Summary.
Catherine Wheel debuted with a formidable synthesis of Neil Young's neurotic folk and Brian Wilson's eccentric pop on Ferment (1992), whose hammering mandalas wove colossal braids of distorsions around naive refrains.
Less dream-pop and more hard-rock on Chrome (1993) and Happy Days (1995) reinvented the sound of the band, until the ambitious arrangements
of Adam And Eve (1997) brought back the original pathos, with even a romantic and introverted twist.
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I Catherine Wheel furono originali nella loro interpretazione delle istanze
"shoegazer", forse anche perche' il loro sound si riallacciava alla new wave,
al dark-punk e al rock alternativo americano.
Grazie al canto maschio di Rob Dickinson e al chitarrismo effervescente di
Brian Futter, i cavalli di battaglia di Ferment (Fontana, 1992)
suonano infinitamente piu` sofisticati del resto della psichedelia Britannica
del tempo. Se She's My Friend (Wilde Club, 1990),
il singolo d'esordio, vanta soltanto una melodia facile,
Black Metallic e` una lunga e tormentata arringa alla
Neil Young con effetti psichedelici alla Echo And The Bunnymen.
Le atmosfere elettrizzanti di Texture non conducono in realta` da nessuna parte, ma l'effetto
delle loro armonie dense e febbrili e` allucinogeno.
Brani come I Want To Touch You (e in misura minore
Tumbledown) si reggono praticamente soltanto sul chitarrismo spettacolare di
Futter, che, nel segno di Hendrix e di Clapton, elabora mandala martellanti
attorno a quelli che in realta` sono semplicemente riff
di powerpop, oppure (Indigo Is Blue, Bill And Ben) erige pareti colossali di distorsioni attorno ai ritornelli
innocui del partner.
I Catherine Wheel si conquistano un posto di rilievo fra i
"rumoristi" post-psichedelici per i loro tornado strumentali.
Chrome (Fontana, 1993) usa proprio quel rumore per varare una fase
piu` rock e meno dream-pop (nonche' piu` orecchiabile e meno cacofonica).
La marziale Kill Rhythm e la sincopata Chrome ammiccano
all'hard-rock melodico.
Su un bunker di sonorita` grunge e doom si leva il ritornello eroico di I Confess.
La ricerca di un nuovo equilibrio fra lo stile di prima e quello di adesso ha sortito risultati meno banali in
Broken Head, alla Soft Boys, in Crank, che testimonia della parentela con i Pixies, e in Pain, la canzone
piu` matura, una ballad che alterna riff stordenti a un lamento dimesso, in cui si avverte l'influenza di Neil
Young e dei Replacements.
La sperimentazione giunge al limite della liquida jam psichedelica nella lunga
Fripp.
Strange Fruit e Show Me Mary sono invece i ritornelli
orecchiabili di rito. Nessuno dei brani e`
memorabile, ma lo sforzo e` encomiabile.
I Catherine Wheel si lasciano definitivamente alle spalle lo shoegazing con
il sound chiassoso e sguaiato di Happy Days (Fontana, 1995).
Il disco inizia addirittura al ritmo di galoppo grindcore con
God Inside My Head, e continua
all'insegna del boogie sudista con Little Muscle e delle distorsioni
assordanti con Hole.
Anche i ritornelli piu` innocui, quelli di Shocking e Judy Staring At The Sun, sono viziati da una tensione spasmodica. Questo stile teatrale e
pretenzioso li porta inevitabilmente nel territorio della power-ballad (Eat My Dust e Heal). I tentativi di
suonare minacciosi sono un po' patetici, ma, quando Dickinson urla il ritornello di Waydown su un
barrage strumentale degno degli Smashing Pumpkins, il gruppo si conquista una sua dignita`.
A differenza di buona parte degli shoegazer britannici, non mancano le idee ai Catherine Wheel: mancano pero` ancora le buone canzoni.
Adam And Eve (Mercury, 1997)
rappresenta un punto di partenza piu` che
di arrivo. Il sound impiega arrangiamenti molto piu` ambiziosi, e questo
potrebbe essere un punto di arrivo come per qualsiasi musicista che con il
tempo diventa piu` smaliziato. Ma quegli arrangiamenti sono messi al servizio
di un intento melodico, intimista e romantico che diverge nettamente dal
passato. La produzione e` il mezzo di cui il gruppo ha bisogno per esprimere
una nuova sensibilita`. L'album e` strutturato come un concept che fluisce da
un brano all'altro senza mai perdere il filo del discorso (un lungo saggio
sulla nostalgia).
Le carezze delle chitarre di Rob Dickinson e Brian Futter pennellano la
delicatissima fiaba di Future Boy, e la ballad Phantom Of The American
Mother, un po' REM nel suo alternarsi di acustico e elettrico, di bisbiglio e
di urlo.
Le tastiere (prima l'organo Hammond e poi l'orchestra sintetica) trascinano
l'orgia sonora di Here Comes The
Fat Controller (il loro ennesimo omaggio a Wish You Were Here dei Pink Floyd,
ma anche alla Like A Rolling Stone di Dylan) e Goodbye, che ne e` la
naturale appendice, ancor piu` melodrammatica e nostalgica.
Il gruppo rispolvera gli stereotipi degli shoegazer nel singolo Delicious,
e recupera la grinta rock and roll dei dischi precedenti, con la caratteristica
cadenza solida e l'avvitarsi delle chitarre attorno ad accordi boogie, in
Broken Nose e Satellite.
Per intensita` emotiva, e` uno dei loro dischi fondamentali.
Like Cats And Dogs (Mercury, 1996) era stato semplicemente un album di varie ed
eventuali,
un episodio minore e un po' presuntuoso, ma cominciava a concepire le canzoni
come nebulose di suoni, messe in orbita da tocchi minimi delle chitarre
(al limite della new age nel caso di Saccharine).
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