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Scott Mc Cloud (canto e chitarra) e Johnny Temple (basso) dei
Girls Vs Boys si concedono una pausa di
lusso (mentre Janney e` super-impegnato in qualita` di produttore) sotto lo
pseudonimo di New Wet Kojak (Touch & Go, 1995).
L'ottica dell'operazione e' quella del noir piu' cupo.
L'armonia di Stick Out Your Tongue e' fatta di icone sonore della
depressione psichica: canto sottotono, squittii del sassofono, distorsioni
maniacali della chitarra, ritmo lento e metodico.
Il suo alter ego morboso e' quello di Sexy Postcard (bisbigli e ululati
sensuali, figure ossessive di basso e chitarra su una cadenza brillante da
discoteca).
Oltre a costruire atmosfere di puro delirio, il postmoderno McCloud
(perche' e' lui la mente) si diletta anche a strapazzare segni arcaici
mentre scende nei gironi del suo inferno personale, come in
You Got Some Dog,
un lento da night club che sembra suonato da una banda di pensionati,
o nel modo in cui viene metabolizzato il flamenco in Me Acuerdo De Ti
fino a diventare un crepitio sommesso di accordi liofilizzati, o nel
blues in punta di piedi di Shake You Down, che farebbe arricciare la pelle
anche a Nick Cave.
Un disco molto psicologico, che causera' incubi ai puri di cuore.
Qualche esperimento auto-indulgente gli impedisce di meritare l'8/10.
Per Nasty International (Touch & Go, 1997) McCloud e Temple
sono coadiuvati da Charles Bennington al sax, da Geoff Turner alla chitarra e
da Nick Pellicciotto (Edsel) alla batteria.
Come gia` nella prima prova dei New Wet Kojak, la musica ha una funzione
prevalentemente psicologica. Questa, come hanno dichiarato loro stessi, e` la
versione da cocktail lounge del sound cervellotico dei Girsl Vs Boys.
Meno kafkiano e piu` freudiano.
La lieve cadenza jazz noir, il gocciolio snervante del pianoforte, i versi
lontani di chitarra, sassofono e campionamenti fanno di Cool Heart uno
stato d'animo piu` che una canzone. Le profonde groove di basso e sassofono
e il crooning sinistro propongono suggestivi paralleli con i Roxy Music in
Stereo Explosive e Code Windham.
Ma il disco vale anche da lezione (non cattedrattica) di come il rock possa
sposarsi all'avanguardia, di come, per esempio, in Get The Curse
gli accordi piu` atonali possano sposarsi a progressioni martellanti.
Il canto subdolo e viscido, il basso rimbombante alla dub, il sassofono librato
in volute sinuose, quasi mediorientali, i rumori disordinati di chitarra
offrono innumerevoli pretesti per sperimentare nuovi schemi di canzone.
La melodia passa da uno strumento all'altra, sempre uguale e sempre diversa,
indebolita da continue discontinuita`.
Fin qui poco male. Ma questo ensemble e` capace di ben altro.
Non succede quasi nulla in Hot Sparks, soltanto texture lasciate libere di
ondeggiare, come una loro personale forma di musica ambientale.
Il massimo di anarchia sonora lo raggiunge Sugar X, con il canto ridotto a
gemiti rauchi, bordate free-jazz di tutti gli strumenti alla Borbetomagus e
loop dissonanti da capogiro.
Disco forse un po' troppo autoindulgente, manieristico nel suo voler suonare
sempre antimanieristico, follemente erudito, rappresenta un punto terminale
della loro ricerca sonora: piu` astratti di cosi`, si esce dai confini della
musica rock.
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