Thinking Fellers Union Local 282 were remnants of San Francisco's hippie/freak culture of the 1960s, and heirs to the Residents' theatrical madness. Tangle (1989) and especially Lovelyville (1991) collected eccentric, amateurish, irreverent and manic-depressive miniatures that overflowed with echoes of the most disparate genres (free-jazz jamming, funeral music, heavy-metal riffs, Indian pow-wow music, folk lullabies). The unifying theme of these musical landmines was the performance, which evoked the Holy Modal Rounders in their most irrational moments. There was no limit to human imagination in the demented cabaret of Mother Of All Saints (1992), a chaotic excursus through jazz, bluegrass, exotica, Ennio Moriccone and Frank Zappa, a super-collage of sonic debris assembled by vocalist Anne Eickelberg, percussionist Jay Paget, multi-instrumentalists Brian Hageman and Mark Davies on a wealth of instruments. Faithful to Dada's principle of art as a paradox, the band was at its childish peak. Then they retreated to the amusing surrealism of Strangers From The Universe (1994) and jumped on the "lo-fi pop" bandwagon with I Hope It Lands (1996) and Bob Dinners And Larry Noodles Present Tubby Turdner's Celebrity Avalanche (2001).
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All'inizio degli anni '90
i piu` ilari sperimentatori di San Francisco sono i Thinking Fellers Union
Local 282, che fanno dell'eccentricita` il principio fondamentale del loro
metodo di composizione, riservandosi il diritto di mescolare qualsiasi strumento
acustico, qualsiasi suono naturale e qualsiasi rumore elettronico nelle loro
anarchiche escursioni aurali.
In realta` provenivano dallo Iowa, dove avevano iniziato a suonare in una
vena folk-rock, documentata soltanto da cassette autoprodotte come
Wormed By Leonard (Thwart Productions, 1988), alcuni
brani della quale sono stati presentati tre anni dopo sull'EP
Natural Finger (Ajax, 1991).
La cassetta verra` riedita su CD con diversi inediti nel 1995.
Vedra` anche la luce Archipelago Brewing Company, un progetto risalente
al 1987 di Jay Paget e altri membri del gruppo.
L'album Tangle (Thwart, 1989) fu la loro prima opera maggiore.
In esso viene compiutamente formulata la loro teoria di un sound derivato dal
folkpop surreale della zona ma ulteriormente deformato da allucinazioni
psichedeliche e da depressioni psichiche. Il loro genere prediletto e' quello
di Sister Hell e Keeps Repeating, ballate cantate (alternandosi maschio e
femmina) con un tono distaccato su un ritmo tribale e che indulgono in
interemezzi e code di caos dadaista.
Anne Eickelberg (basso e canto), Brian Hageman (chitarre), Mark Davies
(chitarra), Hugh Swarts (chitarra e piano) e Paul Bergmann (batteria e
fisarmonica) vi mettono in mostra una tecnica amatoriale, che pure riesce
a incendiare lo strumentale What Time Is It e il rock and roll distorto di
Sports Car. Quello stile grezzo e approssimativo si sfoga anche nelle armonie
disgregate e improvvisate dei brani piu' psichedelici, It Wasn't Me e
Cold Cold Cold Ground. In pratica il quintetto tenta di costruire un ponte
fra il rock alternativo degli anni '60 e quello degli anni '90, fra figli dei
fiori e generazione X.
Facendo seguito al singolo 2x4s/ Horrible Hour (Buf Sed, 1991),
Lovelyville (Matador, 1991) e` la raccolta di collage che li rende
celebri.
Sono esemplari del loro stile irresponsabile, quadriglie sgangherate come
Four O'Clocker, sarrabande fitte di stecche gioviali e di
strimpellii da manicomio, degne dell'acid-folk" degli Holy Modal Rounders.
Vignette beatamente surreali come Nail In The Head
si affidano ad arrangiamenti a dir poco arbitrari, nei quali possono spuntare
tanto una sezione di fiati funky quanto un tribalismo da pellerossa.
Giunge pertanto del tutto inaspettato lo strumentale 2x4S, che avanza con
un piglio truce e assordante da heavymetal, salvo essere trapunto dai barriti
di un trombone da colonna sonora degli anni '50.
Eresie pseudo-jazz come Big Hands si sprecano da un angolo all'altro del
vinile. Il disco finisce appropriatamente con la
cadenza funerea e i vocalizzi vomitevoli di Nothing Solid.
Dopo l'album usci` l'EP Where's Officer Tuba? (Hemiola, 1992).
A questo punto il combo constava dei tre membri originali,
provenienti dallo Iowa, e cioe` Anne Eickelberg (basso e canto),
Brian Hageman (chitarre) e Mark Davies (chitarra),
piu` High Swarts (chitarra e piano) e Jay Paget (percussioni, ex World Of Pooh
che si aggrego` nel 1990).
Ma il loro vero tour de force e` Mother Of All Saints (Matador, 1992),
un super-collage di
ben ventitre frammenti. Hageman e Davies vi suonano un po' di tutto,
dal corno francese alla viola, dal mandolino al banjo, e tutti e cinque
suonano qualche genere di percussione.
Le regole di composizione praticate dal quintetto sono quantomai lasche e
aperte all'interpretazione. Nella buona sostanza ogni canzone fa storia a
se stante, e puo` andare da un'andatura pseudo-jazz (Hive)
a un pastiche elettronico (None Too Fancy),
da uno strumentale rhythm and blues (Shuddering Big Butter)
a un deliquio psichedelico (Wide Forehead).
Gli spunti per le loro matte pantomime possono venire dai
girotondi per bambini (Hornet's Heart), dalle colonne sonore televisive
(lo strumentale Star Trek), dagli orchestrali che accordano gli strumenti
(Tuning Notes).
Per lo piu` si tratta di sgraziate accozzaglie di accordi come
Gentleman's Lament.
In Hummingbird In A Cube Of Ice sembra di ascoltare i Sonic Youth in versione
da cabaret. Catcher e` un country-rock
sfigurato in maniera psichedelica da dissonanze di viola alla John Cale e
staccato sinfonici delle tastiere.
Tell Me e` rappresentativo di come i duetti fra gli strumenti a corda possano
degenerare in tiritere da manicomio, in crescendo apocalittici di assurdita`
armoniche.
Lo strumentale Raymond H. raggiunge forse i vertici piu` deliranti di
decostruzione armonica, riuscendo a tessere un ponte fra il bluegrass e le
musiche esotiche, fra la musica d'avanguardia e Morricone.
Sono poi innumerevoli i temi appena accennati, giusto due accordi fuori tempo
e magari fuori tono e poi un po' di baccano per gradire.
I Thinking Fellars sono capacissimi di mettere in scena rumori che persino
Zappa si sarebbe vergognato di fare.
Il montaggio caotico del loro capolavoro cede il posto a canzoni piu' regolari
sull'EP Admonishing The Bishops del 1993, come Hurricane e
Million Dollars, in cui l'eccentricita' si e' tramutata in
un virus alieno che altera il metabolismo delle armonie.
Undertaker pero' sferraglia a tutta birra fra i gorgheggi di Eickelber,
una vignetta surreale d'altri tempi.
Il miglior saggio del loro stile camaleontico e' Father, che cambia in
continuazione fino a sfumare in un country & western degno di Nashville.
L'imprevedibilita' e lo humour ne fanno numeri di sicura presa sul pubblico
dei college.
Il loro metodo di esecuzione non e' in realta' per nulla parente di Residents
e Captain Beefheart, essendo troppo brado per i primi e troppo colto per il
secondo. Puo' essere semmai parente di John Zorn e dei post-moderni di New
York.
La saga del complesso piu' bislacco della Baia continua con
l'EP Funeral Pudding (Ajax, 1994).
La filastrocca di Waited Too Long e il suo accompagnamento da asilo, e
ancor piu' la sgangherata jam strumentale di Give Me Back My Golden Arm
con la sua coda caotica, provano una volta di piu' che il loro stile non e'
amatoriale (o "lo-fi"), ma volutamente infantile. La loro arte ha origine da
una programmatica regressione esistenziale allo stadio di totale incoscenza
e nescenza. Sulla strada di quel folk spaesato che e' la loro terra promessa
i Fellers scodellano nonsense come Heavy Head.
Flames Up, comico strumentale nella vena di Duan Eddy e dei Ventures,
nasce quasi per miracolo, senza che i musicisti sappiano che e' esistita
un'era in cui quei suoni erano di moda.
L'EP rappresenta l'alter-ego sperimentale del gruppo che nell'EP precedente
si era limitato a suonare canzoni.
Su Strangers From The Universe (Matador, 1994)
la loro tecnica di decostruzione comincia a pagare anche in termini commerciali,
poiche' i Fellers sfruttano le mille irregolarita' della loro improvvisazione
di gruppo per comporre canzoni (relativamente) regolari come
My Pal The Tortoise che risultano pertanto dei puzzle inestricabili,
dei collage paradossali, dei mosaici fittissimi di segni incomprensibili.
La piu' camaleontica e' Cup Of Dreams.
Quelle dei Fellers sono fantasie non di temi melodici ma di idee sonore, come
quelle accatastate attono all'accordo (uno solo) di chitarra in Guillotine
o attorno alla marcetta sincopata di Socket;
e costituiscono un'ideale colonna sonora per la pazzia del genere umano.
La musica riflette in effetti la loro concezione dell'esistenza umana come
una sequenza piu' o meno casuale di eventi, nella quale e' inutile cercare di
leggere un senso: i motivetti da cabaret di February
("Let's all disappear/ vanish from memory/ far away from here") e
Operation ("I was having an operation done/ I didn't know what for")
esprimono non il disagio ma la fatalistica rassegnazione di fronte al caos
onnipotente che determina le nostre vite.
Il loro teatro dell'assurdo (le liriche sono degne di Beckett e Ionesco)
termina trionfalmente con il valzer per organetto e pianoforte
di Noble Experiment, in cui si profetizza un'apocalisse di
giardini fioriti e di uccelli cinguettanti.
Ogni secondo della loro musica e' imprevedibile, deciso d'istinto, nella piu'
beata indifferenza; ma la loro sovversione delle convenzioni della forma
canzone nasce da una profonda conoscenza (istintiva) dei suoi meccanismi
armonici.
Brian Hageman milita anche negli U.S. Saucer e
ha pubblicato anche un album solista,
Twin Smooth Snouts (Starlight Furniture Company, 1995).
I Hope It Lands (Communion, 1996) non e` forse non all'altezza dei loro
momenti piu` paradossali, ma pur sempre un intrepido atto di sfida alla ragione.
La produzione e` la piu` professionale della loro carriera, le canzoni scorrono
senza spigolosita`, ma il tono e` sempre quello tragicomico dei giullari
e l'eccentricita` rimane quella di Zappa, Allen e freak assortiti:
la quadriglia da cabaret di Lizard's Dream,
la stralunata fiaba alla Kevin Ayers Elgin Miller,
fino a Brains, sceneggiata degna di Mothers Of Invention e Gong.
Ma le canzoni sono piu` canzoni che sketch, semplicemente circondano
le melodie di meticolose architetture armoniche:
A Lamb's Lullaby potrebbe essere una litania grunge dei Dinosaur Jr
cantata in un falsetto soul, e accoppiata a uno strumentale orientaleggiante dei
Camper Van Beethoven e a una sequenza di musica industriale per chitarra-sega;
la delicata chanson di Empty Cup e` quanto di piu` pop abbiano mai fatto;
e lo strumentale Hills scodella un tema per pianoforte degno di una
colonna sonora.
Lo humour bislacco del gruppo torna a galla semmai nei brevi interludi,
nella musique concrete di The Poem, nello strimpellio impercettibile
di Conrad Adrift Toward Mars, nei rumori atmosferici di
Hudson Bottom Dance;
spunti surreali che scorrazzano nelle lande di John Fahey, Antonio Badalamenti
e Pierre Henry.
Il complesso piu` imprevedibile di San Francisco (e uno dei piu` geniali
della musica rock d'avanguardia degli ultimi anni) non concede tregua con
queste opere-minestrone in cui anche l'idea piu` infantile diventa un
capolavoro di arrangiamento.
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