Summary
When former Birthday Party members Rowland Howard (guitar) and Mick Harvey (keyboards), and former Swell Maps member Epic Soundtracks (drums) joined Simon Bonney's project Crime And The City Solution,
the result was the gothic nightmare of Room Of Lights (1986),
reminiscent of the darker edges of spiritual, blues and gospel music, and
heavily influenced by Nick Cave's metaphysical suspense.
Shine (1988), virtually a solo (and emphatic) Bonney record with
Harvey sculpting ghostly atmospheres, began the mutation towards an
eclectic, theatrical, pop and artful sound, which ended and peaked with the four-part suite The Last Dictator, off Paradise Discotheque (1990).
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I Crime And The City Solution erano il gruppo del cantante Simon Bonney.
All'inizio si trattava di un complesso fra amici, ma l'ingresso
del chitarrista Rowland Howard e del batterista Mick Harvey,
entrambi ex Birthday Party,
ne aumentarono istantaneamente le ambizioni.
E infatti l'EP Dangling Man (Mute, 1985) scorre all'insegna del blues
gotico ed invasato che era stato dei Birthday Party.
A Dangling Man e At The Crossroads
mancano soltanto le liriche apocalittiche di Cave.
Non era comunque quella la vocazione di Bonney. La personalita` del cantante
inizio` a prendere forma sull'EP Just South Of Heaven (Mute, 1985).
La formazione era ancor piu` blasonata, grazie all'ingresso di
Epic Soundtracks (ex Swell Maps )
alla batteria, e gli arrangiamenti erano piu` forbiti, grazie al lavoro di
tastiere di Harvey. Il tono medio delle canzoni era quello
di un blues solenne e austero.
Dall'atmosfera fatale e apocalittica di Rose Blue a quella
sinistra e tribale di Coal Train, da quella rarefatta e tenebrosa di Stolen And Stealing a
quella elettrica e grintosa di Five Stone Walls, dalla melodrammatica e trascinante Trouble
Come This Morning alla dimessa e spettrale Wailing Wall, l'impressione e` che il complesso
tenti di fondare un lied da camera per piccolo ensemble rock. La dote suprema del nuovo genere e` la
capacita` di costruire un'agghiacciante tensione drammatica attraverso l'alternarsi di accompagnamenti
apparentemente free form ma in realta` sempre dotati di una straordinaria forza di coesione e sempre
propulsi da cadenze inquietanti. E` uno dei piu` grandi, e autentici, dischi di blues moderno.
Bonney e i suoi collaboratori si avviavano a contendere a Nick Cave lo scettro
della canzone d'autore australiana.
Il primo vero album, Room Of Lights (Mute, 1986), presento` un complesso
in ottima forma, guidato da un cantante sempre piu` carismatico.
La ballata gotica Six Bells Chime, la sarabanda blues con tribalismi
voodoo di Hey Sinkiller, il tetro e marziale spiritual pianistico di Brother Songs (che
assomiglia alla Venus In Fur dei Velvet Underground suonata al rallentatore) e le altre catalessi del disco
eccellono in una tecnica narrativa, spesso (come
nel crescendo barrelhouse di No Money No Honey) simile a quella istrionica di Jim Morrison, che
sa costruire il clima e le tensioni di un thriller ma come filtrate attraverso la nevrosi di un eroinomane.
Una strumentazione scarna e allucinata sottolinea le storie di morte e depravazione salmodiate
dall'enfatico registro gospel di Simon Bonney (talvolta vicino ai melismi lisergici di Tim Buckley). Gli
stridori metallici da "foglio di lamiera" e i riverberi psichedelici generati dalla chitarra di Howard, e i cupi
poliritmi da giungla di Epic Soundtracks erigono armonie fosche e malate su cui una voce moribonda
ricama desolazione e silenzi.
Il diluvio finale di Her Room Of Lights e` invece uno scatenato
voodoobilly con vocalizzi sguaiati da tregenda e il passo incalzante dei Velvet Underground. I Crime
imitano i Bad Seeds, con Bonney nei panni di un Cave meno demoniaco, i Teenage Jesus, con Bonney nei
panni di una Lunch meno isterica, e i Pere Ubu, con Bonney nei panni di un Thomas meno surreale. Ma
il riferimento principale rimane The End, lo psicodramma gotico per eccellenza della musica
rock.
Howard e Soundtracks lasciarono pero` Bonney per andare a
formare i These Immortal Souls.
Bonney divenne di nuovo padrone assoluto dei Crime And The City Solution
e la sua personalita` di cantante blues a meta` strada fra
Nick Cave e Jim Morrison sara` al centro di tutti i dischi successivi.
Bonney decise di trasferirsi a Berlino e assoldo`
Bronwyn Adams al violino, Alexander Hacke alla
chitarra, Chrislo Haas all'elettronica e Thomas Stern al basso
(Hacke proveniva dagli Einsturzende Neubaten e Haas dai D.A.F.).
Inevitabilmente Bonney domina, con il suo "crooning" sibillino, l'album
Shine (Mute, 1988), un lavoro melodico e finanche rilassato
(perlomeno in confronto ai dischi precedenti), lontano dal modello originale
dei Birthday Party. Il cantante e` ormai maestro nello
scolpire il blues angosciato di All Must Be Love o la serenata in punta di piedi di Angel in
scenari sonori quasi deserti, dai quali spunta ogni tanto un lamento del violino o un arpeggio di chitarra,
un rintocco d'organo o un battito catatonico di batteria. Nelle loro mezze frasi bisbigliate rivive lo spleen
abissale di Tim Buckley e nei loro crescendo rapiti si avvertono i brividi delle trenodie dei Velvet
. Questo metodo di "ambientazione" trionfa in On Every Train, con un ritmo che
cresce piano piano fino a diventare una vertigine da incubo e il violino che gioca il ruolo della viola di
Cale nei Velvet Underground.
Un pizzico di veemenza in piu` connota Hunter, che pertanto risulta
allucinata alla Nick Cave (nonche' pregna della sua stessa allegoria metafisica), ma l'atmosfera onirica di
Fray So Slow, con l'organo distorto e rumori intermittenti, scava ancora piu` a fondo nei recessi
dell'animo umano. Culmine di tensione e suspence e` la confessione apocalittica di Steal To The
Sea, che accomuna l'estasi ipnotica del raga alla progressione "malata" di Venus In Furs, che
si ripete uguale e sempre diversa fino all'esaurimento di tutte le energie, bagno catartico e palingenesi
spirituale. Questo viaggio dentro l'agonia esistenziale di Bonney si chiude con Home Is Far From
Here, al ritmo di un sintetizzatore che sembra una goccia che cade, ma che modula anche una
melodia intrisa di infinita nostalgia (e che richiama anche l'inizio di Hunter).
Bride Ship (Mute, 1989) non allenta la morsa, ma si
chiude sul nocciolo armonico del loro sound in maniera quasi paranoica.
Trabocca di infinita nostalgia Shadow Of No Man, che Bonney recita come
una fiaba e Adams ricopre di accordi celestiali; e` duro come la roccia di cui
parla il tessuto di Stone; la cupa parabola di Keepsake spegne
tutte le luci. Ma il clou del disco, e forse il testamento spirituale di Bonney, e` la suite in tre movimenti
The Bride Ship, il cui primo movimento raggiunge livelli spasmodici di suspence attraverso un
crescendo vagamente indiano alla Venus In Fur dei Velvet Underground.
Paradise Discotheque (Mute, 1990) conserva la stessa melodrammaticita` e
anzi accentua la complessita` degli arrangiamenti e la profondita` filosofica
dei testi. Ben diretto da Harvey, il combo si dimostra superbo arrangiatore
e manipolatore di stilemi. L'excursus stilistico e` impressionante, da
I Have The Gun che si ispira al folk-rock epico dei Walkabouts a
Motherless Child che resuscita la cadenza febbrile di Venus
(Shocking Blue).
Bonney, dal canto suo, predica piu` invasato che mai, ma questo disco trova
un difficile equilibrio fra la sua prepotente personalita` la raffinata
musicalita` degli altri. The Sly Persuaders e` un' "horror story" alla
Nick Cave, ma puntellata da violini classicheggianti, fiati rhythm and blues
e ritmo swingante. L'atmosfera di fantasmi di The Dolphins And The Sharks
si regge sulle dissonanze di piano stonato, sui lamenti lugubri dei violini,
sui rumori indecifrabili di sottofondo.
The Sun Before The Darkness, a meta` strada fra frenesia tzigana e
tablas indiane, e` composta di frammenti melodici che fluttuano liberi.
I ritmi sono sempre incalzanti, marziali, solenni. L'idea della suspense
metafisica di Cave viene rivisitata alla luce di un approccio piu` "pop"
ma non meno teatrale.
Il canto del cigno del gruppo e` la lunga suite The Last Dictator, i cui
quattro movimenti (il primo ispirato dal pomposo melodramma pop di Jim Steinman,
il secondo affidato a clarinetti free-jazz e tribalismi africani, il terzo
a meta` strada fra balletto classico e cabaret decandete, il quarto in vena di
apoteosi) smascherano addirittura libidini "progressive" degne dei primi
Genesis e dei primi King Crimson.
Sciolto il gruppo e trasferitosi a Los Angeles, Bonney ha dato
libero sfogo alle sue ambizioni country sull'album
Forever (Mute, 1992), ma in un modo cosi` depresso e
intimista da far rispolverare il nome di Leonard Cohen
(soprattutto in Ravenswood).
Ancora in gran parte acustico, il concept Everyman (Mute, 1996)
e` il parto di un discepolo di Gram Parsons, un affresco
concettuale dell'altra faccia del "sogno americano".
Canzoni come Don't Walk Away From Love e This Is What You Made Me
rimescolano mezzo secolo di musica bianca del Sud.
La title-track, strutturata sulla falsariga di Red Headed Stranger, e` un indiretto omaggio a Willie Nelson.
Il tema del disco e` il pellegrinaggio di un disoccupato alla ricerca di lavoro
nella provincia rurale degli USA. Le sue sofferenze e le sue tentationi
ricordano un po' la passione di Gesu`.
Personaggio ancora da scoprire, ricco di pathos morboso, Bonney non ha mai
sbagliato un disco e ha scritto alcune delle pagine piu` commoventi dei secondi anni '80.
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