Catherine Wheel
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Ferment, 7.5/10
Chrome, 6.5/10
Happy Days, 6/10
Adam And Eve, 6.5/10
Like Cats And Dogs, 5/10
Wishville , 4/10 (mini)
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Summary.
Catherine Wheel debuted with a formidable synthesis of Neil Young's neurotic folk and Brian Wilson's eccentric pop on Ferment (1992), whose hammering mandalas wove colossal braids of distorsions around naive refrains. Less dream-pop and more hard-rock on Chrome (1993) and Happy Days (1995) reinvented the sound of the band, until the ambitious arrangements of Adam And Eve (1997) brought back the original pathos, with even a romantic and introverted twist.
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I Catherine Wheel furono originali nella loro interpretazione delle istanze "shoegazer", forse anche perche' il loro sound si riallacciava alla new wave, al dark-punk e al rock alternativo americano.

Grazie al canto maschio di Rob Dickinson e al chitarrismo effervescente di Brian Futter, i cavalli di battaglia di Ferment (Fontana, 1992) suonano infinitamente piu` sofisticati del resto della psichedelia Britannica del tempo. Se She's My Friend (Wilde Club, 1990), il singolo d'esordio, vanta soltanto una melodia facile, Black Metallic e` una lunga e tormentata arringa alla Neil Young con effetti psichedelici alla Echo And The Bunnymen. Le atmosfere elettrizzanti di Texture non conducono in realta` da nessuna parte, ma l'effetto delle loro armonie dense e febbrili e` allucinogeno. Brani come I Want To Touch You (e in misura minore Tumbledown) si reggono praticamente soltanto sul chitarrismo spettacolare di Futter, che, nel segno di Hendrix e di Clapton, elabora mandala martellanti attorno a quelli che in realta` sono semplicemente riff di powerpop, oppure (Indigo Is Blue, Bill And Ben) erige pareti colossali di distorsioni attorno ai ritornelli innocui del partner.
I Catherine Wheel si conquistano un posto di rilievo fra i "rumoristi" post-psichedelici per i loro tornado strumentali.

Chrome (Fontana, 1993) usa proprio quel rumore per varare una fase piu` rock e meno dream-pop (nonche' piu` orecchiabile e meno cacofonica). La marziale Kill Rhythm e la sincopata Chrome ammiccano all'hard-rock melodico. Su un bunker di sonorita` grunge e doom si leva il ritornello eroico di I Confess. La ricerca di un nuovo equilibrio fra lo stile di prima e quello di adesso ha sortito risultati meno banali in Broken Head, alla Soft Boys, in Crank, che testimonia della parentela con i Pixies, e in Pain, la canzone piu` matura, una ballad che alterna riff stordenti a un lamento dimesso, in cui si avverte l'influenza di Neil Young e dei Replacements.
La sperimentazione giunge al limite della liquida jam psichedelica nella lunga Fripp. Strange Fruit e Show Me Mary sono invece i ritornelli orecchiabili di rito. Nessuno dei brani e` memorabile, ma lo sforzo e` encomiabile.

I Catherine Wheel si lasciano definitivamente alle spalle lo shoegazing con il sound chiassoso e sguaiato di Happy Days (Fontana, 1995). Il disco inizia addirittura al ritmo di galoppo grindcore con God Inside My Head, e continua all'insegna del boogie sudista con Little Muscle e delle distorsioni assordanti con Hole. Anche i ritornelli piu` innocui, quelli di Shocking e Judy Staring At The Sun, sono viziati da una tensione spasmodica. Questo stile teatrale e pretenzioso li porta inevitabilmente nel territorio della power-ballad (Eat My Dust e Heal). I tentativi di suonare minacciosi sono un po' patetici, ma, quando Dickinson urla il ritornello di Waydown su un barrage strumentale degno degli Smashing Pumpkins, il gruppo si conquista una sua dignita`. A differenza di buona parte degli shoegazer britannici, non mancano le idee ai Catherine Wheel: mancano pero` ancora le buone canzoni.

Adam And Eve (Mercury, 1997) rappresenta un punto di partenza piu` che di arrivo. Il sound impiega arrangiamenti molto piu` ambiziosi, e questo potrebbe essere un punto di arrivo come per qualsiasi musicista che con il tempo diventa piu` smaliziato. Ma quegli arrangiamenti sono messi al servizio di un intento melodico, intimista e romantico che diverge nettamente dal passato. La produzione e` il mezzo di cui il gruppo ha bisogno per esprimere una nuova sensibilita`. L'album e` strutturato come un concept che fluisce da un brano all'altro senza mai perdere il filo del discorso (un lungo saggio sulla nostalgia).
Le carezze delle chitarre di Rob Dickinson e Brian Futter pennellano la delicatissima fiaba di Future Boy, e la ballad Phantom Of The American Mother, un po' REM nel suo alternarsi di acustico e elettrico, di bisbiglio e di urlo. Le tastiere (prima l'organo Hammond e poi l'orchestra sintetica) trascinano l'orgia sonora di Here Comes The Fat Controller (il loro ennesimo omaggio a Wish You Were Here dei Pink Floyd, ma anche alla Like A Rolling Stone di Dylan) e Goodbye, che ne e` la naturale appendice, ancor piu` melodrammatica e nostalgica.
Il gruppo rispolvera gli stereotipi degli shoegazer nel singolo Delicious, e recupera la grinta rock and roll dei dischi precedenti, con la caratteristica cadenza solida e l'avvitarsi delle chitarre attorno ad accordi boogie, in Broken Nose e Satellite. Per intensita` emotiva, e` uno dei loro dischi fondamentali.

Like Cats And Dogs (Mercury, 1996) era stato semplicemente un album di varie ed eventuali, un episodio minore e un po' presuntuoso, ma cominciava a concepire le canzoni come nebulose di suoni, messe in orbita da tocchi minimi delle chitarre (al limite della new age nel caso di Saccharine).

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With the mini-album Wishville, Catherine Wheel complete their parable towards commercial grunge played by a sloppy band (Sparks Are Gonna Fly). What We Want To Believe redeems the album with a psychedelic tic. And the spectral dirge Idle Life revives hope for a more sincere future.

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