Dalla pagina di Piero Scaruffi
(Translation by/ Tradotto da Walter Consonni)

In seguito al successo di Natural One, i Folk Implosion sono diventati il progetto principale di Lou Barlow. Ben lontano dall'essere un semplice comprimario, il suo partner, il pluristrumentista di Boston John Davis, è un songwriter completo con una discografia in espansione formata da album pop accuratamente confezionati: Pure Night (Shrimper, 1994), Leave Home (Communion, 1995) e Blue Mountains (Shrimper, 1997).

Insieme, Barlow and Davis si sono allontanati dall'ideologia "lo fi" dei Sebadoh e sono pervenuti all'estremo opposto, un compiacimento quasi new wave per la dissezione dell'armonia e per la dislocazione dei suoni. Dare To Be Surprised (Communion, 1997) offre due singoli molto orecchiabili, Pole Position e Insinuation, e l'eccentrica Burning Paper. Nessun brano dell'album tenta inoltre di replicare lo squisito pastiche di Natural One.

One Party Lullaby (Interscope, 1999), invece, si vota esattamente a questa formula, e con un cinismo scientifico. Barlow, trasferitosi a Los Angeles, crea un mix surreale di campionamenti, loop, psichedelia, techno e, ultime ma non meno importanti, melodie memorabili (Someone You Love)


(Tradotto da Stefano Iardella)

Subsonic 6 (Sub Rosa, 2000) di Lou Barlow è un album strumentale che strizza l'occhio all'avanguardia.

Il primo album solista di Eric Gaffney, co-fondatore dei Sebadoh, Brilliant Concert Numbers (Old Gold, 2000), che raccoglie registrazioni da solista nel corso degli anni, è un deludente buco nell'acqua.
Gaffney si esibisce in ogni stile che un cantante-chitarrista lo-fi può affrontare. Per coloro che credevano che Gaffney fosse l'alter ego artistico di Lou Barlow, questo album svelerà un'amara verità: nessuno dei due era un gran musicista. Il singolo Cold Weather è un brano pop rumoroso e orecchiabile.

Supportato da Richard Marshall (ex Alice Donut) alla batteria e Jessica Cowley al basso, e trasferitosi a San Francisco, Gaffney formò i Friends of Gaffney e pubblicò Nature Walk (2003).


(Tradotto da Stefano Iardella)

La sensazione che Jason Loewenstein stesse scrivendo il miglior materiale degli album dei Sebadoh fu confermata da At Sixes And Sevens (Subpop, 2002), il suo debutto come solista.
Codes non è solo un power-pop virulento, trascinante e boogie-ing, ma vanta anche cambi di tempo assassini e riff dissonanti (immaginate White Light dei Velvet Underground suonata al doppio della velocità). Casserole suona come una cover dei Sonic Youth di un oscuro gioiello pop degli anni Sessanta. Continuando la discesa verso stravaganti composizioni pop, Angles è apertamente discordante e sincopato, ma anche tintinnante e galoppante. Il ritmo veloce dell'inizio viene abbandonato per la spaziale e psichedelica Circles, ma si nasconde ancora dietro il sinistro lamento di I'm A Shit, guidato da bassi danzanti dal profondo voodoo e chitarre evocative e sognanti (forse il pezzo forte dell'album) e i singhiozzi intellettuali e le frustate abrasive di NYC III.
L'abilità di Loewenstein con il suo strumento non era così evidente nei Sebadoh. Qui (Crazy Santana, una sorta di tributo selvaggio e frenetico alla star cubana, H/M, una tonante ouverture speed-metal) il chitarrista ha finalmente l'opportunità di mettere in mostra la sua destrezza.
Dal punto di vista dei testi, qualunque angoscia sia nascosta o mostrata nella prima metà dell'album trabocca durante la coda introversa e relativamente sommessa rappresentata dalle ultime canzoni (Funerals, More Drugs, Mistake) che sembrano cantate in una trance dolorosa. La traccia di chiusura Transform riscatta l'atmosfera dell'album ricollegandosi al ritmo epilettico dell'inizio.
C'è poco in questa raccolta che sia prevedibile o dejavu. Grazie a melodie fresche, una voce sorprendentemente efficace, ritmi sempre potenti e workout brucianti di chitarra e basso, Jason Loewenstein ha coniato una voce tutta sua.

Nel frattempo, Barlow resuscitò il suo progetto parallelo Sentridoh per uno dei suoi album più personali, Tales from Loobiecore (Repo, 2002). Le canzoni raccontano di surreali ricerche interiori (The Devil and the Barbie Doll, Spacescape Imagination Station, Impulse) che sconfinano nel freudiano, addirittura agonizzante in Don't Call Me Writer.
Wasted Pieces '87 -'93 (Shrimper, 2003) è proprio questo.

Ultimo ma non meno importante, The New Folk Implosion (BMG, 2003) di Barlow, che ora vede la partecipazione del batterista Russ Pollard e del chitarrista degli Alaska Imaad Wasif, è fondamentalmente una pubblicazione dei Sebadoh. Sfortunatamente, è anche una delle opere meno ispirate di Barlow. Sembra che John Davis fosse la vera anima dei Folk Implosion.
Il primo album attribuito a Lou Barlow, Emoh (Merge, 2005), era anche peggio: spazzatura ottusa, priva di ispirazione, riciclata.

L'EP Mirror The Eye (2007) di Sentridoh è principalmente il veicolo della sua unica buona canzone, Yawning Blue Messiah.

Goodnight Unknown (Merge, 2009) di Lou Barlow ripete il discorso che abbiamo già sentito molte volte. Non è particolarmente interessante (non era la prima volta) e le cose non migliorano quando lo ascolti per la decima volta. Le vivaci Goodnight Unknown e Sharing potrebbero intrattenere le persone che non ascoltano molto power-pop, eOne Machine One Long Fight è l'unica canzone in cui Barlow riesce quasi a sembrare intelligente.

Il terzo album solista di Lou Barlow, Brace the Wave (2015), è stato in gran parte tranquillo. L'EP di cinque brani Apocalypse Fetish (2016) contiene invece Try 2 B.
Barlow ha pubblicato anche numerosi singoli: Welcome Home (2011), State Of Mine (2014), Boundries (2015), Wave (2015), Apocalypse Fetish ( 2016), Anniversary Song (2016), The Breeze (2016), Try 2 B (2016), >Pour/Reward (2016), Love Intervene/ Don't Like Changes (2018), Over You/ How Do I Know (2019), Cold One/Thirsty (2019), ecc.

Il primo album dei Sebadoh in sei anni, Act Surprised (2019), è stato altrettanto poco significativo.

Il quarto album solista di Barlow, Reason to Live (2021), contiene quanto meno la meditazione filosofica All You People Suck.


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