Dalla pagina di Piero Scaruffi
I Necks sono un complesso strumentale australiano, formato da tre esperti session-men: Chris Abrahams (pianoforte), Tony Buck (batteria) e Lloyd Swanton (basso). Abrahams ha anche pubblicato tre album per pianoforte solo, e ha suonato con importanti esponenti dellavant-jazz, come John Zorn, Tom Cora, Phil Minton, Peter Brotzmann, Hans Reichel, Han Bennink, Shelley Hirsch, Wayne Horvitz. Lloyd Swanton è anche il leader dei Catholics, un ensemble jazz più tradizionale, che ha pubblicato quattro album, a partire da The Catholics e Simple.
Gli album dei Necks contengono jam estese ed ipnotiche, basate su semplici linee melodiche, portate avanti attraverso groove sincopati. La ripetizione insistente di elementi armonici strizza locchio al minimalismo, mentre linterplay fluido ed atmosferico richiama il jazz-rock.
Il trio dimostrò per la prima volta il suo valore sulla composizione di 56 minuti che riempie lalbum Sex (Fish Of The Milk, 1989 Private Music, 1995). Il ritmo sommesso ed il tempo leggermente sincopato creano una trama delicata per gli intermezzi pianistici neoclassici e per i lamenti sensuali della tromba. Le note del piano scendono come una cascata, sfociando in un flusso ipnotico di toni casuali. Ma poi la musica comincia ad alterarsi, e fanno la loro comparsa dissonanze e toni striduli. Il modo in cui Abrahams accarezza il piano è unico: astratto, esotico, romantico.
Next (june 1990 - Fish Of Milk, 1990) contiene sei tracce che si avventurano per strade differenti.
Aquatic (Fish Of Milk, 1994 - Carpet Bomb, 1999) include Stevie Wishart allorganetto e introduce un sapore etnico. Se con Next avevano provato a scindere la loro arte in sei direzioni differenti, Aquatic serve lo stesso intento ma in un continuum invece che in pezzi diversi.
Per ottenere il loro sound distintivo, i Necks ritornarono al formato originario. Il doppio cd Silent Night (september 1995 - Fish Of Milk, 1996) conteneva solo due meditazioni, Black, animata da una frase campionata, e specialmente il lento, fragile, colloquiale dialogo di White.
Piano Bass Drums (Fish Of Milk, 1998- ReR,
2004) era una registrazione
live.
The Boys (Fish Of Milk, 1998 - ReR, 2004) è una colonna sonora per un film. Ha il difetto di essere un lavoro frammentario, non certo il loro formato prediletto.
Hanging Gardens (Fish Of Milk, 1999 - ReR, 2001) è una composizione di 60 minuti che riassume la loro tecnica minimalistica. Un pattern di hi-hat alquanto frenetico e delle linee di basso inquietanti circondano e puntellano affascinanti rumori di tastiere. Latmosfera è enigmatica se non gotica. La musica diventa più inquietante, disturbata, più spaventosa e più psichedelica. Intorno ai dieci minuti il piano, ripetendo un pattern di cinque note, crea un atmosfera di tensione, simile all End of the Game di Peter Green. Il playing comincia a rivelare le sue radici jazzistiche, e giunti ai venti minuti, il pattern di cinque note ricompare allottava più alta e la jam si infuoca. Quando termina, subentra un momento contrappuntistico abbastanza astratto. Ai quaranta minuti la musica riacquista ancora energia. Una parte in stile Nice o Colosseum, guidata da un organo aggressivo, fa clamorosamente irruzione, portando alla fine nuovamente al pattern di piano in cinque note, questa volta però in una atmosfera decisamente clasutrofobica.
Il jazz-rock minimalista e di atmosfera dei Necks raggiunge lo zenit con Aether (Fish Of Milk, 2001 - ReR, 2002), dove un semplice accordo è ripetuto come un mantra per provocare vibrazioni simpatiche dagli altri strumenti, come per evocare una per una tutte le tinte di un unico colore fondamentale. Alla fine si giunge al nirvana, nella forma di un mantra cosmico che porta la musica in un crescendo estatico di contrappunto. E probabilmente il loro lavoro più etereo.
Athenaeum (Fish of Milk, 2003) è un
live in 4-CD.
Photosynthetic (Long Arms, 2003) è registrato dal vivo a Mosca nel 2002.
Fino ad allora il trio aveva suonato insieme, soltanto un paio di volte allanno (in giro per il mondo).
Drive By (ReR, 2003), è un altro pezzo da camera lungo unora, che si sviluppa lentamente. Si basa tanto sulla ripetizione (minimalismo) quanto sulla improvvisazione (jazz) per la sua atmosfera sognante e le sue dinamiche fluenti. Se Hanging Gardens era agitato e virulento, ed Aether era una beatitudine pura e sussurrata, si può dire che Drive By rappresenti il punto di incontro perfetto di Miles Davis, Terry Riley e Brian Eno. Con un senso del groove più marcato dei suoi predecessori (ed un tocco di poliritmia Africana), lamalgama della batteria tribale di Tony Buck, delle linee di basso martellanti di Lloyd Swanton e delle tentennanti meditazioni per pianoforte di Chris Abrahams, è un classico di conversazione casuale: suona quasi come la controparte del sesto album dei Soft Machine, che, partendo da premesse analoghe, si evolveva in strutture più geometriche e austere. Le protagoniste assolute sono le tastiere: producono tutte le variazioni presenti nella lunga traccia, con occasionali momenti di Spannung. Come al solito, il significato è enigmatico come una brezza estiva. A metà traccia (siamo a 27 minuti), si sentono bambini giocare in sottofondo, ed i timbri delicati del piano sembrano ingaggiare una specie di contrappunto (con in cima il lamento di un organo distorto); a 48 minuti la musica è invasa da un rumoroso ronzio, come uno sciame di api, e ancora rumori di altri animali, mentre il tempo diventa più sincopato, finché la musica si dissolve e rimangono soltanto uccellini cinguettanti.
Il solo difetto, se paragonato ai lavori precedenti, è che in qualche modo le trame non comunicano lo stesso senso di alienazione, di appartenenza ad un altro mondo. In un certo senso, è troppo ovvio per lo spettatore essere ipnotizzato dal movimento di un orologio.
Il doppio Mosquito/ See Through (ReR, 2005) contiene due ipnotici flussi di coscienza. Mosquito si apre con suoni sconnessi di percussioni. Una nota testarda di piano è accompagnata per un minuto da un ritmo leggero (per la prima volta dopo 14 minuti, poi poche altre volte). Questo è tutto il movimento presente nella prima parte. Nella seconda parte la batteria è più prominente, ma la nota di piano è ancora ipnoticamente (ma non meccanicamente) ripetuta ed il centro dellazione rimangono le percussioni.
See Through, uno dei loro picchi tecnici, si apre con frasi di pianoforte dolci, sussurrate, di sapore jazzistico, sospese sulloscillante scampanellio dei piatti. Per sette minuti, suona come una jam tra Pharoah Sanders e lArt Ensemble of Chicago. E una danza lenta tra un piano sensuale e dei piatti inquietanti. Le frasi di piano non fanno in tempo a rallentare, che già riaccelerano, non appena si rilassano già ridiventano martellanti. Chris Abrahams è un maestro nel rompere la tensione immediatamente prima che acquisti la minima sfumatura drammatica. Le sue note fluttuano senza peso nellaria, incontrando raramente un ostacolo o una deviazione. Le sue fughe sono sgargianti quanto ermetici sono i suoi silenzi. See Through è il suo personale biglietto da visita. Dopo circa 50 minuti di toni in cascata e pause improvvise, il piano è finalmente raggiunto dalla batteria (e non solo dai piatti) e gli ultimi dieci minuti sono un crescendo di batterismo sfrenato.
Chemist (ReR, 2006) fu inusuale per i Necks perché conteneva tre tracce di media lunghezza
invece del solito monolito di unora. Un ritmo solido, accordi per basso riecheggianti, piccole dissonanze, tastiere ipnotiche
costruiscono latmosfera misteriosa, quasi da raga, di Fatal, reminiscente dei primi Pink Floyd e del jazz rock di Miles
Davis (e del suo discepolo sottovalutato, Peter Green). La progressione del
playing rispecchia la reazione febbricitante ad una
visione estatica, attraverso un piano a
Lalbum live Townsville (february 2007 - ReR, 2007) rappresenta al meglio il loro metodo di lavoro. La linea di basso è adoperata per costruire su di essa limprovvisazione. Gli altri strumenti costruiscono suoni attorno a questa linea, soprattutto il piano, con delle meditazioni a cascata che passano da atmosfere new age a violente scorribande free-jazz. I piatti suonano più come pioggerella che come un pattern ritmico. Mentre il tempo porta pian piano una struttura ed unenfasi alla loro musica, non cè dubbio che questa rimanga in un permanente stato di sospensione.
Swanson suona anche nei The Catholics e in vari gruppi jazz. Abrahams è un membro del trio d'improvvisazione Roil, che ha debuttato con Meaning (2008).
La suite di 67 minuti Silverwater (Fish of Milk, 2009 - ReR, 2009) inizia con una delle loro sequenze più snervanti: le sinistre sonorità drone di organi galattici alla Sun Ra creano un reticolo appiccicoso in cui note sparse di pianoforte e rumori metallici irregolari creano piccole increspature. Una moltitudine di strumenti a percussione è al centro della scena nel secondo segmento (in particolare un suono di ticchettio ripetitivo a metà strada tra un orologio e uno sciame di insetti) con accordi di basso sparsi che seguono la cellula di base. Scompaiono tutti lasciando solo uno schema ripetitivo di rulli di tamburi a cascata. Le sonorità drone degli organi ritornano, ma il tono è ora maestoso e imperioso, e un battito costante di piatti accompagna i turbinii sempre più mistici. Sono già passati circa 30 minuti quando gli accordi di chitarra più semplici e caldi e un ritmo più vibrante risollevano l'umore. A questo punto il piano intona un motivo infantile che (purtroppo) rompe con tutto ciò che è accaduto prima: la musica è ora programmatica e senza scopo, con interludi propulsivi jazz deragliati da pause distanziate fino al crescendo finale della chitarra. Per i primi 30 minuti Silverwater è la più surreale e ultraterrena delle loro suite. Il loro metodo ipnotico svela alla fine uno scopo metafisico, sebbene il significato finale delle loro infinite litanie rimanga ancora criptico.
Mindset (ReR, 2011) contiene due jams di 21 minuti. Rum Jungle inizia improvvisamente con tamburi propulsivi e tempestose note di pianoforte dissonanti e da quelle basi intreccia trame intricate e violente, perdendo slancio solo verso la fine, quando la fatica e l'incertezza sembrano far deragliare il viaggio. Daylight è un crescendo molto lento, da uno sciame di note di tastiera liquide che fluttuano nel silenzio glitch del vuoto quantico a una marea piena di suspense di sonorità drone con sfumature indiane e piatti frenetici.
Chris Abrahams ha pubblicato Thrown (registrato nel 2004), Play Scar (registrato nel periodo 2008-2010), Memory Night (Room40, 2013), Instead Of The Sun (2016 - gennaio 2015), una collaborazione con Burkhard Beins e Fluid To The Influence (Room40, 2016), opere sempre più elettroniche.
The Necks ha regalato una reputazione alla musica che non è figurativa, narrativa, emotiva, concettuale o altro. Abita una sorta di dimensione afasica e autistica, o almeno così appare a coloro che vivono nella dimensione materiale. Le loro lunghe trance minimaliste evocano una realtà immutabile e imperturbabile, nascosta dietro una geometria armoniosa criptica, impenetrabile fino alla forma più profonda di ascolto. Open (Northern Spy, 2013) rompe con questa convenzione. È di gran lunga il loro lavoro più narrativo ed emotivo. Invece di un continuum in gran parte stabile, si svolge in una serie di fasi, ognuna delle quali emana dalla precedente ma altera significativamente anche il corso degli eventi. All'inizio c'è un lieve mormorio di dulcimer e campane, che danno un tono a tale trascendenza simile allo zen. Questo è il lavoro più vicino alle influenze di Music for Airports di Brian Eno e di Pavilion Of Dreams di Harold Budd. Ma il tenero piano che ne fuoriesce viene presto sepolto da minacciose linee di basso. La musica si immerge in una fase per lo più silenziosa, con piatti irregolari, tamburi saltellanti, noise elettronico appena percettibile e rari bassi profondi sparsi. Proprio qui si dimostra quanto il trio sia stato disgiunto e discordante. Le marziali linee di piano prendono il controllo, portando a un mare di celestiali figurazioni pianistiche, ma anche queste sono destabilizzate da sonorità drone di organo grintoso. La musica implode di nuovo, questa volta in percussioni e orchestrazioni caotiche. Sorge una tensione da incubo, con un acme di mormorii. Il ritmo pulsante e palpitante riacquista il controllo e si auto-spinge verso una sezione più tipica della ripetizione minimalista e raga . Ma anche questo momento è di breve durata e segue un'altra sezione disfunzionale confusa, incapace di cristallizzarsi in un processo collettivo. Questo momento è quanto di più free il loro jazz abbia mai prodotto. Gli strumenti non sembrano più suonare insieme, perché ognuno si concede piaceri segreti indipendentemente dagli altri. Il finale arriva quasi all'improvviso, inspiegabile, incidentale. The Necks voleva chiaramente sperimentare nuovi timbri e dinamiche. Secondo i loro standard, questo sembra un collage di materiali diversi, età diverse, band diverse.
Il batterista dei Necks, Tony Buck, ha anche suonato nelle esibizioni dal vivo (documentate su Skein) del sestetto del sassofonista Frank Gratkowski.
Il brano di 44 minuti Vertigo (Northern Spy, 2015), che si allontana dalle classiche ruminazioni ambient , evidenzia le limitate qualità cinematografiche e drammatiche della band. L'inizio è un pathos ben focalizzato (sprofondamento di pianoforti collassati in un vuoto senza percussioni) ma lo sviluppo presto porta la musica ovunque: cacofonia percussiva, suspense nei bassi profondi, un delicato pianoforte impressionista, vorticose linee di synth, caos di free jazz , dicotomia nuovo-immobilità, contrappunto dissonante, distorsione quasi psichedelica, ronzii metallici quasi concreti e sonorità noise in chiusura. A volte goffo o semplicistico e spesso vano (nel modo in cui gli strumentisti si abbandonano agli effetti sonori), il viaggio non riguarda una destinazione ma la sua incessante metamorfosi. Ci sono momenti che di pathos conturbante e altri di surreale eccentricità, ma anche lunghi intervalli di scarabocchi sonici che non confluiscono in un nucleo emotivo, in un leitmotiv, in un grande risultato. Più che un viaggio, questo pezzo evoca un naufragio.
Il doppio LP Unfold (Ideologic Organ, 2016) contiene quattro improvvisazioni intriganti che si trovano a cavallo del confine tra i loro antichi affreschi ambient e le loro nuove ambizioni cinematografiche. Rise (15:35) è una musica paradisiaca sconnessa che suona come una tranquilla tempesta di note. Overhear (16:18) si apre con frenetiche percussioni di pietra su oscillanti sonorità drone e una circolare melodia acid della tastiera. La sua propulsione evoca isterici rituali indù e sufi. Blue Mountain (20:59) suona come una parabola metafisica: la musica non si fonde mai, ogni strumento sembra perseguire la propria strategia pur essendo parte della stessa ondata maniacale non realizzata e alla fine il piano si placa, offrendo le uniche note umane dei 21 minuti, quasi un'arresa di fronte all'incomunicabilità della missione. Timepiece (21:47) evoca il ticchettio e il ronzio di una miriade di orologi, un carnevale anarchico di danze asincrone in un labirinto di specchi; evoca il gigantesco orologio che controlla l'intero universo.
Il batterista dei Necks Tony Buck ha debuttato da solo con il brano Unearth (Room40, 2017) di 51 minuti.
Body dei Necks (ReR Megacorp,
2018) è un ritorno al vecchio format della composizione/improvvisazione di
un'ora, ma con un trucco. Una sezione ripetitiva (e leggermente noiosa) di 16
minuti si attenua in un battito cardiaco e quindi emerge un nuovo schema
ripetitivo. Ancora più sorprendente è che, a circa 25 minuti, la musica cambia
completamente, esplodendo in un boogie rumoroso, come se i Rolling Stones o
Bruce Springsteen stessero per salire sul palco. Questo momento dura per un
po', quindi la musica si assesta in una delicata modalità cosmica che porta ad
una coda di evanescenti sonorità drone . Nel complesso, questo esperimento di
contrasti è un approdo minore in relazione al canone della band.
Three (Northern Spy, 2020) contiene tre composizioni. Bloom, di 21 minuti, è un pezzo ipercinetico spinto dalla densa poliritmia dalle sfumature africane di Tony Buck, e anticipato come al solito dalle austere meditazioni del pianoforte. I 23 minuti di Lovelock si abbandonano a un paesaggio sonoro elettronico onirico, in forma libera, dove gli strumenti abbandonano il loro ruolo tradizionale e diventano mere astrazioni, le percussioni dense e frenetiche di Tony Buck sono nuovamente protagoniste nei 21 minuti di Further, questa volta con una maggiore presenza del basso di Swanton, mentre il pianoforte intona una romantica sonata. Il vero shock è Lovelock, il loro contributo più significativo al genere ambient fino ad allora.
Buck ha lanciato numerosi progetti collaterali, in particolare Transmit con il bassista James Welcburn, documentato in Project Transmit (Vitamin, 2008) e Radiation (2015).
Appearance (Room40, 2020) di Chris Abrahams contiene due lunghe improvvisazioni al pianoforte: As A Vehicle The Dream e Surface Level, registrate nel novembre 2019.
Il diciannovesimo album dei Necks, Travel (Northern Spy, 2023), contiene quattro improvvisazioni di 20 minuti di Chris Abrahams al piano e organo Hammond, Tony Buck (batteria, percussioni) e Lloyd Swanton (basso). Abrahams tesse la sua rete meditativa sulla densa batteria poliritmica di Signal. Le percussioni sciolte di Imprinting evocano un rituale sciamanico. Bloodstream (l'unico pezzo che meritava davvero di essere pubblicato) si apre con magniloquenti accordi di organo da chiesa, va alla deriva in un turbinio di scintillii di pianoforte jazz e rumore sibilante, e svanisce con note di organo gotico.
Tony Buck ha collaborato con il bassista italiano Massimo Pupillo su Unseen (agosto 2017), che contiene Psithurism di 22 minuti e Entrainment di 46 minuti, e Time Being (agosto 2017).
Buck ha pubblicato anche Ask The Axes (novembre 2017), che documenta due improvvisazioni con David Watson, Eternal Triangle (maggio 2019), con Toshinori Kondo (tromba) e Massimo Pupillo (basso ed elettronica), Mythographer (gennaio 2022), con il pianista australiano Alister Spence, Environmental Studies (agosto 2023), contenente un pezzo di 110 minuti, originariamente una collaborazione con l'artista brasiliana Marina Cyrino, Mongrels (Relative Pitch, 2023), in cui ha suonato chitarre elettriche e acustiche, basso, monocordo, waterphone, campane zulu e strumenti preparati, con Mark Nauseef alle campane e ai gong, inclusa la canzone di 29 minuti As Far As We Don't Know.