Dalla pagina su Lida Husik di Piero Scaruffi
Lida Husik, o Red Emma, polistrumentista e cantante, aveva fatto soltanto delle brevi comparse su dischi altrui prima di registrare nel 1991 l'album Bozo (Shimmy Disc), coadiuvata dalla scuderia di Mark Kramer.
Nata nel 1962, cresciuta a Washington, batterista per i Missing In Action durante il boom del punkrock, ghiotta di allucinogeni e militante femminista, arruolata da Fleming nei suoi Velvet Monkeys per qualche giorno, e infine scoperta da Kramer, Husik riversa nella sua arte la passione per la cultura psichedelica. I suoi primi due dischi sono stati registrati sotto l'effetto di dosi massicce di droga.
Il languore anemico delle sue composizioni e' decisamente quello di
Syd Barrett,
mediated by 2 decades of experiments by female songwriters
mediato da due decenni di esperimenti sul canto d'autore femminile
(Jane Siberry, Enya , Laurie Anderson, Kendra Smith);
ma tanto gli accordi di chitarra quanto i vocalizzi eterei sono quelli di
Madcap Laugh (e la melodia di Billboard e' quasi un plagio).
Nel suo registro da ragazzina, appena venato di raucedine (un'ottava piu' in
basso di Madonna), Husik bisbiglia meccanicamente ritornelli tenui e ingenui,
come un carillon. Non e' annoiata come Lydia Lunch, ma e' altrettanto
distaccata dalle liriche che canta. L'altra "voce" delle sue canzoni e'
l'organo, "acido" e melodico, un contrappunto al tempo stesso classico e
sperimentale.
L'arrangiamento non impiega molto di piu' della voce e
dell'organo. Alla fine le atmosfere sembrano uscire da un sogno (Mom)
o dilatate dalla droga (California Oregon). Emblematico del suo stile e'
il modo in cui elabora alla luce del minimalismo la superba melodia Sixties
della title-track. Da questo metodo altamente creativo e suggestivo
possono scaturire anche ballate visionarie come Diamond Day e
quadretti intimisti alla
Juliana Hatfield
come Halloween,
marcette eteree alla Enja come Snow e incubi etno-funky come Farmhouse.
Husik da' anche il proprio autoritratto nella scherzosa e maliziosa
Hateful Hippy Girls.
E' un'arte impressionista, di piccoli tocchi, e cubista, di scomposizioni
e ricomposizioni; e' un'arte romantica, di gracili emozioni, e surrealista,
di allucinazioni.
Alla fine dello stesso anno Husik ha gia' pronto il secondo disco,
Your Bag (Shimmy Disc, 1992), che si differenzia dal precedente
soprattutto nella
durata e rarefazione dei brani. Se le componenti fondamentali del sound sono
sempre quelle, l'esecuzione lambisce l'intensita' dei dischi di Siberry.
E' pero' Laurie Anderson ad ispirare Your Bag, il brano piu' ballabile ed
arioso, e soprattutto la filastrocca per bambini di Toy Surprise (che sfoggia
due temi melodici sovrapposti e intrecciati, e un accompagnamento
classicheggiante, e infine da` luogo a un raga cacofonico, nell'arco di sette minuti). Il tono medio e' pero'
lontanissimo dalla canzone: Husik ama immergersi in atmosfere dilatatissime,
impalpabili, ipnotiche, attraverso le cantilene psichedeliche piu' languide
(come Whirlybird, sette minuti). Di questo passo in Marcel (nove minuti) l'armonia si sgretola in
piccole nebulose di accordi, tenute assieme da una cadenza meccanica, mentre
la voce fluttua senza peso.
Un'altra novita' e' che il canto di Husik, sempre limitato a quell'ottava
sbiadita, e' un po' piu' modulato. Puo' cosi' prendere forma anche una
ballata in punta di piedi come Ship Going Down.
Il finale, The Match From Mars, e' tutto diverso e preannuncia forse una
clamorosa metamorfosi: una sorta di suite "industriale" di dieci minuti
che accumula voci trovate, campionamenti, ritmi techno, disturbi elettronici.
The Return Of Red Emma e' la sua prima opera a non essere composta
ed eseguita sotto l'effetto degli allucinogeni, e segna un ritorno all'impegno
politico di un tempo. Il disco eccede anzi nei temi post-femministi,
iper-realisti, paranoici, ma conferma una musicalita' tutta personale,
ascetica ed eccentrica senza essere altezzosa.
Sognante e trepida in AZT NO, in trance nella ninnananna lisergica di Happy,
Husik ha certamente mandato a memoria la lezione della psichedelia, ma l'ha
sposata a una quieta sensibilita' pop (come nell'orecchiabile Highgate),
e a una propensione per l'avanguardia da sottoscala. Quest'ultima, l'aspetto
piu' colto della sua arte, trapela nei formati jazzati e sperimentali di
Light Of The Day e Pyramus And Thisbe, o in ibridi etnici come
la danza pellerossa di Hopi Ants (uno dei numeri migliori)
e lo spoglio Earthquake Blues.
Soltanto in Back In The March si concede a sonorita' "dure" alla
L7.
Per il resto, mai scapigliata, selvaggia o sarcastica,
donna ora insicura ora lasciva, sempre contorta e malsana,
conia un ibrido di Carla Bley, Nico, Jane Siberry.
Il suo forte sono certamente le storie allucinate e deprimenti di Suicide
Sedan o Hemlock, cantate in un tono da "cocktail lounge", piu' che altro
indifferente, meccanico, persino infantile, ma immerse in atmosfere fatali o
comunque folli. E brividi non meno sinistri comunica la fiaba folk di
Matchgirl, affidata a uno dei suoi testi al tempo stesso piu' lirici e
terribili.
Gli arrangiamenti (di Kramer) sono praticamente perfetti: strumenti centellinati, mai prominenti, chitarra e tastiere appena piu' vicini alla voce, ogni tanto una fisarmonica o un flauto che fanno capolino per pochi secondi. Il grosso della musica di Husik e' rock delle radici, non va contaminato con sofisticatezze o barocchismi.
Il progetto successivo a Red Emma e' una collaborazione con il musicista elettronico britannico Beaumont Hannant, Sculptured (1994). L'EP Evening At The Grange (Astralwerks, 1995), un'operina surreale in cui Husik ha modo di mettere a fuoco le sue doti di performer. Promenade fonde il vanesio blaterare di Enya e l'ondulante minimalismo di Terry Riley; e in Gregory Peck e' come se i Cocteau Twins avessero assunto Meredith Monk. Textured raffina ulteriormente quell'arte, indulgendo negli effetti elettronici e nella dilatazione dei vocalizzi. La sperimentazione la porta in area new age con Now I'm Older Silver Girl, degna delle partiture sinfonico-sintetiche di Vangelis, e in area house con Starbust 7.
Husik è maturata come arrangiatrice, se non come autrice, e Mad Flavour (Alias, 1999) è, prima di tutto, un'esperienza uditiva. Questo collage sonoro sognante, che è anche incidentalmente strutturato in canzoni, fa al trip-hop quello che We're Only In It For The Money di Frank Zappa ha fatto al Merseybeat: smembra un genere e usa le sue parti per comporre un'opera sinfonica.