Summary.
Based in Wisconsin, lysergic visionary Richard Franecki dealt a fatal blow
to the song format with the cassettes and records of his project
F/I. His best
Hawkwind and Chrome impersonation was on Space Mantra (1988).
He then formed Vocokesh (1)
and proceeded to apply analog electronics to raga-rock, interstellar Pink Floyd
and Grateful Dead's acid-rock, particularly on the
enigmatic and imposing Smile And Point At The Mountain (1995)
and on the more ethnic Paradise Revisited (1998).
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Richard Franecki, laureato in Arte, viene dall'isolato Wisconsin e inizio`,
come tanti teenager della zona, suonando in complessini hardcore alla Die
Kreuzen. Le sue passioni erano pero` il rock psichedelico (Pink Floyd e
Hawkwind) e il rock cosmico dei tedeschi. Nel 1983 formo` pertanto i
F/I, un trio con gli amici Greg Kurczewski e Brian Wensing,
tutti e tre alternati a chitarra e tastiere. Attorno a loro ruotarono altri
musicisti in maniera un po' casuale, finche' nel 1986 la formazione si
stabilizzo` con l'ingresso di un percussinista. A quel punto il gruppo divenne
un complesso rock piu` tradizionale e si focalizzo` sulle canzoni invece che
sulle suite improvvisate.
I loro brani erano lunghe jam improvvisate nel segno degli Hawkwind, protese in
trance mistiche e solcate da rumori "industriali".
Le innumerevoli cassette (piu' di venti), antologizzate su
The Past Darkly The Future Lightly (Lexicon Devil, 2003), e gli album
Why Not Now (RRRecords, 1987),
Space Mantra (RRRecords, 1988 - Lexicon Devil, 2000),
Blue Star (RRRecords, 1989), which contains three lengthy hypnotic jams,
Paradise Out Here (Human Wrechords, 1989 - Lexicon Devil, 2006),
perhaps the most visceral of the series,
antologizzati su
Out Of Space And Out Of Time (RRRecords), erano tanto ambiziosi
quanto auto-indulgenti.
Space Mantra (RRRecords, 1988 - Lexicon Devil, 2000), perhaps the best of
F/I's releases, contains a number of humble masterpieces:
the terrifying, distorted, voodoobilly a` la
Chrome of Trauma At The Beach,
the bluesy heavy-metal sludge of Looking For My Head,
the epic, ten-minute, Velvet-Underground soundalike Just To Get Us Off,
the pounding raga of Space Mantra,
and the panzer distortion of This Is The Key.
Plus a couple of galactic guitar trips. F/I's no-nonsense psychedelia
pushed the envelop of the genre in all directions.
A Question For the Somnambulist
Franecki si stanco` presto del mondo del rock e nel
1990 cedette il posto di comando a John Frankovic dei Plasticland. In breve
gli F/I divennero il gruppo di Brian Wensing.
Franecki registro` alcuni dischi da solo e poi diede vita al progetto Vocokesh,
con gli amici Jan Schober e John Helwig, che nell'album
Ispepaibara (RRRecords, 1991)
e nell'EP Still Standing In The Same Garden
(Drag City, 1992)
esplorano territori piu` sperimentali, simili alle primissime cose degli F/i.
Smile And Point At The Mountain (Drag City, 1995) comprende otto
brani senza titolo che fungono da riepilogo della carriera di Franecki
e delle sue fonti d'ispirazione, dal raga-rock alla musica cosmica, dai primi
Pink Floyd all'acid-rock. Il suo marchio di fabbrica rimane l'elettronica
analogica, usata come decorazione al tempo stesso primitivista e futurista.
Al tempo stesso i timbri degli strumenti tradizionali sono mimetizzati
da un'accurata opera di trasfigurazione.
1 si apre con una tumultuosa percussivita` che ricorda i Pink Floyd
di Ummagumma. L'ouverture sinfonica di 2, tutta contrasti e
dissonanze, straripante di grezze e violente masse sonore, e` un pezzo
di assoluta avanguardia.
6 e` un poema elettronico degno di Edgar Varese.
Anche i brani che si riallacciano alla tradizione rock, quelli condotti sulla
falsariga della jam improvvisata per trio di chitarra, basso e batteria, sono
resi unici da una dialettica insolita: 3 (18 minuti) combina
i viaggi astrali dei Grateful Dead di Dark Star
e la carica animalesca degli Amon Duul II;
il raga di 5 (16 minuti) e` un tripudio di accordi trascendenti di
sitar, d'organo e di percussioni in una tempesta marziale della sezione
ritmica (con una lunga coda di rumori cosmici).
Disco tanto enigmatico quanto imponente, lontano anni luce da cio` che si
chiama comunemente rock psichedelico,
Smile e` saturo di segni
sonori, e marchia il culmine e la fine della "giovinezza" di Franecki.
Brian Wensing e Grant Ritcher hanno intanto riformato gli F/I e
pubblicato lo splendido
singolo From Poppy With Love/ Five Crowns of the Saxon King (RRR, 1996)
e l'album
Helioscopium (Ceres, 1997).
Dopo uno split album con gli ST37, esce l'opera piu` matura dei Vocokesh:
Paradise Revisited (Drag City, 1998).
L'album si apre con Paradise Revisited (dodici minuti),
che muta lentamente da un torpido serpente di droni d'organo in una travolgente
danza di chitarra. Come spesso accade con le loro jam, tanto la fase di stasi
iniziale quanto l'infuocato crescendo finale devono molto alla musica
religiosa dell'Asia (Araba, Persiana, Indiana).
Franecki, pur conservando un approccio mistico/psichedelico, sembra sempre
piu` interessato a sperimentare con le qualita` del suono elettronico. Le sue
composizioni tendono pertanto a salvaguardare entrambi gli aspetti: prima uno
studio d'avanguardia, impostato sulle tastiere, e poi una progressione armonica
che sviluppa poco a poco la struttura ritmica.
Ad essere assente e` la melodia, e in tal senso la sua musica e` piu` raga
che occidentale.
Dusk In The Garden Of Vocokesh prende l'avvio con un caos di
tintinni e clangori su uno sfondo di onde galattiche, ma si spegne su un tenue
strimpellio di chitarra degno del folk giapponese.
Fa a meno dei preamboli elettronici il crescendo di
The Circle Is The Square, ancor piu` solenne.
All'altro estremo, invece, si situano i brani piu` ambiziosi del disco,
che sono puramente sperimentali, e in tal senso riprendono la lezione degli
F/i (con maggior confidenza negli strumenti elettronici).
One Brief Glimpse At The Face Of Oblivion (diciassette minuti) e`
sinfonia cosmica che si ispira (piuttosto fedelmente) a Irrlicht di
Klaus Schulze nell'affrescare paesaggi fantastici in maniera tragica, salvo
poi deformare il miraggio con un mare di dissonanze (e sciupare tutto con
tre minuti di schitarrate fuori luogo). Quest (dodici minuti) dipinge
lande ancor piu` desolate attraverso quello che e` di fatto un piccolo concerto
per dissonanze elettroniche.
Il suo problema sono i finali: per un qualche complesso psicologico, Franecki
si sente sempre in dovere di concludere il brano con qualche minuto di
improvvisazione rock.
Franecki e` anche titolare dell'album solista
Welcome To The Electric Circus (Insignificant, 1996), comprendente
la suite di ventun minuti The Sixth Crown.
Questo piccolo genio del rock psichedelico, che ha esercitato in
assoluto isolamento, non ha fatto altro che ripetere all'infinito la
A Saucerful Of Secrets dei Pink Floyd. Un crescendo psichedelico
dopo l'altro, ha eretto una monumentale opera di rock rigorosamente strumentale.
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