Summary.
In Pennsylvania,
Mickey "Dean Ween" Melchiondo and Aaron "Gene Ween" Freeman created the saga of
Ween, who represented the ultimate act of
juvenile, caustic and lewd irreverence.
God Ween Satan - The Oneness (1990) was their personal musica-hall, a
gallery of comic/erotic vignettes that clung to musical nonsense and variety.
The duo mastered the silly melodies of the They Might Be Giants and the bizarre arrangements of Mark Kramer, and proceeded to create a wildly eclectic opus.
Pod (1992) was another continuously mutating beast, although subsequent
albums tried to adopt a more unified format.
Full bio.
Ween were one of the landmarks of 1990s alternative rock with their (often scurrilous) parodies and satires entrusted to a music that consists of brilliant variations on fashionable genres; a comic and eclectic operation, akin to those of
Half Japanese and
Residents,
but executed with the catchiness of
They Might Be Giants.
The “brothers” Dean and Gene Ween (a.k.a. Mickey Melchiondo and Aaron Freeman) were two boys from Lambertville, a small provincial town in Pennsylvania. They should be counted among the great demented and misanthropic men of rock history.
The two boys posed as brothers and began their career by improvising songs on a home tape recorder.
Self-declared amateurs of music, they adopted the manner of the jester (a la
Frank Zappa) who reserves the right to make fun of everything and everyone.
Borrowing from
Prince
the melodic and rhythmic elements (as well as the erotic poses), from the
Residents
the electronic and vocal tricks, from Zappa the gags of lyrics and quotations, from
Daniel Johnston
the innocence of the operation, and from
Mark Kramer
the surreal madness of the arrangements, the Weens coined a new standard of alternative college music that was at once clever, comic, and catchy.
They debuted with the cassette The Crucial Squeegie Lip (Bird O' Pray, 1987) and two self-produced albums, Axis: Bold as Boognish (1988) and
The Live Brain Wedgie (1988).
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L'album doppio
God Ween Satan - The Oneness (Twin Tone, 1990)
e`
spontanea eruzione del loro schizoide universo musicale, uno zibaldone
caotico redatto da due tardi hippie strapieni di "acido".
Nella miglior tradizione del rock amatoriale,
il disco non ha alcun baricentro, alcuna unita', alcuna continuita` e,
soprattutto, alcun senso.
Il loro repertorio consta di brani della durata di un minuto o due,
impostati attorno a una melodia orecchiabile ma cantata in un registro
deformato, arrangiati in maniera spartana, con l'arrangiamento a volte ridotto
a qualche accordo di chitarra o a due colpi di grancassa (il blues di
I'm In The Mood),
ispirati da spunti ancor piu` banali (uno scioglilingua da manicomio per
I Got A Weasel, gli strilli di un bambino per Bumble Bee),
che pescano a piene mani dai generi classici (soprattutto quelli "neri",
ma anche il flamenco di El Camino e il reggae di Nicole), e
sono minati da un pervicace humour dadaista.
E` proprio quest'ultima la chiave
di lettura dell'opera, che infatti culmina nella tiritera vaudeville di
Tick, nel
pop sentimentale "anni '50" per vocina melensa di Don't Laugh e
nella parodia del piu` epico Lou Reed in Marble Tulip Juicy Tree.
L'atmosfera si anima e si scalda per il boogie alla ZZ Top di Cold + Wet,
per il sabba psichedelico di Mushroom Festival In Hell e per il
rhythm and blues esagitato alla Beefheart di Papa Zit; ma sono quasi
forzature. Puffy Cloud chiude il disco nella maniera piu` surreale.
Ossessionati dal sesso e dal cibo, ovvero dagli istinti fondamentali, gli
Ween fanno
della musica il veicolo ideale per comunicare quella sensazione di estrema
fruizione (e semplificazione ai minimi termini, pre-puberali) della vita.
L'album e` dedicato alla "naziwhore" di You Fucked Up, una delle ouverture
meno romantiche della storia della musica.
Stroncati dalla critica di tutto il mondo (quella che ebbe il coraggio di
ascoltare il disco), il duo trova invece un seguito di fedelissimi, tra
cui anche l'onnipresente Kramer.
Doppio l'esordio e doppio il suo seguito, Pod (Shimmy Disc, 1992):
neppure Zappa aveva osato tanto. Galvanizzati dalle reazioni entusiastiche
dei ragazzi dei college, nelle cui classifiche il primo album e` stazionato
a lungo, gli Ween si spingono persino oltre: pennellano una perfetta
novelty alla Zappa (o alla Bonzo Band) come Pork Roll Egg And Cheese,
con un ritornello degno dei Beatles; resuscitano l'acid-folk degli Holy Modal
Rounders in Strap On That Jammy Pac; sprofondano nel folk campestre con
Oh My Dear; inventano un altro classico da party di liceali morbosetti come
She Fucks Me.
Osano piccoli poemi modernisti con brani "meccanici", cadenzati in
maniera "industriale", e recitati da androidi, come Frank e Molly;
declamano come i Residents in atmosfere rese oppressive dall'elettronica in
The Stallion (quinto brano della prima facciata, non segnato in copertina).
Dimostrano di sapersi cimentare agli accordi di pura potenza con l'hardrock
di Dr Rock, l'heavymetal di Sketches Of Winkle,
l'assordante distorsione "cingolata" alla Chrome di Can U Taste The Waste,
e soprattutto il boogie sudista di Captain Fantasy, brani che mettono a frutto
la lezione del power-pop "cosmico" degli Hawkwind.
Infine indulgono negli idiomi psichedelici, tanto con melodie "dilatate" e
ripetute fino ad acquistare una qualita` onirica (Don't Sweat It), quanto con
leziosa e pigre ballate alla Meat Puppets (Sorry Charlie), tanto in
serenate rallentate e deformate (Laura), quanto in bisbigli surreali
alla Barrett (Alone), tanto in languide e morbide nenie alla tardi
Pink Floyd
(Right To The Ways And The Rules Of The World), quanto in litanie
eteree (Mononudeosis).
Tradizionali o avanguardisti, psichedelici o "metallari", i Ween sono geni
del trasformismo.
Va loro dato credito soprattutto per la capacita` di "inventare" la musica
da capo con ogni brano, e di riuscire a "vestire" ogni invenzione in maniera
che non rimanga un semplice esperimento.
Almeno Captain Fantasy e Pork Roll Egg And Cheese rimarrano negli
annali della novelty.
Il 1993 sancisce la popolarita` del duo, conquistata a dispetto della critica
e dell'industria discografica, con Pure Guava (Elektra). L'album
(registrato come i precedenti su un "quattro tracce" casalingo nella loro
fattoria della Pennsylvania, ma in realta` certosinamente rifinito)
ripulisce il sound fino a neutralizzarne la qualita` apocrifa e diluisce gli
scherzi fino a renderli tediosi. Lo scopo dell'operazione e` semplicemente
quello di "vendere" alle masse i loro testi da reprobi goliardi
(titoli piu` spiritosi: Flies On My Dick e Poop Ship Destroyer).
Le composizioni riuscite si contano questa volta sulle dita di una mano:
la cantilena uggiosa e stralunata di Little Birdy farebbe invidia a
David Thomas; la melodia pop di Don't Get Too Close a Frank Zappa;
Push The Little Daisies e soprattutto Springtheme a Prince.
Alla fine la cura in fase di mixing procura invece risultati eccitanti nel
techno industriale di Reggaejunkiejew e nel sampling iper-distorto di Morning
Glory, i due brani piu` sperimentali della loro carriera.
Opera anemica che non fa onore alla sbrigliata fantasia dei due precedenti,
Pure Guava giustifica a posteriori le critiche ricevute in passato.
Chocolate And Cheese (Elektra, 1994) prosegue la parabola discendente
con un sound sempre piu` lambiccato ma un'ispirazione sempre piu` sciatta.
Il duo e` irriconoscibile nelle banalita` (testi e musiche) di
Take Me Away e nella lunga litania tragica di Buenas Tardes Amigo.
Al meglio Roses Are Free sono dei tentativi amatoriali di imitare le
canzoni-gag di Zappa.
Al porno-vaudeville del loro passato si puo` ricondurre soltanto
Voodoo Lady. La comicita` scabrosa di
I Can't Put My Finger On it e
Mister Would You Please Help My Pony rimane il loro massimo pregio.
12 Golden Country Greats (Elektra, 1996)
Qualunque cosa volessero dimostrare, i "fratelli" Ween lo hanno dimostrato.
Hanno scritto un album in perfetto stile country, accompagnati da
un'orchestrina anni Cinquanta con tanto di dobro, mandolino, tuba, contrabbasso
e banjo. Dallo spassoso e spigliato bluegrass di Japanese Cowboy
all'honky-tonk da saloon di Piss Up A Rope, dalla struggente serenata di
I Don't Wanna Leave You al ragtime swingante di Mister Richard Smoker
le cariatidi di Nashville possono soltanto togliersi il cappello.
E naturalmente non manca lo humour sardonico di sempre (Help Me Scrape The
Mucus Off My Brain). Checche' se ne pensi dei loro dischi precedenti, non si
puo` negare che questi due provincialotti costituiscano una delle coppie di
originali piu` originali del rock contemporaneo.
I Moistboyz sono Dean Ween e Guy Heller sotto le false spoglie di
Dickie e Mickey Moist. Per qualche minuto il loro secondo
album (Grand Royal, 1996) sembra fungere da raccordo fra i primi Ween e gli
ultimi, altarnando sketch sex-comici come It Ain't Rude e ballate
country come American Made and Duty Free. Ma poi il sound esplode in
un tripudio di distorsioni, wah wah e reverberi, e si fa largo il sospetto
che questo album sia semplicemente una colossale parodia dell'heavy-metal,
tanto dei suoi suoni magniloquenti quanto delle sue pose macho.
Dalla musica country del disco precedente i fratelli passano con
alla musica leggera degli anni '50: Mollusk (Elektra, 1997)
e` una raccolta di canzoni normali, costruite su melodie
impeccabili e arrangiate in maniera professionale (sintetizzatore, violini,
flauti).
Ad essere preso di mira questa e` la musica popolare: il folk pastorale di
Donovan in Mollusk, il folk mitteleuropeo in Polka Dot Tail, il folk
solenne dei Fairport Convention in Cold Blows The Wind, la canzonaccia
irlandese da pub in The Blarney Stone, e cosi` via.
I numeri migliori mi sembrano pero` due country-rock eseguiti a rotta di collo,
Wavin' My Dick In The Wind e
Ill Be Your Johnny On The Spot, quest'ultima sparata alla Ministry con
spettacolaei piroette rockabilly del sintetizzatore.
Il sintetizzatore e` in effetti il grande protagonista di queste satire, il
discolo incontenibile dell'armonia che spunta da dietro tutte le melodie. Lo
strumentale Pink Eye lascia che si sfoghi in maniera grandiosamente comica.
I Ween hanno rimediato al tono un po' distratto con cui avevano registrato gli
album precedenti. La loro arte rimane saldamente ancorata alla tradizione
dei grandi guitti del rock (Frank Zappa, Bonzo Band, They Might Be Giants),
ma da oggi sono anche dei rispettabili musicisti.
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(Clicka qua per la versione Italiana)
The live album
Paintin' The Town Brown (Elektra, 1999) is an excellent summary of their
career, including a 26-minute version of
Poopship Destroyer.
Poopship Destroyer,
Mushroom Festival In Hell, Japanese Cowboy, Bumble Bee,
Voodoo Lady, Mister Richard Smoker,
Mushroom Festival In Hell, Japanese Cowboy, Bumble Bee,
I Got A Weasel, Don't Laugh, Marble Tulip Juicy Tree,
Pork Roll Egg And Cheese, Captain Fantasy, Little Birdy
are the episodes of a comic serial that succeeds by exploiting the oldest
trick of comedy: making fun of the very public that it caters to.
If a musical equivalent of masturbation exsts, Ween discovered it.
With White Pepper (Elektra, 2000) Ween continued their evolution
towards a real band sound. Not that they have given up their parodistic
overtones. It's just that they sound more like a professional rock band and
less like the joke of a bunch of high school kids. The album's beginning is
clearly a clever rip-off of Sgt Pepper. The intro of
Exactly Where I'm At is a spaced-out ballad full of psychedelic noises,
Flutes Of Chi does raga-rock in the naif George Harrison way,
Even If You Don't has the Lennon-McCartney melodic progressions on a
martial beat, Back To Bosom recycles John Lennon's most pastoral
moments.
The parody continues down the alley of rock music, first with
Bananas And Blow, that merges exotica and Elvis Presley, and then with
the instrumental fantasia of Ice Castles, crowning their sketch with
the suave incursions in the musichall of Pandy Fackler.
Back to the present, they
plunge into hardcore frenzy with Stroker Ice.
Towards the end, set aside the masks and the costumes, they start playing their
own music, and it's Nashville redux: first the country ballad
Stay Forever, then the honky tonking Falling Out, and finally
the seductive lullaby She's Your Baby.
As they steal styles around the world, Ween come to resemble more and more
closely the They Might Be Giants.
A very light record from two very light musicians, who can never take their
job seriously.
Moistboyz's III (Ipecac, 2003) is a bad, tedious joke.
Moistboyz's IV (Ipecac, 2005) is even worse: a very political work.
Ween seem intent in proving that they can play instruments on
Quebec (Sanctuary, 2003),
but the result is that the duo is not even funny anymore.
If they thought they could emulate
Godspeed You Black Emperor
(as in Alcan Road or If You Could Save Yourself),
they were badly misguided.
The truth is that even the best material,
the hard-rocking It's Gonna Be a Long Night and Chocolate Town,
would not have found space on their early albums.
Shinola Vol 1 (2005) collects left-overs and rarities.
La Cucaracha (Chocodog, 2007) is a mix of
country, reggae, blues rock, and AOR balladry, and the 11-minute
Woman And Man.
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