- Dalla pagina sugli Idlewild di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
Gli Idlewild, per alcune settimane del 1998, furono la "next big thing" del mese ma, in realtà, erano epigoni professionali dei R.E.M.
La band, formata in Scozia dal chitarrista Rob Jones e dal cantante Roddy Woomble, ha debuttato con la consueta sequenza di singoli ed EP: Queen Of The Troubled Teens (1997), Chandelier (Fierce Panda, 1997), il mini-album Captain (Deceptive, 1997), A Film For The Future (Capitol, 1998), Everyone Says You're So Fragile, I'm the Message.
Per la stampa britannica era l'ennesima "next big thing", ma per tutti gli altri erano semplicemente adolescenti con una fissazione per Husker Du, e il loro hardcore melodico era non proprio originale, anche se a volte risultava davvero brillante.
Hope Is Important (Capitol, 1999), che racchiudeva 12 canzoni in poco meno di 36 minuti, non fu una rivelazione, e certamente non una rivoluzione, ma conteneva un gioiello punk-pop come When I Argue I See Shapes e alcune canzoncine accattivanti (You'Ve Lost Your Way, You Don't Have The Heart, I'm Happy To Be Here Tonight, Paint Nothing).
I singoli Little Discourage (1999), una delle loro canzoni più orecchiabili, e Actually It's Darkness (2000) hanno dimostrato che non era stato un caso, e almeno tre brani dell'album 100 Broken Windows (Food, 2000), These Wooden Ideas, Roseability e I Don't Have The Map, hanno confermato il loro talento.
The Remote Part (EMI, 2002) vede gli Idlewild addentrarsi
ancora di più in territorio pop, grazie a ben orchestrate ballate di stampo adolescenziale
(come American English, che
ricorda certe sonorità care agli U2, e come ancora Tell Me Ten Words,
I Never Wanted) e pezzi di
effervescente rock’n’roll (You Held The World In Your Arms, A
Modern Way of Letting Go, I Am What I Am Not).
Il
disco è insieme quanto di più rumoroso e melodico presente nella discografia
del gruppo: il loro Monster, se li si vuole accostare ai R.E.M, per i
quali gli Idlewild manifestano un’ossessione. Questa fissa infatti riecheggia, con
alterne fortune, in Century
After Century e Live in a Hiding Place, ed è utile ad alleviare il sovraccarico melodico.
Warnings Promises
(EMI, 2005) non è altro che una ricapitolazione sterile dei loro cliché. I
pezzi sono prevedibili - ognuno infatti
richiama una canzone dall’album precedente - le melodie sono scontate,
l’esecuzione e la produzione dilettantistici. L’unico aspetto positivo è la
calcolata disinvoltura del cantante Roddy Woomble, maturo ormai per
palcoscenici più importanti.
Make Another World
(Sequel, 2007) è, se possibile, un ulteriore passo indietro rispetto al disco
precedente. Il brano migliore, No Emotion, sembra quasi essere stato prodotto
apposta per le discoteche.
Post Electric Blues (2010) suonava come una stanca imitazione del classico sound degli Idlewild.
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