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I Rocket From The Crypt sono il gruppo di garage-rock formato dal chitarrista
John "Speedo" Reis dei Drive Like Jehu.
Il loro primo album,
Paint As A Fragrance (Headhunter, 1991), si
segnalava soprattutto per la fedelta` al modello del "beachpunk" di Los Angeles
(Germs piu` che Black Flag) e per le entusiasmanti aperture verso il punkpop:
French Guy, Stinker e Jiggy Jig.
Le due chitarre (Reis e Andy Stamets), anzi i due chitarroni,
erigono pareti di rumore melodico al ritmo supersonico della batteria (Adam
Willard) e del basso (Petey "X").
A dire il vero i primi singoli (tutti ripudiati da Reis)
non proponevano dell'hardcore particolarmente originale.
Yum Kippered (Helter Skelter), Jumper K (Sympathy),
Normal Carpet Ride (SubPop) e Stu (Merge) traboccavano soprattutto
di enfasi e rabbia punk.
Se i Jehu esplorano i recessi sonori piu` oscuri e gli
stati d'animo piu` tormentati del nuovo hardcore, i Rocket si calano nelle
torride atmosfere dei garage degli anni '60, facendo leva su riff e
ritornelli da manuale. L'esecuzione e` effervescente e brutale,
ma l'effetto e` quello di un party fra amici invece che quello di un attacco
frontale al mondo.
Straripante di ritornelli memorabili e di infuocate parti strumentali da garage,
grazie anche all'aggiunta del sassofonista Paul "Apollo 9" O'Beirne,
Circa Now (Interscope, 1993) fu il capolavoro di quel genere.
Short Lip Fuser procede per possenti riff di hardrock, ripetuti in maniera
minimalista, ma quando Reis urla il ritornello e` contrappuntato da un coro
alla Heartbreakers e da uno strimpellio di chitarra quasi orientale.
Quasi grunge l'impeto di Hippy Dippy Do, la cui melodia obliquamente beat
viene lacerata da un chiassoso flash di sassofono.
Il ruvido "jingle-jangle" delle chitarre, raggomitolato in un fraseggio
circolare a passo di valzer, propelle la fanfara psichedelica di Ditch Digger,
la cui folle filastrocca potrebbe uscire da uno dei primi dischi dei Pink Floyd.
Il sax, con i suoi barriti marziani, e` in primo piano nel tribalismo
lascivo di Don't Darlene.
Killy Kill, con il tremito a rotta di collo delle slamdance di un tempo,
Sturdy Wrists, scossa da singhiozzi violenti, e Dollar, con tutti gli
strumenti a battere all'unisono una cadenza tempestosa ed epica,
mettono in luce una sottile intelligenza ritmica, capace di scavare ritornelli
in terreni minati.
Poi la musica si ferma, e Reis canta in un imbuto la fiaba di Little Arm,
alternandosi allo strimpellio surreale di una chitarra.
L'album va in gloria con Glazed, il "rave-up" cadenzatissimo e tutto d'un
fiato in cui e` piu` evidente il modello dei Fleshtones.
Pigeon Eater continua la serie dei loro singoli, che sono stati
in parte raccolti su All Systems Go (Cargo, 1993).
Il sound dei Rocket e` spesso e intricato, con le armonie infittite degli
accordi rumorosi delle chitarre e del sassofono, suonato a tutto volume con la
foga di un'orda di barbari, puntellato da una ritmica febbrile.
In simultanea escono il nuovo album su CD,
Scream Dracula Scream (Interscope, 1995), e il nuovo (mini)album su vinile,
Hot Charity (Another Perfect Sounding Vinyl, 1995), che fa seguito
a un superbo EP, The State Of Art Is On Fire (Sympathy, 1995).
Scream Dracula Scream (Interscope, 1995) vira verso un garage-rock meno
arrabbiato e piu` commerciale. Il nocciolo del disco e` costituito da un pugno
di canzoni poderose ma non ferocissime, i cui ritornelli fanno leva su
sincopi power-pop e sul contrappunto di fiati rhythm and blues. Middle
Young Livers,
e soprattutto On A Rope orbitano nei pressi dei Fleshtones, fatti salvo
una ventina di decibel in piu`.
Lo show e` ormai affidato alla produzione, altisonante ma non frenetica
(al gruppo si e` aggiunto un trombettista).
Abbondano i coretti, le progressioni melodiche, le apoteosi di sassofono e
tromba.
Sono canzoni da cui gronda sudore, non bava.
Hot Charity e` un po' piu` viscerale, ma gli mancano i ritornelli
del gemello, per cui alla fine entrambi i dischi risultano opere minori.
Troppi ye'-ye' a vuoto, troppi riff sprecati contro una muraglia di fiati,
troppi ritornelli zoppicanti.
Cloud Over Branson e Guilt Free i brani migliori.
Quelle di RFTC (Interscope, 1998) sembrano tutte cover, al limite della
parodia. I riff sono piu`
affilati che mai, i fiati incalzano scapestrati, la batteria pesta all'impazzata
e i cori si inalberano solenni come sempre. Eye On You, il singolo
apripista, ruba la melodia a I've Got A Line On You,
Dick On A Dog resuscita il fantasma di Wilson Picket,
Your Touch scimmiotta il revival degli Stray Cats,
e You Gotta Move riecheggia i motivetti esotici di Leiber e Stoller;
ma il frenetico e chiassoso boogie di I Know, cantato con voce sgolata
mentre tutt'attorno grandinano chitarre, tastiere e fiati
(una tecnica che ricorda quella di Von Lmo),
il soul-rock febbricitante di Made For You,
il rock'n'roll acrobatico di Back In The State
sono "rave-up" che farebbero ballare anche Beethoven (per citare il riff piu`
abusato, quello di Chuck Berry).
Molti brani, da Lipstick (un incrocio fra i ritornelli di Elvis Costello
e i riff dei Sonics) a When In Rome,
all'apoteosi finale di Run Kid Run
si reggono soltanto sulla foga (piu` nell'accezione di Bruce
Springsteen che in quella del punk-rock) e sulla produzione a strati
(nella tradizione di Phil Spector).
A loro va pero` dato credito di indulgere nelle scordature di chitarre piu`
sguaiate del punk-rock.
All Systems Go 2 (Swami, 1999) e` una raccolta di inediti e rarita`.
Cut Carefully and Play Loud (Flapping Jet, 1999) e` uno dei loro migliori EP.
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