- Dalla pagina sugli Eric's Trip di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
Gli Eric's Trip sono stati un gruppo fondamentale nel rinnovamento della scena canadese degli anni '90 e sono stati anche una fucina di talenti. Il loro stile, melodico ma "rumoroso", si allinea a quello del noise-rock americano di quegli anni.
Provenienti dallo stato canadese del New Brunswick, annoveravano la bassista Julie Doiron (1972) e il cantante Rick White (1970) ed esordirono con un paio di registrazioni casalinghe.
L'EP omonimo (Nim, 1992) offrì le prime gemme di power pop distorto
(Belong, Red Haired Girl e soprattutto Mirror).
Sul secondo EP Peter (Murder) svettano le melodie ancor più
oniriche di Deeper, Tangles e soprattutto Listen e
Need. La qualità rimane amatoriale anche nel terzo EP,
Songs About Chris (SubPop), con Hurt e qualche ripetizione,
tanto da far parlare di Dinosaur Jr e Sebadoh.
La progressione verso la maturità culmina nell'album
Love Tara (Subpop, 1993), che conferma la propensione per la ballata melodica, debitamente
deformata dalle chitarre, ma rivela anche una forte influenza delle nenie
allucinate di Lou Reed. E' un disco in cui capita di tutto: si rifà il verso a Neil Young, timidamente, in Behind The Garage, si cantilena un salmo
fatato alla Nico come Secret For Julie, si imita il "roots-rock"
grottesco dei Violent Femmes in Spring. Non tutto è dolce e tenero,
anzi l'esuberante powerpop di Anytime You Want e il boogie arroventato
di Follow li pongono all'estremo più rumoroso.
All'altro capo del loro universo artistico c'è invece il folk minimale di
June e To Know Them, minuscole ed esilissime, ma con forse gli
arrangiamenti più sperimentali, fino al limite del puro bisbiglio in
Stove, culmine della loro musica dimessa e domestica, arrangiata in modo
spartano e primitivo, ma sempre orecchiabile e condita con qualche "rumore" di
sottofondo. In tutti i casi, in entrambi gli estremi (troppo cauto e troppo
rumoroso), gli Eric's Trip non abbandonano mai la melodia, che rimane la
struttura portante, prima ancora di tutte le trovate di arrangiamento.
Gli Eric's Trip hanno trovato un modo tutto schizofrenico di esprimere l'ansia
del loro tempo, capaci di passare con disinvoltura da un eccesso di violenza
brada come Blinded a una tenera ballata acustica come
Allergic To Love. Nessun brano è di troppo, nessuno è banale,
nessuno si ripete.
Si tratta di una delle prove più mature, coraggiose e sensibili dell'anno,
fuori da tutte le correnti come spesso soltanto i Canadesi più isolati lo sanno
essere.
Il felice momento del gruppo viene confermato nel 1994 dal singolo Warm Girl.
La loro statura viene invece ridotta dal successivo Forever Again (Subpop, 1994), che, a parte un altro boogie leggero alla Lou Reed, Girlfriend, qualche felice ritornello anni '60 (Always There) e due/tre folk demenziali alla Violent Femmes (Cloudy, Hate Song), non annovera numeri di grido. Una cosa è il primitivismo, una cosa è l'incompiuto, il frammentario, lo sfocato.
Purple Blue (SubPop, 1996) recupera parte del terreno perduto, grazie a
una lunga Introduction di folk psichedelico e a un approccio atmosferico
che rende superflua la canzone.
Le progressioni marziali di Hourly e il pow-wow sincopato di Beach
trasformano l'arrangiamento in un'astrazione puramente ritmica. Su un fronte
più tradizionale, il thrash di Eyes Shut e il boogie ringhiante di Spaceship Opening danno più nerbo e consistenza alle loro fragili armonie.
Now A Friend e Sun Coming Up sono gli unici ponti con il
powerpop del passato.
Nell'umore distrattamente lisergico del disco sembrano però appunti
ancor più approssimativi e disordinati.
Long Day's Ride Till Tomorrow (Sappy, 1997) è un'antologia della carriera.
Dopo lo scioglimento del gruppo, Rick White ha formato gli Elevator To Hell mentre Julie Doiron ha avviato una carriera solista.
Julie Doiron esordisce con Broken Girl (Sappy, 1996) nei panni di un
ibrido fra Joni Mitchell e Nick Drake che si accompagna soltanto con la chitarra
acustica.
Loneliest In The Morning (SubPop, 1997) è un
altro disco molto personale di Doiron, sempre nel ruolo di una chansonnier
del "lo-fi". Ciascuna canzone è
una conversazione privata che esplora una parte della sua vita quotidiana.
Per quanto ispirino rispetto, confessioni in punta di piedi come Sorry e
Le Soleil non hanno però granchè di musicale.
L'EP Will You Still Love Me? (Jagjaguwar) appende altre cinque lullabies.
Gli farà seguito The Wooden Stars (Tree, 1999) che, nonostante
l'aiuto del complesso canadese avente lo stesso nome, sembra un tentativo mal
riuscito di fare post-rock (Gone Gone).
Rick White (chitarra, canto e tastiere) e Mark Gaudet (batteria) mettono invece su un nuovo trio, gli Elevator To Hell, del quale escono subito due stralunati EP, Part One And Two (1994) e Part Three (1996), poi raccolti su CD come Parts 1-3 (Subpop, 1996), e un singolo, Forward To Snow (Sappy, 1995), registrato dal vivo in mezzo a una tempesta di neve.
I tre EP degli Elevator To Hell potrebbero essere i capolavori dell’intero movimento pop lo-fi.
Part One mette in mostra un forte senso della melodia in diverse ambientazioni: la colloquiale Roger And The Hair, il ruggente synth-pop di Why I Didn' t Come August 93, il languido shuffle Soft Cell-iano Everything Made More Sense, il volgare country-rock di Three More Weeks, l'ardente boogie alla Velvet Underground Made For You e soprattutto il sinistro blues delle piantagioni alla Nick Drake di Rather Be, un capolavoro di atmosfera e ritmo subliminale.
Part Two presenta qualche altra gemma in quell'atmosfera "leggera" (il romantico folk-rock alla Simon & Garfunkel di Morning Clouds, l'orecchiabile power-pop di My Head) ma eccelle davvero in un tipo di canzoni più personale, esemplificato al meglio dai tranquilli canti funebri filosofici Elevator To Hell e Let Yourself Glide And Emptily Die , e dal blues stravagante e pesante di Clearly See Me.
Le canzoni di Part Three sembrano più consapevoli, più abili, più intenzionate a decostruire e ricostruire il formato della canzone. Quindi otteniamo lo psychobilly frenetico e diabolico con voci distorte di Boots, l'honky-tonk cubista di 100 Miles, la ninna nanna country sussurrata di Climb, il valzer alla Neil Young di Forever, ognuno leggermente distorto e deformato. Questa è una scienza in cui le anomalie contano più delle regolarità.
Tutto sommato, gli EP accumulano un impressionante catalogo di stili che presenta una nuova importante voce nel rock alternativo. Molto alternativo.
Eerieconsiliation (SubPop, 1997), il primo album degli Elevator To Hell,
contiene sedici nuove canzoni, tutte
registrate in ambienti umili e loro ci tengono a sottolinearlo. Nel campo del
"lo-fi" c'è comunque chi ha fatto di meno. Anzi, White sfoggia una smaliziata
arte di arrangiamenti.
Il sound degli "Ascensori per l'Inferno" è un modesto folk-rock di periferia
che sa tingersi in maniera imprevedibile di tocchi eccentrici.
L'album si apre con una filastrocca recitata su una partitura disarticolata a
ritmo incalzante, The Cloud, come se Syd Barrett vestisse i panni di un
attore brechtiano. Barrett e Brecht
Anche To Breathe e Inevitably, che sono invece ballate pop soffici e
lineari, riescono a perdersi in un tono da paralitico mentale.
Lo zibaldone di White spazia dall'hard-rock incalzante di Every Channel
all'allegretto country strimpellato in Hurricane,
dal boogie-soul saltellante con organetto Farfisa di Window allo space-rock
psichedelico dello strumentale conclusivo, I've Gone For A Ride,
ma sempre con quella nonchalance da guitto irredento.
Il suo universo è avvolto da una pesante cappa di oscure premonizioni,
dal riff ossessivo quasi Black Sabbath di Backteeth
alla trance sonnambula di Sleep Experiment Number One,
dall'atmosfera noir a passo swingante di Suddenly
agli effetti allucinati di feedback di The Time Is Grey.
Fondendo il frammento d'autore degli Half Japanese, il pop menteccato dei
Sebadoh e il rock provinciale dei Pavement, White conia un verbo suggestivo
e a giudicare da questo e dal disco precedente, White è uno scrittore incredibilmente
prolifico: negli Eric's Trip era sprecato.
(Le note manoscritte dei membri della band usano la denominazione "Elevator Through Hell",
non "Elevator To Hell").
Vague Premonition (Subpop, 1999) degli Elevator Through è un miscuglio. Quasi tutte le canzoni sono suonate uniformemente a un ritmo mid-tempo languido e confuso. Nella prima metà succede ben poco a risvegliarti dal torpore. Questo rock psichedelico spaziale suona un po' monotono. La combustione del boogie del sud in Rain e The Only See To Thought arriva come un sollievo. Bisogna ascoltare attentamente per riconoscere le aberrazioni ritmiche che avevano reso i primi EP così grandi: la ballata sincopata Comfortable But Almost, il valzer zoppicante di Foggy Sea. Verso la fine arrivano i brani più originali: Cut Out The Wick e Vague Premonition. Qui gli strumenti volano ovunque e il caos aiuta a strutturare una narrazione più intrigante.
A Taste Of Complete Perspective (Teenage USA, 2000), questa volta attribuito semplicemente agli Elevator, è più o meno la stessa psichedelia libera.
Il quarto album di Julie Doiron, Desormais (Jagjaguwar, 2001), è probabilmente il suo migliore finora, un lavoro (per lo più cantato in francese) di sentimenti intimi e atmosfere inquietanti. Il fragile, sommesso, gentile e melodico Le Piano e il crescendo emotivo di Pour Toujours potrebbero essere i suoi capolavori.
Doiron ha un solo problema: non è sicura di essere una grande cantautrice. Le sue canzoni sono troppo brevi e troppo deboli. In altre mani “sarebbero” dei capolavori.
Doiron ha inventato un'altra raccolta di soliloqui malinconici per Heart and Crime (Jagjaguwar, 2002), ma questa volta gli arrangiamenti pop-jazz molto sommessi rivelano i difetti di una musica che si basa su pochissime nozioni che vengono ripetute ancora e ancora.
Avrebbe dovuto essere un EP di tre canzoni.
Stessa cosa per Goodnight Everyone (Jagjaguwar, 2004) che è stato, se possibile, ancora più abbattuto e introverso (Tonight Is No Night).
Woke Myself Up (Jagjaguwar, 2007) era, invece, relativamente ottimista, basandosi quasi interamente sulla sua vecchia band, gli Eric's Trip. Non sorprende che alcune delle canzoni (come I Woke Myself Up) siano tra le sue performance più aggressive e che l'album dia la sensazione di uno sforzo di gruppo, sebbene ancora incentrato sulle sue sventure.
Chris Thompson degli Eric's Trip e Ron Bates hanno formato il duo che ha pubblicato The Memories Attack (2008).
I Can Wonder What You Did with Your Day (Jagjaguwar, 2009) di Julie Dorion è vario e quasi enciclopedico, ma assomiglia più a una dimostrazione di eclettiche abilità che non a un tentativo di creare canzoni in grado di distinguersi (nemmeno il singolo Consolation Prize).
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