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Gli Eat Static (il batterista Merv Pepler e il tastierista Joie Hinton degli
Ozric Tentacles)
sono protagonisti di una musica da ballo felicemente
emancipata dagli stereotipi degli anni '90. Il loro e` techno, ma non ha
nulla della glaciale alienazione del genere. Il loro e` hip-hop, ma non ha
lo spirito arrabbiato di strada. Cio` che rende diversa la loro musica, e`
da un lato l'ebbrieta` quasi infantile e dall'altro gli scenari da
ciberspazi alieni, due aspetti che, messi assieme, rimandano alla
follia hippie dei Gong.
Nel 1991 il gruppo esordi` con due singoli
(Inanna/ Medicine Wheel, Monkey Man/ Habi Beep), seguiti dall'EP
Alien (1993), con
Almost Human,
The Fourth Dimension,
Pupae and
Mother Planet,
e una cassetta riedita anni dopo
su un doppio CD, Prepare Your Spirit (Mesmobeat, 2001).
The Alien EPs (Mesmobeat, 2000) compiles the first three singles, while
the album Alien Artifacts (2005) is a terrible compilation of "rarities".
L'album Abduction (Planet Dog, 1993) e l'EP Lost In Time
furono le prime prove mature.
Il metodo di Abduction consiste in una locomotiva sfrenata e policroma
di suoni in rapido movimento, con richiami alla fantascienza "kraftwerkiana"
(Prana, Kinetic Flow, Xenomorph, soprattutto
Splitting World) e ai tribalismi esotici (Gulf Breeze,
Kalika, soprattutto Forgotten Rites).
Implant (Planet Dog, 1995) riprende da li`, con la stessa effervescente
frenesia e lo stesso
spirito goliardico. Survivors e` emblematica di quel flusso elegante di
poliritmi incalzanti crivellato di pernacchie elettroniche, e` emblematica
cioe` del modo in cui possono coesistere la piu` pedante tecnologia da ballo e
la novelty piu` birichina.
La title-track scatena una cadenza da cardiopalmo con piglio da
cabaret di androidi e una sequenza che sembra campionare uno stacchetto funky
di chitarra.
Abnormal Interference perde qualcosa di quella verve ottimista per indagare
con sussiego para-scientifico nelle maglie del folk mediorientale.
Panspermia trascende il genere e forse lo sublima disegnando una traiettoria
onirica e cosmica di piccoli rumori a ritmo meccanico.
Il momento di riflessione prosegue con l'atmosfera un po' piu` dub e new age
di Area 51.
Poi il galoppo riprende con rinnovata lena e indomito umorismo in Cydonia.
Otto brani strumentali per un totale rinnovamente del genere.
L'esuberanza ritmica si accoppia a una visione ottimista del mondo, ribaltando
quella che era stata la premessa storica del techno. Il lavoro sui timbri
elettronici (che sembrano antiquati al cospetto dei macchinari ciclopici
della concorrenza) e` in realta` perfettamente in linea con questa ideologia
positiva. Il techno di Eat Static e` molto umano, molto poco meccanico.
Epsylon (Planet Dog, 1995) alza la posta del loro techno comico/cosmico
con un'arte di certosini campionamenti transglobali, che da` luogo tanto
al drum'n'bass mediorientale di Dionysiac
quanto all'house caraibica di Peeow
I dieci minuti di Undulattice (con le voci mediorientali rifratte
e deformate e accenni di danza persiana)
e l'irresistibile cadenza di Gulf Breeze
(con le voci appena schizzate dentro le geometriche progressioni delle
drum-machine)
dimostrano piu` che altro un'eleganza sempre piu` barocca.
L'intuizione non viene pero` sfruttata a fondo, e alla fine l'album
passa gran parte del tempo semplicemente a battere il tempo.
I nove minuti di Epsylon si aprono fra sibili di oggetti siderali,
ma poi si perdono dentro la pulsazione incalzante dei sequencer.
Meglio allora il funk allucinato di Lost In Time, proiettato su orbite
sempre piu` alte da travolgenti poliritmi.
Il singolo Hybrid si attiene
a quello standard professionale e un po' frigido.
Science Of The Gods (Planet Dog, 1997)
insiste in quella direzione. Gli Eat Static sono diventati
adulti e non scherzano piu` con la loro musica.
I brani si sono ulteriormente allungati (molti sui dieci minuti) e le
armonie sfavillano di ritrovati tecnologici.
La title-track, uno dei loro capolavori, consta di quattro movimenti,
ciascuno dei quali sfuma nel successivo: un canonico "drum and bass", un
tribalismo africano, un comico, sincopato balletto per robot, e una sfrenata
danza brasiliana. Questa volta la fusione con il folk etnico non e` verticale,
a strati, ma orizzontale, per metamorfosi.
Le idee sono meno fluide nella successiva Interceptor, che si attiene a un
"drum and bass" piu` convenzionale, cospargendola di effetti sonori.
Kryll indovina un battito trascinante e lo deforma senza pieta`.
Spawn raddoppia la frequenza e ritorna a vertici assoluti di dinamismo.
Dopo un paio di brani un po' troppo cerebrali, l'indiavolata pulsione
primordiale di Contact rappacifica il gruppo con le discoteche piu` hardcore.
L'estenuante Hangar che chiude il disco e` invece emblematica delle velleita`
sperimentali del duo: un pastiche dadaista di sonorita` eccentriche che pero`
non riescono a coagulare in una suite elettronica, fantasia melodica o altro.
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