Steve Fisk, nato in Louisiana e cresciuto a Los Angeles, ma presto stabilitosi
a Seattle e destinato a diventare uno dei produttori piu` geniali del boom
di Seattle, si uni` ai Pell Mell nel 1982, ma del gruppo non si sapra` nulla per
anni, in quanto Fisk prima registrera` cassette a proprio nome:
Kiss This Day Goodbye (1983), 'Til The Night Closes In (1986), 1 More Valley (1989).
La discografia dei primi Pell Mell e` riassunta sulla cassetta
For Years We Stood Clearly As One Thing (SST, 1985), e sull'album
Bumper Crop (SST, 1987), che raccoglie lo stesso materiale del
1983-84. Il loro sound era una sorta di tarda new wave che rivisitava in
maniera postmodernista il rock strumentale di Duan Eddy e Link Wray, ma
sostituendo la chitarra con le tastiere.
Il gruppo sembro` dissolversi nel 1985, ma nel 1990
a Fisk e alla sezione ritmica originale (Bob Beerman alla batteria e
Greg Freeman al basso) si aggiunse il chitarrista Dave Spalding che rianimo`
l'intera operazione.
Flow (SST, 1991) e` cosi` un disco molto diverso, con la chitarra
in primo piano e un impeto piu` rock and roll.
Freeman aveva a sua volta avviato una carriera di produttore, suonando
con Royal Trux
e Thinking Fellers Union Local 282, e portava
un altro po' di piglio intellettuale all'operazione.
Il repertorio solista di Fisk veniva intanto divulgato da
448 Deathless Days (SST, 1987) e dall'antologia
Over And Through The Night (K, 1993).
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I Pell Mell continuarono la loro progressione con
Interstate (Geffen, 1994), un lavoro esemplare
di rock strumentale per chitarra, organo e batteria, che saccheggia tanto il
twang di Duane Eddy e di Link Wray
(Blacktop,
Vegetable Kingdom,
Constellation,
Drift) quanto le colonne sonore dei film di surf
(Nothing Lies Still Long, Saucer)
quanto le colonne sonore dei film di
spionaggio (Anna Karina),
ma sempre da una prospettiva postmodernista grazie ai colori
sfavillanti delle tastiere (Revival)
I Pell Mell sono un incrocio fra i
Man Or Astroman e gli
Shadowy Men On A Shadowy Planet, con un
tocco meno demenziale dei primi e meno new wave dei secondi.
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I Pell Mell continued their progression with
Interstate (Geffen, 1994), an exemplary work of instrumental rock for
guitar, organ and drums, that scavenges guitar twang heroes
Duane Eddy and Link Wray
(the slow and solemn Constellation, the plain and tender Drift),
as well as surf themes (Nothing Lies Still Long),
as well as garage-rock (the rocking and soulful Vegetable Kingdom),
but always from a firm postmodernist perspective.
Saucer's bouncing, catchy, raga-like refrain is "sung" by the guitar
against an obsessive boogie beat.
Anna Karina indulges in dreamy, lysergic guitar licks at a languid pace.
The keyboards' glittering colors enhance Revival, a gem of
driving rhythm and blues, Velvet Underground's psychedelic trance and
Television acid guitar jamming.
More Velvet Underground beats and distortions surface in Blacktop,
a forceful crescendo that spins with the frenzy of a sufi dance.
The album closes with the surreal reggae mantra of Floating Gate
Pell Mell come through as a hybrid of
Man Or Astroman and
Shadowy Men On A Shadowy Planet,
a bit less demented than the former and less new wave-ish than the latter.
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Star City (Matador, 1996) manca forse della coesione del disco
precedente, e in qualche caso ricalca le sigle dei serial televisivi
(Smmokehouse) in maniera troppo oleografica. L'organo alla Ravenstine
nobilita comunque brani poetici come Sky Lobby, Upstairs e
Lowlight. La combinazione di chitarre e organo e` ancora magica in
Field Of Poppies. Ma i Pell Mell cominciano forse a pagare lo sforzo di
tenere insieme un gruppo che e` sparso fra Boston, San Francisco e Seattle.
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