Summary
Orbital, i.e. Paul and Phil Hartnoll, crowned the season of raves. Their Green Album (1991) and Brown Album (1993) did to techno what Art Of Noise had done to hip-hop: they transformed it into a sophisticated art of complex compositions by intellectual "auteurs". The latter, in particular, was a parade of stylish gestures and poses, from sci-fi dissonances to dilated drones, from angelic voices to dadaistic collages, from staccato repetition a` la Michael Nyman to machine-like industrial cadences. Snivilisation (1994) and especially In Sides (1996) turned to narrative logic and emotional content, using the dance beats as mere background.
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Gli Orbital (Paul e Phil Hartnoll) fecero al techno cio` che gli
Art Of Noise fecero all'hip hop: lo
trasformarono in un'arte raffinata di composizioni complesse affidate ad
"auteur" intellettuali.
Il loro primo hit, Chime (O-Zone, 1989 - FFRR, 1990),
prendeva semplicemente di mira la scena rave con una melodia orecchiabile
e un ritmo assassino, ma i successivi singoli,
Omen e Satan, giocavano con i campionamenti e i ritmi.
Continuando quelle intuizioni, il primo album, noto anche come
Yellow (Ffrr, 1991) o Green,
fu una delle opere miliari della stagione dei rave.
Il suo forte erano soprattutto le metamorfosi:
colate di effetti elettronici cesellavano lunghi brani
dal sound etereo ed atmosferico.
Belfast si apre con i piatti che tengono un ritmo jazz e frasi criptiche di
elettronica alla Eno; man mano che i poliritmi prendono piede, al mix si
aggiungono gorgheggi di soprano d'opera (O Euchari di Hildegaard of Bingen), un pattern minimalista di pianoforte,
un rombo di violoncello in sottofondo, e via via il brano diventa
sempre piu` sinfonico e incalzante.
Moebius (il brano piu` avventuroso) parte infarcita di effetti da
giungla e lanciata su un vertiginoso
poliritmo africano, ma presto tutto diventa ritmo e nel groviglio di battiti
si fanno largo in continuazione altri battiti.
Tutta ritmica e` Desert Storm, sorretta da un'impalcatura di campionamenti
incalzanti (con un singolare effetto di fiati) e di percussioni africane,
che diventa per strada uno studio su come mutare timbro, frequenza e volume
senza creare discontinuita`.
L'inno industriale Satan, alla Nine Inch Nails, suggella un'opera di
sfondamento.
La loro polifonia del ballabile scaturisce da un singolare connubio di idiomi:
le progressioni melodiche della
disco strumentale di Giorgio Moroder, le compless partiture etno-funk di
David Byrne e la fusion di elettronica e jazz propugnata dai This Heat.
Preceduto dal singolo The Naked And The Dub, un altro geniale
esperimento di campionamento, l'album
II (Ffrr, 1993), noto anche come Brown, compie un altro
passo in avanti, e suggella un'era intera.
Qualcosa e` definitivamente tramontato nel mondo della musica techno.
Le danze epilettiche di Remind e Walk Now rappresentano il passato, quando
il compito del compositore stava nell'impostare una ritmica infernale e farle
volteggiare intorno uno stormo di eccentricita` armoniche. La stratificazione
dei suoni aveva uno scopo prevalentemente percussivo. Quell'industria del
montaggio verticale sta cedendo il passo a un'arte del montaggio orizzontale,
del collage, del puzzle. L'aspetto percussivo e` stato rapidamente relegato
in secondo piano, ed e` tornato in auge l'aspetto narrativo, sia pur in forma
radicalmente diversa. A differenza della musica ambientale e della musica
cosmica, le suite degli Orbital appartengono piu` alle parate di moda che
ai flussi di coscienza. Sono gelidi esibizionismi estetizzanti, metamorfosi
avulse da qualsiasi contesto. Sono tour dello studio di registrazione, prima
ancora che composizioni musicali.
L'album e' pertanto un monumento di manierismo, dalle dissonanze
"fantascientifiche" di Planet Of The Shapes, che si dileguano poco a
poco in droni allungati di sitar, alle fanfare di tastiere "parlanti" di
Impact, dalle melodie metalliche di Monday
ai cicli di gorgheggi angelici di Halcyon (che su singolo diventa
un collage di undici minuti, una delle pietre miliari dell'ambient techno)
alle due melodiose Lush (che su singolo
vivra` diversi remix).
Tutto certosinamente prodotto (piallato, smussato, diluito) per togliere
qualsiasi emozione alla musica.
I singoli Times Fly, con venature drum'n'bass, e soprattutto
The Box (Internal), che potrebbe essere una ballata malinconica,
mettono a frutto questi
esperimenti nel contesto di una musica elettronica in rapido movimento.
Snivilisation (Ffrr, 1994) e` forse il loro
lavoro piu` ambizioso, capace di spaziare dall'house all'hardrock, capace
di usare la voce nei modi piu` subdoli, capace di integrare i campionamenti in
forme pressoche' mimetiche. E` anche il loro disco piu` "corporale", e cio`
testimonia della grandezza del duo.
I dodici minuti di Attached si riallacciano al
sinfonismo del secondo disco, ma l'aspetto ritmico ritorna prepotentemente
alla ribalta nel singolo Crash And Carry e Quality Seconds sfocia nel
thrash.
Gli esperimenti sono concentrati in Are We Here, un collage di
musica industriale e ritmi drum'n'bass, e Kein Trink Wasser, in particolare
la sua apertura pianistica di rapidi accordi in staccato alla Michael Nyman.
In Sides (FFRR, 1996 - Internal, 1996) s'impone, nel bene e nel male,
fra i lavori piu` emblematici del genere (anche se si fa fatica a chiamarlo
ancora "dance"), e
i fratelli Hartnoll si impongono fra i massimi sperimentatori di
studio dei tempi. Le loro composizioni non sono composizioni, sono
arrangiamenti. Il techno era un pretesto alle origini, lo e` ancor piu`
adesso che si sono spinti ben oltre. La base ritmica e` talmente inessenziale
che quasi non ci si accorge di ballare.
Adesso pero` i fratelli sembrano intenzionati a diventare anche compositori,
nel senso che i brani di questo doppio album esibiscono una logica narrativa
e una struttura emotiva, pur senza neppure avvicinarsi al sensazionalismo
che normalmente associamo all'arte. La loro rimane una passione inerte, che
non sfocia in un climax epico o patetico o altro. Ma indubbiamente i
suoni subliminali di Girl With The Sun In Her Head, che intrecciano
velati minimalismi alla Philip Glass, melodie pop alla Mike Oldfield,
sintetizzatori atmosferici alla Tangerine Dream e un loop di organo soul.
Il brano piu` lungo, Out There Somewhere, perde coerenza nel suo continuo
reinventarsi e rimescolare le sue componenti. La quantita` di eventi e` tanta
e tale che non e` facile raccapezzarcisi: si perde continuamente il filo del
discorso, succubi di un campionario di esperimenti al termine del quale non
una sola melodia o un solo ritmo o un solo arrangiamento hanno lasciato
un'impronta.
Ancora una volta uno degli elementi piu` umani e` rappresentato dai vocalizzi
femminili, che penetrano le onde dissonanti di Dwr Budr con effetto piu`
sinistro che angelico.
Il secondo disco contiene remix dei singoli. Se sono piuttosto scontate quelle
dell'eterea Time Fly, quella di The Box (quasi mezz'ora,
sviluppando uno dei quattro movimenti del singolo originale), diventa
un saggio enciclopedico della loro arte di metamorfosi. Ed e` un'arte che
prende lo spunto da Mike Oldfield e da Ennio Morricone, tutta citazioni di
stereotipi della musica popolare, che prende lo spunto dalle colonne sonore
tracolme di suspence dei thriller (con tanto di scricciolii di porte),
che prende lo spunto dalle partitute minimaliste e classicheggianti di Michael
Nyman, per finire con un duetto fra folk giapponese e musica d'avanguardia.
I tintinni di giocattoli che caratterizzavano le altre due versioni di
The Box (sul primo disco) diventano un complesso castello armonico per
ospitare la storia di tutte le storie. In questo brano i fratelli pervengono
finalmente a musica vera, alla musica come fine, non come mezzo.
E` ancora musica per il cervello, non per il cuore, ma qualche volta il cuore
ha un soprassalto.
Il difetto maggiore del gruppo e` questa passione per i remix interminabili,
che forse diverte in discoteca ma su disco finisce per stancare anche i fan
piu` accaniti.
The Middle Of Nowhere (London, 1999) e` un altro superbo esercizio
di produzione in studio: la fanfara di fiati in Way Out sembra
uscire da un'opera di Philip Glass, la torrenziale
Spare Parts Express stende un ponte fra Tangerine Dream e techno,
I Don't Know You People riesce a fondere pop, trip-hop e drum'n'bass.
Di esperimento in esperimento, brani come Style (che fa leva sulle
cornamuse), Autumn e Know Where To Run
tratteggiano una nuova mappa della dance-music post-techno.
L'unica eccezione e` la locomotiva di Nothing Left (in due parti),
che sembra una concessione ai vecchi fan.
Il disco segna, nel bene e nel male, una riscoperta del ritmo.
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