come per i dischi dei "Mats", anche questo lavoro e` destinato a rimanere
un modello di come si possa fare musica introspettiva partendo dalle conquiste
armoniche dell'hardcore (ovvero nel chiasso e nel ruvido).
Tanto era modesto e immediato quell'album, quanto e` pretenzioso e complesso
il successivo Come On Feel (Atlantic, 1993). Ma di fatto si tratta della
continuazione di
quella controversa svolta intimista, con anzi tracce ancor piu` vistose di
"bubblegum". Dando e` all'apice del proprio melodismo (e delle armonie vocali)
nei ritornelli briosi ed eleganti di Rest Assured e Down About It
(forse il capolavoro);
tanto mieloso da imitare le Bangles in I'll Do It Anyway e da indulgere in
un arrangiamento estroso per Dawn Can't Decide (altro vertice, molto
influenzato da Hatfield).
Ma questa musica di argomento cosi` personale non e` per nulla personale:
che Dando imiti Costello nella ballata atmosferica di It's About Time, che
riprenda il folkrock populista di Petty in Great Big No, o che scimmiotti i
cantautori country nella maestosa Big Gay Heart, tutto
procede all'insegna di un sound tanto coinvolgente quanto neutro, forse troppo
pulito per essere vero.
L'uomo, come la sua musa ispiratrice, Juliana Hatfield,
sembra vivere in un mondo astratto, di emozioni rarefatte e idealizzate, e la
musica lo riflette. L'unica eccezione e` la spettacolare Style, brano fuori
posto, che sembra uscito da uno dei primi dischi dei Lemonheads, tutto di corsa
e fuori tempo, sfregiato da dissonanze, ma efficacissimo.
Rispetto al precedente questo album fa leva piu` sul valore intrinseco della
canzone che sull'accompagnamento di chitarra e, soprattutto, si misura per la
prima volta con la tradizione del country.
Dando fa anche parte del supergruppo australo-americano dei Godstar.
Car Button Cloth (Atlantic, 1996) e` ancor piu` orecchiabile, anche
se manca dell'hit che piacerebbe alla casa discografica. Ma questa volta Dando
e` impegnato soprattutto a dimostrare l'onesta` del suo messaggio. Questo disco
contiene alcune delle sue canzoni piu` intense di sempre.
Quasi tutte le canzoni sono imperniate su melodie immediate, e arrangiate in
maniera comunicativa (sono scamparse le chitarre acustiche che avevano dominato
i due dischi precedenti).
Dando si concede pochissime liberta`, e la disciplina gli fa bene.
Dando ha trovato tanto l'equilibrio giusto fra musiche e liriche, quanto il
giusto grado di affabulazione (una dizione calma e serafica, non trionfale ma
umilmente epica),
senza dimenticare un pregevole gruppo d'accompagnamento (i Lemonheads,
che adesso annoverano anche il bassista Bill Gibson dei New Christs e il
batterista Patrick Murphy dei Dinosaur Jr, sono
ormai tanto punk quanto gli Heartbreakers di Tom Petty).
Le gemme melodiche sono It's All True e
e soprattutto If I Could Talk I'd Tell you
(scritta con Eugen Kelly dei Vaselines).
La filastrocca ironica di Hospital deve aver fatto invidia a Jonathan
Richman. 6ix e` la canzone che piu` si avvicina
al tradizionale power-pop dei Lemonheads. Le confessioni comprendono
il country-rock autoparodistico di The Outdoor Type
(regalatogli dall'amico Tom Morgan),
la dedica affettuosa di C'mon Daddy,
in uno stile leggero da cocktail lounge,
e soprattutto la ballata tormentata Losing Your Mind.
In questo album di emozioni semplici stonano un po'
il punk-rock psichedelico di One More Time e
il death metal dello strumentale conclusivo, Secular Rockulidge,
residui forse del punk che fu.
Qualche passo falso impedisce al disco di essere musicalmente all'altezza
dei precedenti, ma Dando ne esce infinitamente piu` simpatico.
Con le vignette populiste di questo disco Evan Dando, che fino allora aveva
piu` che altro conquistato i cuori delle punkette, conquista anche quello
dell'America.
Gruppo perennemente alla ricerca di una personalita` artistica, i Lemonheads
sono in realta` sempre stati l'espressione di Evan Dando, personaggio incerto e
controverso che e` incredibilmente maturato negli ultimi anni, forse anche
per l'influenza esercitata su di lui da Hatfield.
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