TUU
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One Thousand Years , 7/10
All Our Ancestors , 7/10
Mesh, 6.5/10
Stillpoint: Maps Without Edges, 6/10
Invocation, 6/10
Terma, 6.5/10
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If English is your first language and you could translate my old Italian text, please contact me. Fra i tanti che hanno tentato di riprendere il discorso pan-etnico e psichedelico della Third Ear Band ci fu anche il trio Tuu formato in Inghilterra dal percussionista Martin Franklin, dal flautista Richard Clare e dal tastierista Mykl O'Dempsey (ex Magic Mushroom Band). Franklin e O'Dempsey iniziarono durante gli anni '80 a suonare a spettacoli multimediali. Franklin si uni` poi a Clare e registro` alcune composizioni per elettronica e flauto, pubblicate soltanto anni dopo su Invocation (Hic Sunt Leones, 1995).

I tre unirono le forze per realizzare un suono liberamente ispirato alla musica new age, e in particolare alle piece di Steve Roach. Le piece di One Thousand Years (SDV, 1992) immergono i colpi dei gong in un melma digitale ottenendo effetti che sono a meta' strada fra il psichedelico e l'arcano. Il principio che presiede all'intera opera e` il manierismo piu` lambiccato. L'enfasi e` quasi tutta sulle sonorita` cristalline, pulitissime, quasi sacre. Ogni brano viene "scolpito" piu` che suonato, con un'attenzione meticolosa, quasi ossessiva, per il dettaglio. Lo svolgimento drammatico viene pertanto ridotto all'accostamento e alla sovrapposizione di timbri. Il ritmo non esiste piu`, la musica si scioglie con una lentezza esasperante.

Franklin registro` anche un album con Michael Northam, An Opening Of Earth (SDV, 1993), contenente una lunga jam di live electronic music.

All Our Ancestors (Waveform, 1995), con Rebecca Lublinski subentrata al flauto, estende l'arsenale delle percussioni (pentole d'argilla, tamburelli, campane tibetani, flauti bansuri, oltre a una batteria di sintetizzatori, loop e campionatori) e ottiene risultati tecnologicamente piu' brillanti. Rainfall perfeziona la loro prassi di improvvisazione spirituale: il timbro ovattato del flauto intona una dolce melodia, ma il brano vale per la lenta trance di suoni luccicanti disposti con un gusto per la nitidezza e la severita` degno di un giardino zen. Le parti si invertono invece in Triple Gem Of Wisdom, quando sul borboglio sinistro degli oggetti prendono il sopravvento i canti fatati dei flauti. Tracce della world-music sognante di Jon Hassell affiorano in Stillpoint In Motion, tracce delle filigrane minimaliste di Harold Budd affiorano in Illumination.
Il massimo di movimento ha luogo nella lenta e marziale cerimonia di All Our Ancestors. Shiva Descending e` avvolta in un rombo cupo, che, unito ai tinni dei campanelli, crea un'intensita` liturgica, ma la messa non comincera` mai, si alternano soltanto rumori indecifrabili e flebili note di flauto. I TUU sembrano riuscire meglio quanto piu` si allontanano dalla facile suggestione dell'esotico e si avvicinano invece all'austerita` della musica da camera.
Sono tutti trucchi che la new age aveva gia` scoperto vent'anni fa, e che innumerevoli musicisti hanno sfruttato fino alla nausea, ma i fan dei TUU non lo sanno. Come nel caso della new age, a seconda dei gusti, questa e` musica sublime o semplicemente snervante.

Franklin si concede una pausa e da` vita con il flautista Nick Parkin e il percussionista Eddy Sayer dei Lights In A Fat City al progetto Stillpoint, di cui esce Maps Without Edges (Beyond, 1996 - City Of Tribes, 1998).

Sempre melodiosa ed elegante, senza peso, in lenta evoluzione, la musica di Mesh (Hearts Of Space, 1997) vive di questo suo non essere, non diventare, non terminare. E` pura ispirazione, lasciata fluttuare nell'etere delle idee musicali.
Protagoniste delle composizioni sono quasi sempre le percussioni, che guidano e condizionano lo svolgimento della musica. Quando prendono il sopravvento, l'atmosfera di fa piu` etnica, e in particolare indiana, come in Migration. La title-track si immerge in uno scenario primitivo, fra battiti di giungla (sempre un po' indianeggianti) e sibili gentili di elettronica. Quando interpretano il ruolo piu` subdolo e psicologico di controcanto all'elettronica, nascono gli affreschi ambientali piu` suggestivi, come Kalpa Taru, una tela di droni sospesi su cui ricamano un forte ronzio di conchiglia e suadenti campanelli tibetani, o come Stone To Sand, una trance per rumori d'acqua, voci di fantasmi e veli d'archi.
L'aspetto piu` originale del loro sound e` pero` il suono del flauto. Lo strumento sa essere tanto voce nel deserto quanto fioca luce di stella quanto sibilo di vento, e complementa in tal modo con un elemento umano e positivo le angosciose partiture dell'elettronica. Crack Between The Worlds e` di fatto un lungo assolo improvvisato di flauto, con accompagnamento di elettronica e percussioni, ed e` anche il brano che ricorda piu` da vicino la musica del deserto di Roach. Nel paesaggio spettrale di Four Pillars il flauto d'inalbera come una brezza fra le colonne di un tempio antico.
La sofisticazione del suono ha pochi rivali in Europa, a parte Vidna Obmana e Lightwave. Rimane qualche dubbio su un'operazione affidata esclusivamente alla suggestione dei timbri. Manca a questi brani una reale consistenza. Manca a questa musica un reale messaggio. E` il barocco della vecchia musica elettronica, non il romanticismo della nuova musica da camera. Il gruppi si e` ridotto al duo Martin Franklin e Mykl O'Dempsey, e meta` dei brani sono anzi del solo Franklin.

Terma (Hearts Of Space, 1998) e` in realta` una collaborazione fra il solo Martin Franklin (titolare della sigla TUU) e il flautista Nick Parkin. Il disco contiene sette suite ispirate al Buddismo del Tibet. Franklin stende un soffice tappeto di percussioni etniche e Parkin fa librare i vagiti eterei del suo flauto. Il progetto evita accuratamente di indulgere nella trance da diporto, e risulta stucchevole soltanto quando tenta di enucleare il folklore etnico del Tibet (Djinn, Serpent Fire). La coppia ottiene effetti suggestivi soprattutto in Water Memory, quando gli echi del flauto incalzano da tutte le direzioni e subentra un senso inquietante di alienazione, e in Ghosts In The Landscape, quando l'elettronica e le percussioni affrescano panorami d'incubo nello stile psico-cromatico di Steve Roach. Magus vegeta all'incrocio fra l'invocazione fatalista dei flautisti pellerossa e i richiami agonizzanti di Jon Hassell. Completa un'opera varia e seducente la paesaggistica di Terma e Plateau, distese desolate di piccoli rumori angoscianti.

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The limited-edition micro-album The Frozen Lands (Amplexus, 1999) takes its name from the eponymous suite composed for an art exhibition, and adds Silent Writing and Gangiri. Martin Franklin plays and manipulates metallic instruments. The indulgent pseudo-ambient drone-based music is a far cry from TUU's fantastic merry-go-rounds.

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