Holopaw


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Holopaw (2003) , 6/10
Quit +/or Fight (2005), 6.5/10
Oh Glory Oh Wilderness (2009) , 6/10
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Holopaw is a folk-rock ensemble hailing from Florida, led by singer and songwriter John Orth, whose mournful tone of voice propels the acoustic folk ballads of Holopaw (Subpop, 2003). The quintet excels at stately, tragic, intense tales such as Abraham Lincoln and Hoover (that offer an unlikely combination of alt-country and latter-day Pink Floyd). The tuneful and heartfelt compositions are kept together by discrete arrangements of cello, mandolin, slide guitar, piano. Occasionally (Pony Apprehension) they evoke the naive lyricism of early Neil Young. The music is never predictable or trivial. In fact, the surreal frenzy of Igloo Glass and the slow dirge of Cinders, punctuated by trumpet and electronics and then minced in a nightmarish coda, are positively avantgarde.

A more conscious and expert use of arrangements and sonic effects compensates the lack of emotion on Quit +/or Fight (Sub Pop, 2005). The best songs (Losing Light, Velveteen, 3-Shy-Cubs, Holiday, Ghosties, Curious) try all sorts of combinations of acoustic, electric and electronic instruments. Far from being overwrought, they come through as ephemeral and evanescent, precisely because they never build up to the instrumental climax that is within the band's reach. They end too soon, but then that is the very quality that makes them interesting. And Orth is one of the few vocalists around who does not make a big deal of his songwriting or of his vocal skills and is content to blend into the instrumental sound.

Holopaw reorganized around singer John Orth and guitarist Jeff Hays with a new line-up and a more baroque sound for Oh Glory Oh Wilderness (2009), thanks to cellist Christa Molinaro and multi-instrumentalist Matt Radick.

(Translation by/ Tradotto da Andrea Marengo)

Holopaw è un complesso folk-rock della Florida diretto dal cantante e cantautore John Orth, il cui tono di voce mesto domina le ballate folk acustiche di Holopaw (Subpop, 2003). Il quintetto eccelle nei solenni e intensi racconti tragici di Abraham Lincoln e Hoover (che propongono un'inverosimile fusione di country alternativo e ultimi Pink Floyd). Le loro composizioni armoniose e profonde mantengono tra loro una certa continuità grazie ai discreti arrangiamenti di violoncello, mandolino, slide guitar e pianoforte, rievocando occasionalmente  il lirismo naif del primo Neil Young (Pony Apprehension). La loro musica non è mai prevedibile e banale. La frenesia surreale di Igloo Glass e la lenta nenia di Cinders, messe in risalto dalla tromba e dall'elettronica, per poi essere sminuzzate in un finale incubico, sono sicuramente tracce d'avanguardia.

Un uso più consapevole ed esperto degli arrangiamenti e degli effetti sonori compensano la lacca emotiva di Quit+/Or Fight (SubPop, 2005). Le canzoni migliori (Losing Light, Velveteen, 3-Shy-Cubs, Holiday, Ghosties, Curious) tentano ogni sorta di combinazione di strumenti acustici, elettrici ed elettronici. Lungi dall'essere troppo elaborati, essi giungono ad una formula musicale effimera ed evanescente, non concentrando mai quel climax strumentale alla portata del gruppo. Essi terminano le loro tracce troppo presto, ma è proprio questo l'elemento di qualità che li rende affascinanti, mentre Orth dimostra di essere uno dei pochi cantanti della sua generazione che preferisce unire i testi scritti e la voce nel contesto strumentale, dando poca importanza alle sue doti di cantautore e cantante.

Gli Holopaw, riorganizzati dal cantante John Orth e dal chitarrista Jeff Hays con una nuova formazione, proposero il più barocco Oh Glory Oh Wilderness (2009), che gode del supporto della violoncellista Christa Molinaro e del polistrumentista Matt Radick.

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