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I Railroad Jerk stanno al fianco di Royal Trux e
Jon Spencer Blues Explosion fra i grandi teorici
noise del blues del Delta.
Il cantante e chitarrista Marcellus Hall (nato a Great Bluff, in Minnesota)
formo` il gruppo nel 1989 nel Lower East Side
di Manhattan con il bassista Tony Lee e il batterista Jez Aspinall.
Nel giro di qualche mese si uni` anche il chitarrista Chris Mueller.
Railroad Jerk (Matador, 1990) riprendeva il blues di palude la` dove
Cramps e Gun Club
l'avevano lasciato al termine delle loro orge perverse.
Con la stessa competenza della Magic Band o
dei Pussy Galore, il cantante Marcellus Hall e la sua accolita di briganti della
musica popolare irrompono in armonie sgangherate dietro le quali si possono
riconoscere le fisionomie del blues (Don't Be Jealous), del rockabilly
(Old Mill Stream), del boogie (Glamorous Bitch), del country (Carnival),
dilaniate da nevrosi molto urbane, ma anche da un sincero amore per il grezzo
e lo sporco.
Con tempi appena leggermente sbagliati e accompagnamenti troppo pedestri,
i Railroad Jerk riescono a produrre esecuzioni magistrali di quegli stereotipi.
Tutti questi elementi coagulano in grottesche sarabande come Talking RR Jerk
Blues (in cui si citano fior fior di anthem classici) e I'm Not Mad (in cui
si tocca il fondo, ormai senza ritegno).
Nell'insieme e` un'opera schizofrenica, in cui si passa dai riff piu` mongoloidi
di In My Face a quelli piu` gloriosamente epici di Participant (a due passi
dai Velvet Underground).
Il quartetto sabotava gli schemi del folk irlandese, del rhythm and blues
di Chicago, del jazz di New Orleans, del garage-rock del Nordovest,
del folk degli Appalacchi, con una leggerezza criminale.
Con la formazione rivoluzionata,
Raise The Plow (Matador, 1992) e` un disco piu` subdolo.
Se i quattro scorrazzano sempre senza pieta` fra
ragtime (Yes baby), country & western (Pin Prick),
voodoobilly (Hanging Around) e voodoobilly (Call Me The Son),
il sound e` piu` rotondo e misurato, forse anche piu` colto nelle sue
citazioni.
Soltanto cosi` si spiegano le incursioni in un territorio che e` quello del
vaudeville e dell'operetta (These Streets).
La ballata Fixin' To Die (una revisione del classico di Bukka
White), a passo marziale e in una tempesta di distorsioni,
va annoverata fra i loro capolavori.
Nel frattempo il batterista Jez Aspinall era stato rimpiazzato da Dave Varenka
e il chitarrista Chris Mueller era stato sostituito da Alec Stephen.
Il singolo The Ballad of Jim White e
Halfway Across, sull'EP We Understand,
confermavano la splendida forma attraversata dal
gruppo, nonostante i continui cambiamenti di formazione.
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