The Vampire Rodents, a project of Toronto guitarist/vocalist Anton Rathausen (real name Daniel Vahnke) and keyboardist Victor Wulf, were possibly the greatest composers of collage-music of the decade. War Music (1990) merely set the existential tone of their opus by juxtaposing recitals of horror stories against industrial music performed by Neanderthal men on stone instruments. Premonition (1992), featuring Andrea Akastia on violin and cello, transposed that program to another dimension, making music out of a frantic collage of sources. On one hand, the combo created a music in which sound effects, not instruments, became the element of composition. On the other hand, they retained the feeling of jazz and avantgarde chamber music. Their savage art of montage reached a demented peak with Lullaby Land (1993). Rhythm permeated this work at least on two levels: a disco/funk/house beat that propelled the track; and the pace at which snippets were glued together to form "songs". At both levels the verve was palpable. The songs were gags, and each gag was an assembly of cells. It was entertaining, and it was terrifying. The whole recalled the grotesque and unpredictable merry-go-rounds of Frank Zappa's early works and the Residents' early suites. Vampire Rodents' "lullaby land" was set in a Freudian nightmare and that nightmare played at double speed in a very chaotic theater. Clockseed (1995) added more instruments of the orchestra and more drum-machines, and offered a more linear, rational and focused take on the same idea. It was another symphony of chaos and multitude, that, indirectly, harked back to composers of urban cacophony such as Charles Ives and Edgar Varese (and composers of cartoon soundtracks such as Carl Stalling). It was still a cannibal and schizophrenic art, that continuously devoured itself and that continuously changed personality. Gravity's Rim (1996), instead, returned to the format of the pop song, thus closing an ideal loop. Layers of samples merely provided the "arrangement" for the melodies carried by the vocals. Vampire Rodents' art shared with Dadaism and Futurism the aesthetic principle that avantgarde and clownish novelty should be one and the same.
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I Vampire Rodents hanno dato luogo a una delle saghe musicali piu` avvincenti
degli anni '90. I loro album sono tripudi di fantasia libera, a meta` strada
fra visioni psichedeliche e collage d'avanguardia.
Anton Rathausen (pseudonimo di Daniel Vahnke) e Victor Wulf provengono da
Toronto. Il primo era antropologo di professione e
studente di musica d'avanguardia. Il
secondo scriveva colonne sonore per il cinema.
Rathausen-Vahnke si trasferi` in Arizona per unirsi a due amici antropologhi,
Karl Geist e Jing Laoshu. Nacquero cosi` i Vampire Rodents:
Rathausen-Vahnke alla chitarra, al canto e al campionamento; Wulf alle tastiere;
Laoshu alle percussioni; Geist al basso.
La War Music (VR Productions, 1990) con cui esordirono venne composta
in gran parte da Rathausen-Vahnke (sui loro dischi i due nomi vengono citati
in copertina come se si trattasse di due persone diverse), che sarebbe rimasta
la forza creativa del gruppo.
Lo strumento piu` in vista e` proprio la voce di Rathausen, che
racconta (quasi mai canta) le sue storie su una base strumentale che non ha
forse ancora personalita`, ma certamente rifugge dalla banalita`. Si va dalle
partiture austere di Mummified all'hip hop di The Tide Returns e
Crack Babies, dal synthpop di Success al ballabile
Momentous (i due brani piu` curati); ma soprattutto i
Vampire Rodents indulgono in armonie grottesche, volutamente impoverite e involgarite.
Quella di Dumme Weisse Menschen, Extinction, Pla
Man sembra una musica industriale eseguita da uomini di Neanderthal alle prese con strumenti di
pietra. Dalle liriche vengono alla luce un cinismo e un "black humour" quasi criminali:
Autocannibalism e` un catalogo di orrori da far leccare i baffi a piu` di un maniaco
omicida;Meat e` un comizio delirante sulla "carne" nei suoi significati allegorici di sesso e
morte;lo sketch "zappiano" di Abortion Clinic Deli decanta il sapore e le qualita` nutrizionali dei
feti abortiti una volta che siano cucinati nel forno a micronde. La tecnologia dei Vampire Rodents e`
primitiva, e` "bassa tecnologia". Opera ancora interlocutoria di un gruppo di musicisti che non hanno
ancora trovato la propria vocazione, War Music ripete troppo meccanicamente la stessa idea.
L'arsenale di trucchi e` gia` da grande occasione, ma la realizzazione e` ancora amatoriale.
Premonition (VR Productions, 1992) dimostra una maggior consapevolezza
dei loro mezzi tecnici, anche se forse eccede nella sperimentazione fine a
se stessa. All'ensemble si e` aggiunta
Andrea Akastia al violino e al violoncello, mentre Geist se n'e` andato.
Molti brani, come Babelchop e Burial At Sea, sono ancora soltanto dei campionari
di ritmi industriali, disposti come sottofondo per la loquace e stridula recitazione di Rathausen (o per la
non meno inquietante voce del violino, come in Waterhead). Altri, come Babyface, sono
accumuli disordinati di manipolazioni elettroniche a fini sensazionalisti, nei quali le voci sono soltanto
uno dei rumori; e in questo genere il duo si avvicina ai confini dell'avanguardia elettronica
(Ovulation, Sitio).
Annexation apre nuovi orizzonti, verso una new age etnica e sinfonica;
Book Of Job ne spalanca altri, verso un'elettronica "cosmica", proiettata pero` verso rituali arcaici,
in un mare davvero biblico di "voci". L'opera si spegne d'altronde nel sibilo impercettibile di
Colonies, al confine nebbioso in cui si incontrano musica ambientale (Eno) e musica cosmica
(Schulze).
Gli intermezzi fra un brano e l'altro sono talvolta persino piu` interessanti,
protesi verso soluzioni di assoluta avanguardia che fanno pensare alla moderna musica da camera. Se
alcuni conservano un'identita` di fondo (il jazzrock di Monkeypump, il pow-wow di
Subspecies, la sonata per pianoforte di Rodentia), in altri (Infection e Dante's
Shroud) l'arte del collage si fa frenetica e assolutamente folle, e gli inserti scorrono rapidamente,
come in un documentario proiettato a velocita` doppia. In questa direzione eccelle anzi Dresden,
un pastiche dadaista fra serialismo, free jazz, Anthony Braxton e collage elettronico, un tour de force di
campionamento e di manipolazione di nastri. (E Demon Est Deus Inversus prova persino un
brano di dissonanze per orchestra).
Poco ballabile, e ancor meno gioviale, questa musica fa perno soprattutto sugli
"effetti sonori", sull'aspetto coreografico, sulla capacita` di causare uno shock all'ascoltatore. Non e`
musica da godere in trance, ma musica per essere posseduti dal terrore piu` nero. Questi Brecht
dell'oltretomba non hanno altro fine didascalico che preparare la gente alle sevizie piu` atroci. Si servono
di mezzi ben al di sopra della media, anzi, tutto sommato, lo spiegamento di mezzi e` davvero
sproporzionato all'impresa, come se dovessero vincere il premio Nobel della musica del terrore.
Altrettanto imponente e ancor piu` maturo,
Lullaby Land (Re-Constriction, 1993)
abbandona le pose gotiche e l'impeto selvaggio.
La loro selvaggia arte del collage raggiunge qui un picco demenziale.
Il montaggio sonoro viene eseguito su un ritmo da discoteca che puo` andare dal
funk all'house; ma ha anche un suo ritmo interno, il piu` trascinante, e cioe` il ritmo con cui si susseguono
gli spezzoni, i fotogrammi, le cellule che lo compongono. L'opera di composizione viene completata da un
"mix" ricco di fasi parallele, che raramente si affida soltanto alla "gag" di primo piano, bensi` quasi
sempre le affianca un adeguato corredo di contrappunti (campionamento ed elettronica). In questo terzo
disco i risultati, questi brani in cui succede letteralmente di tutto, ricordano il Frank Zappa di
Absolutely Free o i Residents delle prime suite.
Trilobite prova a coniare una sorta di house "totale": una percussivita`
paleo-tribale funge da tappeto per una sequenza di intermittenze di varia natura in rapida successione (un
violoncello classicheggiante, un violino malinconico, un sassofono bebop, un pianoforte isterico, e cosi`
via), in un crescendo sempre piu` incalzante, un tripudio di campionamenti fino a non distinguere piu` la
sorgente sonora, fino a perdere del tutto il senso dell'orientamento.
La metamorfosi dell'armonia e` la regola, non l'eccezione. Catacomb si
apre con un duetto di violini, che lascia pero` subito spazio a un clangore industriale, il quale a sua volta
muta in un duetto di violoncello e sibili elettronici; intanto procede una recitazione brechtiana, si fa avanti
un violino funereo, la beat-box tempesta stentorea, trapelano rumori di belva in agguato.
Dogchild e` una giostra di gustose rievocazioni degli anni ruggenti,
sempre stravolte dall'essere prima decostruite dai campionamenti e poi ri-assemblate a casaccio, con
l'immancabile minisinfonia per campane, presse e martelli pneumatici e un groviglio inestricabile di
fanfare.
Non e` difficile intuire cosa abbia ispirato il grottesco di Bosch Erotique,
al cospetto di quest'orgia di nitriti, risate, vagiti, gorgheggi, canti medievali, passi di danza; della
moltitudine di voci e voci che continuano a levarsi dalla bolgia infernale; ma al tempo stesso i musicisti
grattano comicamente le corde degli archi e un motivetto da circo nei fiati insinua persino un sospetto di
Stravinsky.
Alla danza di guerra pellerossa che alimenta Exuviate si sovrappongono
rumori industriali, nonche' languide frasi classicheggianti di violoncelli e violini; sicche' dopo pochi
secondi il brano ha gia` cambiato completamente fisionomia, con il canto, che ride e piange, deformato in
riverberi, l'elettronica prepotente, rombi orchestrali in sottofondo, un ritmo convenzionale di drum
machine; e come per incanto il brano finisce sulle stesse cadenze di pow-wow con cui era iniziato.
La "terra delle cantilene" di cui canta la title-track e` adagiata in scenari
inquietanti, come in un incubo freudiano, concitati, come un film proiettato a velocita` doppia, distorti,
come da un'overdose d'eroina.
Lo strumentale Akrotiri e` concepito come una danza cerimoniale di
qualche paese esotico, ma ancora una volta tutto e` avvolto in una nebulosa di campionamenti che ruota a
grande velocita`, facendo piroettare ora una chitarra greca e ora un flauto egizio, ora un organo gotico e
ora un violino dodecafonico. Toten Faschist e` un heavymetal estremamente degradato, che del
genere conserva soltanto il senso della distruzione, e lo immerge nel magma della musica d'avanguardia,
mescolando per di piu` il timbro della chitarra a quello di un sassofono. Il ritmo di Crib Death e`
inizialmente dato da scosse elettricissime, mentre la sua melodia e` una frase di violoncello mescolata a
un'onda gravitazionale cosmica; un cambio di ritmo proietta l'ascoltatore nel mezzo di un frastornante riff
di heavymetal.
Nel cicalio elettronico di Glow Worm si fa largo un ritornello scipito
che rifa` persino il verso al Merseybeat, salvo risprofondare nel solito tribalismo poli-poli-ritmico, nelle
solite fucilate heavymetal della chitarra e cosi` via. Le semovenze da panzer di Gargoyles
precipitano in gorghi di campane a morto, urla agonizzanti, chitarre senza vita. Grace fa pensare
a un balletto di robot, fra il tumulto di poliritmi metallici e la dizione demenziale/meccanica.
Nel mucchio si contano anche un Dervish, trafitto da dissonanze d'ogni
sorta, in particolare di pianoforte e violoncello scordati, sparsi qua e la` ronzii di sassofono e di violino a
mo` di vespe; un elettronico condotto dal sitar, Raga Rodentia; una breve piece dadaista
(Cartouche); una breve piece orchestrale (Awaken); e brani robotici, caotici e
cacofonici come Scavenger.
I vocalizzi dei vari cantanti che si alternano al microfono sono sovente del tutto
indipendenti dalla partitura strumentale, e acquistano pertanto il valore di esercizi di recitazione.
Quella dei Vampire Rodents e` una musica che non si ferma mai, che non smette
mai di mutare pelle, che non acquista mai una personalita` definitiva; eppure ciascun brano e`
perfettamente compiuto, si sviluppa con una sua grazia ed eleganza, e finisce nell'istante medesimo in cui
i musicisti hanno esaurito le gag.
Oltre all'archivio di campionamenti, e` fondamentale la metamorfosi continua
dei ritmi: raramente lo stesso ritmo (come frequenza e come timbro) viene impiegato per piu` di qualche
secondo. Anche il ritmo, cioe`, cambia in continuazione, esattamente come tutto il resto. Non esiste
davvero nulla che garantisca coesione, unita`, continuita`. Le percussioni impiegate svariano anzi lungo
uno spettro sterminato di timbri. Non e` trascurabile sul loro metodo di composizione la conoscenza
enciclopedica che Rathausen ha della musica d'avanguardia.
Se War Music era ancora dominato dalla chitarra e dal canto,
secondo le convenzioni della musica rock,
se Premonition ampliava la strumentazione e strizzava
l'occhio all'avanguardia, e se Lullaby Land aggiornava il sound all'era del techno e
dell'heavymetal, Clockseed (Re-Constriction, 1995)
da` via libera all'orchestra e alle drum machine,
recuperando lo straripante cromatismo della prima e sfruttando fino in fondo le cadenze stordenti delle
seconde. Gli strumenti dell'orchestra prendono il posto delle distorsioni chitarristiche. Il ritmo da ballo
non concede un secondo di pausa, sempre in primo piano a tutto volume.
In questo continuo battibecco fra ritmi volgari, pedestri, e colonna sonora
acustica, concettuale e "alta", sta la principale chiave di lettura del disco. Il loro grottesco consiste nel
suonare contemporaneamente una filastrocca da novelty e un miniconcerto d'avanguardia
(Heliopause), o un hip hop e un quintetto da camera (Revisioned). Tracce di anni '60 nel
ritornello orecchiabile e nell'organo brioso di Low Orbit vengono annientate dal contrappunto
incalzante degli archi, dai rumori di carpenteria e dalle fratture ritmiche.
Agendo sulle tre variabili fondamentali (cantante, ritmo, campionamenti), di
volta in volta il gruppo da` una personalita` diversa al brano. In questo carnevale sempre piu` trafelato di
travestimenti sfilano litanie femminili con poliritmi da manicomio (Ravages Of Ease), la
recitazione allucinata cara a Brecht su uno sfondo di cadenze parossistiche, staffilate di pianoforte e
volteggi di violini (Zygote), un canto ubriaco su un tempo frenetico con armonie da fine del
mondo (Iron Clad) e cosi` via. Scatter riconduce il metodo alle operette farsesche e
tumultuose di Zappa.
Quando la gradazione della violenza aumenta a livelli pericolosi, come in
Dowager's Egg e Mother Tongue, i Vampire Rodents sembrano i Nine Inch Nails
accompagnati da un'orchestra sinfonica che esegue brani di Schonberg e da una big band che esegue temi
di Ornette Coleman.
Rispetto a Lullaby Land le partiture sono meno dispersive: ogni brano
e` focalizzato sulla propria identita`. Al posto delle escursioni a ruota libera di quel disco, si afferma una
tecnica di stratificazioni su un tema a seguire. Invece di una sequenza di folgorazioni estemporanee, di
raccordi improbabili, la canzone diventa un saggio di provvisoria compiutezza, una ricerca di "concordia
discors". Il materiale immenso e per sua natura disordinato di Lullaby Land e` ancora in
ebollizione, ma impacchettato in unita` articolate.
Talvolta (Another Planet) la bilancia pende dalla parte dell'esperimento,
o sembra di assistere alla nascita di una nuova forma di lied (Clockseed). Talaltra la ritmica non
solo prende il sopravvento ma vira verso una world-music psichedelica (quella di Skin Walker per
voci spaziali e vuoti armonici, e soprattutto quella piu` corposa ed evocativa di Terra Amata).
Sempre di corsa, sempre a perdifiato. Un'altra sinfonia del caos e della
moltitudine, della fine dell'ordine e della ragione.
La loro musica da ballo cannibale, che inghiotte e rumina altre musiche da ballo,
poggia in realta` su due soli strumenti, il violoncello e la chitarra percussiva, lasciando che siano i
campionamenti a fungere da volano e amplificare a dismisura i contributi degli altri strumenti.
Come sempre, le liriche sono ispirate al piu` truce e ripugnante black humour.
Al quartetto di Vahnke, Wulf, Laoshu e Akastia si sono aggiunti
Mordachai Benghiat (chitarra), Consuelo Buenviento (flauto, oboe), Chase
(percussioni), Lucia De La Torre (clarinetto, fagotto) e Anna Luisa Escalante
(tromba, trombone, sassofono). Al canto si alternano una decina di ospiti.
Gravity's Rim (Fifth Column, 1996), che ricopia piu` o meno la formazione
precedente, contiene 24 composizioni (e si tratta di composizioni compiute, non
di frammenti, della durata media di tre-quattro minuti).
Il cambiamento evidente rispetto ai
dischi precedenti e` la prominenza sempre maggiore del canto. Vahnke canta di
persona, e, al solito, si serve di un manipolo di cantanti ospiti.
Le composizioni sono "canzoni" nel senso classico del termine. Cio` che non
e` molto classico e` l'arrangiamento, che consiste di un tumultuoso, sinfonico
e talvolta cacofonico flusso di campionamenti e percussioni.
Ciascun arrangiamento e` il frutto di ore e ore di registrazioni, com'e` facile
avvertire dalla stratificazione dei suoni, dalla quantita` di dettagli che
compongono questi puzzle sonori.
Come sempre, gli spunti sono geniali, dal maelstrom orchestrale di Chain
al concitato trepestio quasi gamelan di Prophet Clown, dal concerto per
violoncello di Beta alle fanfare orchestrali di Core,
tutti infilzati da una quantita` sterminata di campionamenti collaterali;
ma, rispetto al passato, tutti ancorati a un tema preciso. Sullo sfondo
scorrono vorticose le immagini di cento film, ma in primo piano troneggia
una scena sola.
Un'altra novita` e` la
frenesia percussiva (Code, Patterns, Fossilized,
Underneath, e soprattutto Goatweed), in gran parte merito di
Chase, che da` luogo a vere e proprie
sinfonie "industriali", spesso al limite del techno.
Vahnke non sempre si trattiene, e indulge allora in brani
camaleontici come cartoni animati: Rain Wheel, il breve
strumentale Sandtrap e soprattutto il collage piu` selvaggio,
HMP.
Le partiture rocambolesche di Calibrations, Porker, Creeper
e soprattutto la pantagruelica Parameter Seven
sottolineano il canto come fossero colonne sonore. La tecnica di Vahnke e`
in effetti una sorta di trasformazione della canzone rock in colonna sonora
cinematografica, o quanto meno cinematica.
La predilezione per l'orchestra e la musica da camera fa si` che brani come
Gravity's Rim sembrino davvero lieder d'avanguardia (ma basta un tono
piu` futurista e un ritmo piu` funky per spingere Obsidian nelle
lande di Peter Gabriel). E la predilezione per il canto squillante fa si`
che brani come Albatross sembrino usciti da un musical.
Ci si domanda cosa succederebbe se Vahnke si lasciasse andare a una composizione
di lungo respiro invece che limitare i suoi esperimenti sinfonici ai due
minuti di Schlangenauge.
Vahnke si conferma come uno dei massimi "orchestratori" rock di tutti i tempi,
degno di stare al fianco di Foetus e di Jim Steinman.
I Vampire Rodents sono peraltro un'entita` sfuggente, che ha cambiato musica con
il passare degli anni:
War Music era ancora dominato dalla chitarra e dal canto
secondo le convenzioni della musica rock,
Premonition ampliava la strumentazione e strizzava
l'occhio all'avanguardia,
Lullaby Land aggiornava il sound all'era del techno e dell'heavymetal,
Clockseed assimilava l'orchestra e le drum machine,
Gravity's Rim recuperava la forma canzone.
Ogni episodio ha complicato l'armonia, senza rinunciare a sabotarla.
Il progetto Dilate di Victor Wulf ha prodotto alcuni album di musica ambientale:
Cyclos (Cleopatra, 1996) e Octagon (Cleopatra, 1997).
Wulf lavora anche al progetto d'avanguardia Tracer.
Alchemia e` il progetto synth-pop di
Daniel Vahnke con Athan Maroulis degli Spahn Ranch.
Vahnke e` anche attivo come Obsidian e Taint.
Victor Wulf e Andrea Akastia sono docenti universitari, e pertanto impegnati
soltanto marginalmente impegnati nei Vampire Rodents.
Nell'insieme l'opera mimetica e spersonalizzata dei Vampire Rodents costituisce
anche una metafora potentissima della civilta` musicale.
Riprendendo gli esperimenti di Todd Dockstader, dei Mnemonists e dei
Negativland, il gruppo funge da raccordo fra trent'anni di avanguardia
e la musica industriale.
Daniel Vahnke (che e` la vera anima del gruppo)
ha dichiarato che la sua e` "sample-based composition", una
forma di musica costruita sui campionamenti.
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