Crime And The City Solution
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Dangling Man, 6/10 (EP)
Just South Of Heaven, 7/10 (EP)
Room Of Lights, 7/10
Shine, 7/10
Bride Ship, 6/10
Paradise Discotheque, 6.5/10
Simon Bonney: Forever , 6/10
Simon Bonney: Everyman , 6/10
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Summary
When former Birthday Party members Rowland Howard (guitar) and Mick Harvey (keyboards), and former Swell Maps member Epic Soundtracks (drums) joined Simon Bonney's project Crime And The City Solution, the result was the gothic nightmare of Room Of Lights (1986), reminiscent of the darker edges of spiritual, blues and gospel music, and heavily influenced by Nick Cave's metaphysical suspense. Shine (1988), virtually a solo (and emphatic) Bonney record with Harvey sculpting ghostly atmospheres, began the mutation towards an eclectic, theatrical, pop and artful sound, which ended and peaked with the four-part suite The Last Dictator, off Paradise Discotheque (1990).
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I Crime And The City Solution erano il gruppo del cantante Simon Bonney. All'inizio si trattava di un complesso fra amici, ma l'ingresso del chitarrista Rowland Howard e del batterista Mick Harvey, entrambi ex Birthday Party, ne aumentarono istantaneamente le ambizioni.

E infatti l'EP Dangling Man (Mute, 1985) scorre all'insegna del blues gotico ed invasato che era stato dei Birthday Party. A Dangling Man e At The Crossroads mancano soltanto le liriche apocalittiche di Cave.

Non era comunque quella la vocazione di Bonney. La personalita` del cantante inizio` a prendere forma sull'EP Just South Of Heaven (Mute, 1985). La formazione era ancor piu` blasonata, grazie all'ingresso di Epic Soundtracks (ex Swell Maps ) alla batteria, e gli arrangiamenti erano piu` forbiti, grazie al lavoro di tastiere di Harvey. Il tono medio delle canzoni era quello di un blues solenne e austero. Dall'atmosfera fatale e apocalittica di Rose Blue a quella sinistra e tribale di Coal Train, da quella rarefatta e tenebrosa di Stolen And Stealing a quella elettrica e grintosa di Five Stone Walls, dalla melodrammatica e trascinante Trouble Come This Morning alla dimessa e spettrale Wailing Wall, l'impressione e` che il complesso tenti di fondare un lied da camera per piccolo ensemble rock. La dote suprema del nuovo genere e` la capacita` di costruire un'agghiacciante tensione drammatica attraverso l'alternarsi di accompagnamenti apparentemente free form ma in realta` sempre dotati di una straordinaria forza di coesione e sempre propulsi da cadenze inquietanti. E` uno dei piu` grandi, e autentici, dischi di blues moderno. Bonney e i suoi collaboratori si avviavano a contendere a Nick Cave lo scettro della canzone d'autore australiana.

Il primo vero album, Room Of Lights (Mute, 1986), presento` un complesso in ottima forma, guidato da un cantante sempre piu` carismatico. La ballata gotica Six Bells Chime, la sarabanda blues con tribalismi voodoo di Hey Sinkiller, il tetro e marziale spiritual pianistico di Brother Songs (che assomiglia alla Venus In Fur dei Velvet Underground suonata al rallentatore) e le altre catalessi del disco eccellono in una tecnica narrativa, spesso (come nel crescendo barrelhouse di No Money No Honey) simile a quella istrionica di Jim Morrison, che sa costruire il clima e le tensioni di un thriller ma come filtrate attraverso la nevrosi di un eroinomane. Una strumentazione scarna e allucinata sottolinea le storie di morte e depravazione salmodiate dall'enfatico registro gospel di Simon Bonney (talvolta vicino ai melismi lisergici di Tim Buckley). Gli stridori metallici da "foglio di lamiera" e i riverberi psichedelici generati dalla chitarra di Howard, e i cupi poliritmi da giungla di Epic Soundtracks erigono armonie fosche e malate su cui una voce moribonda ricama desolazione e silenzi.
Il diluvio finale di Her Room Of Lights e` invece uno scatenato voodoobilly con vocalizzi sguaiati da tregenda e il passo incalzante dei Velvet Underground. I Crime imitano i Bad Seeds, con Bonney nei panni di un Cave meno demoniaco, i Teenage Jesus, con Bonney nei panni di una Lunch meno isterica, e i Pere Ubu, con Bonney nei panni di un Thomas meno surreale. Ma il riferimento principale rimane The End, lo psicodramma gotico per eccellenza della musica rock.

Howard e Soundtracks lasciarono pero` Bonney per andare a formare i These Immortal Souls. Bonney divenne di nuovo padrone assoluto dei Crime And The City Solution e la sua personalita` di cantante blues a meta` strada fra Nick Cave e Jim Morrison sara` al centro di tutti i dischi successivi.

Bonney decise di trasferirsi a Berlino e assoldo` Bronwyn Adams al violino, Alexander Hacke alla chitarra, Chrislo Haas all'elettronica e Thomas Stern al basso (Hacke proveniva dagli Einsturzende Neubaten e Haas dai D.A.F.).

Inevitabilmente Bonney domina, con il suo "crooning" sibillino, l'album Shine (Mute, 1988), un lavoro melodico e finanche rilassato (perlomeno in confronto ai dischi precedenti), lontano dal modello originale dei Birthday Party. Il cantante e` ormai maestro nello scolpire il blues angosciato di All Must Be Love o la serenata in punta di piedi di Angel in scenari sonori quasi deserti, dai quali spunta ogni tanto un lamento del violino o un arpeggio di chitarra, un rintocco d'organo o un battito catatonico di batteria. Nelle loro mezze frasi bisbigliate rivive lo spleen abissale di Tim Buckley e nei loro crescendo rapiti si avvertono i brividi delle trenodie dei Velvet . Questo metodo di "ambientazione" trionfa in On Every Train, con un ritmo che cresce piano piano fino a diventare una vertigine da incubo e il violino che gioca il ruolo della viola di Cale nei Velvet Underground.
Un pizzico di veemenza in piu` connota Hunter, che pertanto risulta allucinata alla Nick Cave (nonche' pregna della sua stessa allegoria metafisica), ma l'atmosfera onirica di Fray So Slow, con l'organo distorto e rumori intermittenti, scava ancora piu` a fondo nei recessi dell'animo umano. Culmine di tensione e suspence e` la confessione apocalittica di Steal To The Sea, che accomuna l'estasi ipnotica del raga alla progressione "malata" di Venus In Furs, che si ripete uguale e sempre diversa fino all'esaurimento di tutte le energie, bagno catartico e palingenesi spirituale. Questo viaggio dentro l'agonia esistenziale di Bonney si chiude con Home Is Far From Here, al ritmo di un sintetizzatore che sembra una goccia che cade, ma che modula anche una melodia intrisa di infinita nostalgia (e che richiama anche l'inizio di Hunter).

Bride Ship (Mute, 1989) non allenta la morsa, ma si chiude sul nocciolo armonico del loro sound in maniera quasi paranoica. Trabocca di infinita nostalgia Shadow Of No Man, che Bonney recita come una fiaba e Adams ricopre di accordi celestiali; e` duro come la roccia di cui parla il tessuto di Stone; la cupa parabola di Keepsake spegne tutte le luci. Ma il clou del disco, e forse il testamento spirituale di Bonney, e` la suite in tre movimenti The Bride Ship, il cui primo movimento raggiunge livelli spasmodici di suspence attraverso un crescendo vagamente indiano alla Venus In Fur dei Velvet Underground.

Paradise Discotheque (Mute, 1990) conserva la stessa melodrammaticita` e anzi accentua la complessita` degli arrangiamenti e la profondita` filosofica dei testi. Ben diretto da Harvey, il combo si dimostra superbo arrangiatore e manipolatore di stilemi. L'excursus stilistico e` impressionante, da I Have The Gun che si ispira al folk-rock epico dei Walkabouts a Motherless Child che resuscita la cadenza febbrile di Venus (Shocking Blue). Bonney, dal canto suo, predica piu` invasato che mai, ma questo disco trova un difficile equilibrio fra la sua prepotente personalita` la raffinata musicalita` degli altri. The Sly Persuaders e` un' "horror story" alla Nick Cave, ma puntellata da violini classicheggianti, fiati rhythm and blues e ritmo swingante. L'atmosfera di fantasmi di The Dolphins And The Sharks si regge sulle dissonanze di piano stonato, sui lamenti lugubri dei violini, sui rumori indecifrabili di sottofondo. The Sun Before The Darkness, a meta` strada fra frenesia tzigana e tablas indiane, e` composta di frammenti melodici che fluttuano liberi. I ritmi sono sempre incalzanti, marziali, solenni. L'idea della suspense metafisica di Cave viene rivisitata alla luce di un approccio piu` "pop" ma non meno teatrale.
Il canto del cigno del gruppo e` la lunga suite The Last Dictator, i cui quattro movimenti (il primo ispirato dal pomposo melodramma pop di Jim Steinman, il secondo affidato a clarinetti free-jazz e tribalismi africani, il terzo a meta` strada fra balletto classico e cabaret decandete, il quarto in vena di apoteosi) smascherano addirittura libidini "progressive" degne dei primi Genesis e dei primi King Crimson.

Sciolto il gruppo e trasferitosi a Los Angeles, Bonney ha dato libero sfogo alle sue ambizioni country sull'album Forever (Mute, 1992), ma in un modo cosi` depresso e intimista da far rispolverare il nome di Leonard Cohen (soprattutto in Ravenswood).

Ancora in gran parte acustico, il concept Everyman (Mute, 1996) e` il parto di un discepolo di Gram Parsons, un affresco concettuale dell'altra faccia del "sogno americano". Canzoni come Don't Walk Away From Love e This Is What You Made Me rimescolano mezzo secolo di musica bianca del Sud. La title-track, strutturata sulla falsariga di Red Headed Stranger, e` un indiretto omaggio a Willie Nelson. Il tema del disco e` il pellegrinaggio di un disoccupato alla ricerca di lavoro nella provincia rurale degli USA. Le sue sofferenze e le sue tentationi ricordano un po' la passione di Gesu`.

Personaggio ancora da scoprire, ricco di pathos morboso, Bonney non ha mai sbagliato un disco e ha scritto alcune delle pagine piu` commoventi dei secondi anni '80.

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Mick Harvey's One Man's Treasure (2005) and Two Of Diamonds (2007), were mostly devoted to covers, following soundtracks and a Serge Gainsbourg tribute. Sketches from the Book of the Dead (2011) was the first collection entirely composed by him (at the age of 50), but it didn't fare well at all: just too self-absorbed, too indifferent to the music, too verbose.

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