Soul Whirling Somewhere e` Michael Plaster, un musicista dell'Arizona che
si ispira in maniera anche troppo esplicita al sound della 4AD (Cocteau Twins,
Pale Saints, Dead Can Dance) ma che assorbe quell'ispirazione in un contesto
piu` classicheggiante e cosmicheggiante.
Eating The Sea (Project, 1993) aveva messo in luce soprattutto
l'aspetto strumentale della sua arte.
I solenni e maestosi madrigali di Plaster (Not Breathing, Swim,
Unhittable)
tenui sussurri che si sciolgono lentamente in un involucro celestiale di
accordi di chitarra o di tastiere, presentavano un animo inquieto, un'angoscia
astratta, un po' alla Nico, su uno sfondo magicamente e ipnoticamente fiabesco,
come i Cocteau Twins al ralenti`. Ma le due tracce strumentali
(One Of These Days Some Eyes Will Be Opened e Flightless),
al confine fra musica new age sinfonica e musica cosmica,
conferivano al tutto un senso quasi metafisico.
L'arte di Plaster e` soprattutto un'arte scenografica, l'arte di costruire uno
scenario adeguato ai testi. Tanto il canto (quasi sempre "distaccato" dalla
voce mortale del cantante rock, trasfigurato come se provenisse da un altro
mondo) quanto gli strumenti (suonati in maniera austera, come elementi
di un'orchestra classica) contribuiscono a quest'arte di suggestione.
La trepida preghiera di Wish e` immersa in maniera quasi soprannaturale
nelle angeliche onde dell'elettronica. E il disco si spegne nella lunga
Swimmer In A Well, con il canto che sembra spiccare il volo verso
un orizzonte remoto, segnalato da accordi sfumati di tastiere elettroniche.
Plaster e` un cantautore della trance.
L'album omonimo del 1996 (Projekt) ripete il gioco di prestigio.
Tipico della sua polifonia e` il contrappunto fra gli strimpellii di chitarra
acustica e i cavalloni del sintetizzatore nella versione solo strumentale di
When I Dream I Fall I It.
Gli arrangiamenti stravolgono anche i brani cantati:
il sinfonismo melodrammatico di A Mouse In The Mouth, che fa pensare
alla musica sacra spaziale di
Constance Demby, o i rintocchi subliminali di Balanced In Perfect Amber,
che fa pensare allo zucchero ambientale di Harold Budd,
trasformano il canto d'autore in una forma orchestrale con cantante solista.
La rarefazione psichedelica di 5 Days And The Mind's Erased o quella quasi
funerea di Soaked And Captured discendono dai deliri ultraterreni di
Tim Buckely. Ma When I Dream I Fall I It, nel suo pudico e austero rigore,
svela la vera ispirazione di Plaster: il madrigale rinascimentale.
I sei nuovi brani proposti da Michael Plaster con il mini-CD
Pjewackit (Projekt, 1997) si discostano
nettamente dal sound del capolavoro dell'anno scorso.
Questo e` un cantautore "lo-fi",
crepuscolare, timido e introverso; nemmeno imparentato con il pittore
elettronico che conoscevamo. La voce viene lasciata fluttuare ed echeggiare
in grandi spazi vuoti, accompagnata da lontani accordi psichedelici di
chitarra e da un batterismo sfumato. Piece Of Wick ha nerbo e convinzione,
ma Every Female Werewolf Ever si dilata a dismisura in spazi allucinogeni e
I Should Throw Myself Under A Train affonda nelle sabbie mobili
della depressione psichica, e la title-track si spegne in uno di quegli incubi
in punta di piedi di Nick Drake.
Nell'unico momento in cui le tastiere elettroniche riprendono il controllo,
Plaster si limita ad accarezzare i composti poemi tonali della new age
(God In Heaven).
Hope Was (Project, 1998) prosegue la lenta dissoluzione della sua
ballata elettronica in una forma di ambient folk alla
Current 93
e Sol Invictus.
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