- Dalla pagina sui Saturnine di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
I Saturnine 60 sono un gruppo di New York composto da Jennifer Baron (chitarra), Matt Gallaway (chitarra e canto), Jim Harwood (batteria) e Mike Donofrio (basso). I singoli del 1994 (Almost Impossible , Playing Backwards Gaze) e l'EP Autoglider (Dirt, 1995) si ispirano a My Bloody Valentine e soprattutto a Galaxie 500: un noise-pop psichedelico che si esprime per ballate languide e dolenti, che cominciano in sordina ma si impennano in apoteosi epiche e distorte (Wonder, Nothing's Matching, Then Again).
Dopo essersi ribattezzati come Saturnine (senza il "60") pubblicano il primo album, Wreck At Pillar Point (Dirt, 1995), che suona come la colonna sonora di un coma terminale.
La creatività della band brilla nel numero di modi diversi in cui possono mascherare lo stesso atto depressivo. Gli esperimenti spaziano dal bolero marziale e strumentale di Mikes Co al mantra epico e svenente di Give Me Reasons, dal leggero boogie alla Velvet Underground e inno solenne di Had Enough al dilatato country-rock di Reeling. Il contrappunto delle chitarre è spesso il nucleo emotivo della canzone. Il contributo vocale di Baron è limitato, seppur cruciale: testimonia come il riff bruciante di Ground Truth sia placato da cori sereni e celestiali. Echi di Neil Young (la serenata al valzer This Time The Best), dei Byrds (il jingle jangling di Slightly Less Than Even) e dei R.E.M. (la melodiosa ballata Your Maps, il lento ipnotico canto funebre di Summer Was A Waste) riempiono l'album con un senso di dejavu che, invece di sminuire, si aggiunge al climax generale. Le code beneficiano delle impennate armonie psichedeliche che i due chitarristi e la sezione ritmica riescono a inventare con le loro jam casuali (soprattutto in Mavericks e Tell Me Lies Later). Le vignette fragili, sognanti e sussurrate di Gallaway sono rese in modo non meno poetico.
Il più pop Flags For Unknown Territories (Dirt, 1997) indulge in troppe ripetizioni. Gallaway si affida principalmente alle proprie parole per dare vita a una canzone. Senza l'interazione della chitarra, queste sarebbero imitazioni folk-rock senza identità.
Le canzoni atmosferiche di Mid The Green Fields (VictoriaLand, 1998) sono avvolte tra due tracce strumentali, Buried Ships e The Field of the Cloth of Gold, che creano l'atmosfera cupa ma piena di speranza dell'album. Violoncello, pianoforte, corni e flauto arricchiscono il folk-pop dei Saturnine senza distruggere completamente l'angoscia profondamente sentita dei testi. Painting of Life e There's A Long Long Trail scorrono meglio delle canzoni oberate di lavoro dell'album precedente.
Trombe, flauti e organo punteggiano le gemme folk-rock rilassate, melodiche, attentamente realizzate, di Gallaway su American Kestrel (VictoriaLand, 1999): Neither Lost Nor Strayed, This World Is Made Out Of Fire, ecc.
Nel frattempo, Jennifer Baron si è unita ai Ladybug Transistor.
Purtroppo, Pleasure of Ruins (Motorcoat, 2001) è ancor meno creativo.
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