- Dalla pagina su DJ Krush di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
DJ Krush (vero nome Hideaki Ishi), è un turntablist nato a Tokyo nel 1962 che ha iniziato a suonare dal vivo con alcune band nel 1992. I suoi album solisti sono per lo più strumentali. Appartengono all'hip-hop soltanto di facciata: costruisce paesaggi sonori (non tracce dance) popolati con frammenti di melodie (di solito tastiere), ritmi vecchia scuola, linee di basso simili a dub, frasi di fiati ispirate a Miles Davis, scratch di giradischi e crooning da diva piena di sentimento, e possiede un forte feeling jazz.
Krush (Chance, 1993 - Ninty-Nine, 1995) ha affermato DJ Krush alla guida dell'hip-hop giapponese con pezzi di psichedelia, dub jazz-rock (Roll & Tumble, On The Dub-ble, Into The Water, Murder Of Soul) ma l'artista ha ridotto notevolmente l'impatto ritmico sul suo secondo album, Strictly Turntablised (Mo'Wax, 1994), che rimane forse il suo lavoro più completo, grazie a brani eleganti come Kemuri (ampiamente considerato uno dei momenti decisivi del trip-hop) e Silent Ungah.
L'elemento jazz è meno visibile su Meiso (Mo'Wax, 1995), che riporta la voce in primo piano, ma i beat sono ormai eccessivamente forti e troppi rapper distolgono l'attenzione dalla musica sottostante. La traccia migliore è una collaborazione con DJ Shadow, Duality, e questo per DJ Krush non è un buon segno.
Questo album suonava principalmente come un tentativo di prendere di mira il mainstream statunitense.
MiLight (Mo'Wax, 1997) è un'altra delusione, se non altro perché è il suo album più tradizionale finora (Hitotsu No Mirai, Skin Against Pelle). Ancora una volta, non è un buon segno che il pezzo migliore sia una collaborazione con DJ Cam, l'incubo trip-hop da 10 minuti Le Temps.
La tromba di Toshinori Kondo riscatta Ki-Oku (Apollo, 1998 - Instinct, 1999), aiutando DJ Krush a inventare alcune ballate malinconiche e pezzi dall'atmosfera swing. L'ariosa fanfara afro-jazz con beat disco di Toh-Sui, la ninna nanna celestiale in chiave reggae di Sun Is Shining, il lamento romantico di Mu-Chu (intrappolati in un reticolo di tintinnii surreali e percussioni paludose) offrono musica easy listening tanto kitsch quanto sofisticata.
Si aggiungano il trip-hop funebre e sognante di Mu-Getsu, il malarico Miles Davis di Ho-Doh e Bu-Seki, la musica dance caraibica di Fu-Yu, la ballata piena di sentimento di Shoh-Ka, ecc.
La maestosa melodia di Ki-Gen svetta sopra il divertissment, ritmato in un paesaggio spettrale da respiri sensuali e gong lontani.
Questi pezzi si collocano sicuramente tra lwe sue hit migliori ma, ancora una volta, l'ospite potrebbe essere più importante dell'ospitante.
Kakusei (Sony, 1998) è un lavoro più rilassato che mette in risalto la mente orientale di Ishi. L'album è equamente diviso tra trip-hop contemplativo (Final Home, The Dawn, Crimson) e hip-hop acrobatico (Kinetics, Krushed Wall) ma l'anima dell'artista batte (scusate il gioco di parole) per il primo.
Code4109 (Sony, 2000) raccoglie alcune delle sue esibizioni dal vivo.
Zen (Sony, 2001) continua nella progressione verso uno stile meno fratturato, sostituendo i rapper con cantanti (Danger Of Love) e razionalizzando il beat (Day's End, con tromba), nonostante un'incursione anticonformista nel drum'n'bass (Sonic Traveller).
The Message At The Depth (Sony, 2003) è un altro album di transizione, un confuso miscuglio di semplici esperimenti hip-hop e illbient ( Sanity Requiem) e citazioni da stili alla moda (resi più credibili dagli illustri cantanti/rapper ospiti). L'atmosfera è più dark e cupa.
Jaku (Red Ink, 2004) è una sorta di tributo hip-hop alle sue radici giapponesi, che impiega principalmente strumenti giapponesi (lo tsugaru-jamisen di Shinishi Kinoshita per Beyond Raging Waves, lo shakuhachi di Shuuzan Morita per Still Island e The Beginning) e strumenti jazz (pianoforte e violoncello per Stormy Cloud, il sassofono di Akira Sakata per Slit of Cloud) per creare le stesse atmosfere decadenti. L'effetto è, per i suoi standard, sereno (come il titolo dell'album suggerisce).
Stepping Stones - Lyricism (2006) e Stepping Stones - Soundscapes (2006) sono raccolte di self-remix.
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