Dalla pagina di Piero Scaruffi
Wide SWing Tremolo (Warner Bros, 1998) allevia il senso di dejavu con colpi di boogie del sud (Straightface, Right On Through e Flow), e con alcuni brani strumentali surreali (Jodel e Chanty) che probabilmente valgono più dei fan della band rendersi conto. Farrar è ancora se stesso nel mid-tempo Medicine Hat e risplende nelle tristi e quasi mistiche Streets That Time Walks e Carry You Down, ma è abbastanza intelligente da sapere che ci sono solo un certo numero di modi in cui si può ripetere la stessa storia fino a quando non diventa è percepito come il chiacchiericcio di un vecchio, non importa quanto erudite siano le parole.
Sfortunatamente, il primo album solista di Farrar, Sebastopol (Artemis, 2001), continua nello stile derivativo di Wide Swing Tremolo dei Son Volt. A parte l'apocalittico Feel Free e l'orecchiabile Vitamins, l'album procede con ballate moderatamente divertenti come Outside The Door, Barstow, Voodoo Candle, che aggiungono poco al canone mentre raccontano storie che sono state ascoltate innumerevoli volte prima. Damaged Son, Make It Alright e Drain sono pezzi troppo esili, non importa quanto belli. E, infine, Different Eyes e Clear Day Thunder si sforzano troppo di raggiungere un livello di drammaticità che non è alla portata di Farrar. Archi, sintetizzatore e sassofono aggiungono una consistenza sensuale al progetto, ma non possono dissipare la sensazione che Farrar abbia, molto semplicemente, ben poco da dire.
L'EP di cinque canzoni ThirdShiftGrottoSlack (Artemis, 2002) suona come degli avanzi da altri album, sebbene la musica di Farrar sia sempre orecchiabile e calda.
Il secondo album di Farrar, Terrior Blues (Act, 2003), è ancora più confuso e sfocato. Forse l'idea era quella di produrre un album simile alla fase centrale dei Byrds, quando suoni strumentali surreali (i vari pezzi di Space Junk) si alternavano a ritornelli vocali orecchiabili (No Rolling Back, Hang on to You) a ritmo country e alimentati da testi cupi. La verità è che Farrar non è Graham Parsons e non è neppure Roger McGuinn. È intrigante quando decostruisce il blues (Fool King's Crown) e la musica country (Hard Is the Fall), ed è certamente più efficace nelle sue iniziative folk-jazz da camera (Cahokian, Out on the Road), ma il centro della massa è fortemente incline verso ciò che fa peggio.
Stone, Steel & Bright Lights (Artemis, 2004) è un album dal vivo.
A Retrospective (2005) copre gli anni dal 1995 al 2000 (i primi tre album) ma contiene troppi riempitivi.
I Son Volt sono una band significativamente diversa su Okemah And The Melody Of Riot (Sony, 2005), visto che Farrar si è circondato di un diverso insieme di musicisti. Farrar domina la scena, ma gli altri membri suonano la musica. Lo fanno in un modo che non è né entusiasmante né creativo. Anche se tecnicamente competenti, suonano come dei mercenari che con riluttanza eseguono musica in cui non credono. Lo stesso dicasi per Farrar, che offre composizioni incomplete con testi banali, che sostanzialmente non offrono un motivo valido per trasformarle in un album. È anche strano che un tributo a Woody Guthrie (come suggeriscono il titolo e Bandages and Scars) offra musica così forte. Farrar è migliore come artigiano pop (Who, World Waits For You) che come narratore, ma in questo caso esagera nel cercare di essere uno storyteller secondo la vecchia tradizione.
Il progetto parallelo di Farrar, Gob Iron, sposa l'alt-country e il folk tradizionale in Death Songs for the Living (Transmit Sound, 2006).
The Search (2007), con l'aggiunta di Derry Deborja alle tastiere, è una parata piuttosto tranquilla di sermoni convenzionali di Farrar; e American Central Dust (2009) non aveva nè verve né uno scopo, se non quello di riciclare il suono caratteristico dei Son Volt.
One Fast Move Or I'm Gone: Kerouac's Big Sur (2009) era una colonna sonora composta con Benjamin Gibbard dei Death Cab For Cutie.
I Crosby Stills Nash & Young devono essere stati l'ispirazione per il supergruppo formato da Jay Farrar dei Son Volt, Will Johnson dei Centro-matic, Anders Parker e Jim James dei My Morning Jacket, che ha debuttato con New Multitudes (2012), un concept album votato a reinventare la musica per i vecchi testi di Woody Guthrie. Il migliore è Talking Empty Bed Blues di James, che riprende il pathos sconsolato delle "dust bowl ballads".
Nel 2013 i Son Volt sono tornati con l'album country Honky Tonk (Rounder, 2013), scritto da Jay Farrar.