Sorti a Cleveland sulle ceneri dei Lucky Pierre, compagni di strada di Devo e
Pere Ubu che ebbero come unica
soddisfazione quella di cullare le ambizioni di Trent Reznor, loro collaboratore
occasionale, i Prick di Kevin McMahon non hanno fatto altro che riproporre
qualche anno dopo lo spirito, e talvolta il repertorio stesso,
di quel gruppo. L'album del 1995 (per la Interscope), infatti, e` aperto
e marchiato a fuoco dalla loro trascinante Communique`, dal suo ritornello
urlato in maniera psicotica su cadenze tribali.
Canzoni come Other People (altro brano dei Lucky Pierre) vivono soltanto
di stravaganze ritmiche, di break esplosivi e di ritornelli orecchiabili.
Riverhead aggiunge una trasgressione psichedelica nei cambi di ritmo,
nelle armonie vocali, nei riff di chitarra e nei rumori di sottofondo.
Prick significa violenza frastornante e melodia romantica. L'idea di sommergere
le canzoni di arrangiamenti terrificanti (a muri di rumore e cadenze stordenti)
e` la stessa di Nine Inch Nails, ma il melodismo e` di tutt'altra pasta.
(soprattutto quando sconfina nelle pantomime kitsch di I Got It Bad
e I Apologise).
Rispetto all'opera di Reznor, MaMahon mette in mostra una sensibilita`
decadente, da dandy, mutuando qualche affettazione da David Bowie e Marc Bolan.
Quell'umore prevale in un kammerspiel fatalista da cabaret degli anni '30 come
No Fair Fights (dei Lucky Pierre),
declamato come un epico inno e accompagnato da suoni minimi di puro raccordo,
e nel fiabesco finale classicheggiante di Makebelieve.
La personalita` demoniaca di McMahon si esalta invece nei
ritmi frenetici e viscerali di Tough,
nell'impeto cannibalesco di Animal,
nelle sincopi sismiche di Crack.
Nel mondo della musica industriale
Prick sta a Nine Inch Nails come i Buzzcocks stavano ai Sex Pistols.
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