- Dalla pagina su Janelle Monae di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
La soul singer di Atlanta Janelle Monae (Kansas City, 1985) ha debuttato con il concept-EP Metropolis Suit I (Bad Boy, 2007) le cui liriche descrivono una distopica società futuristica e le cui musiche imitano le colonne sonore dei film di James Bond.
La seconda e terza parte di una suite ispirata al classico del cinema
Tedesco Metropolis (1927) sono
mostrate in The ArchAndroid (Bad Boy,
2010), un concept album che segna un salto quantico in avanti nelle ambizioni
musicali. Meticolosamente organizzato e arrangiato, mostra una intelligenza
musicale anche più eclettica, erede naturale del progetto di Lauryn Hill.
Per illustrare la sua tesi, Monae apre l’album con l’inquietante musica
sinfonica di Suite II Overture, per
poi farla seguire dalle sfumature brasiliane e africane di Dance Or Die, un rap scalmanato che combatte una celestiale melodia
cantata da un coro femminile mentre corni, archi, battiti sincopati ed effetti
sonori digitali scolpiscono un amichevole e mondano paesaggio sonoro.
Tutto ciò prosegue senza soluzione di continuità nella chitarristica danza
diabolica di Faster, il cui ritmo
martellante richiama l’età del jump blues e del charleston.
Locked Inside diminuisce la velocità, per una spigliata melodia presa direttamente dal pop
easy-listening degli anni '60 e un ritmo che deve qualcosa al Michael Jackson di Rock With You.
Dopo la ballata naïf condotta in punta di piedi di Sir Greendown, che appartiene all'età dei primi idoli dei teenagers, e la
temporanea personificazione di una diva della disco degli anni '70 in Cold War, Monae viaggia fino all’era di
James Brown in Tightrope, in cui
compare Bad Boi degli Outcast, un’avvincente avventura per chitarra funky, coro
e orchestra. L’estensione di storia della musica che riesce a coprire nello spazio di
poche canzoni è sia piacevole sia intimidatoria. Pochi minuti dopo Monae ritorna ai
primi anni '60 per Oh Maker,
nella sua migliore imitazione di Dusty Springfield e Sandie Shaw. Subito dopo
compete con i viscerali urlatori rhythm’n’blues degli anni cinquanta nella
frenetica Come Alive, eccetto che per
alcuni piccoli dettagli, come gli effetti vocali e il tintinnio dei campanelli
che conferiscono alla canzone un inquietante potere psicologico.
La melodia sensuale e distorta e il crescendo ritmico di Mushroom & Roses suona come un
omaggio al Prince dell’era di Purple Rain. Suite
3, un più corto ciclo di sei canzoni, si apre con un’altra ouverture sinfonica
che armoniosamente porta alla languida Neon Valley Street (probabilmente l’unico passo falso del disco).
La post-disco Make The Bus, una creazione di Kevin
Barnes degli Of Montreal che trasuda un po’ del grandeur alla Pet Shop Boys, è accoppiata
all’esotico balletto di Wondaland,
cantata in una voce stridula che evoca Kate Bush e il Synth-pop degli anni ottanta.
Proprio quando Monae sembra aver esaurito tutti i generi, esistenti e non
esistenti, intona l’inno venato di medioevo 57821,
uno dei momenti più toccanti nella storia delle registrazioni della sua
generazione. Dopo un meno riuscito tributo all’intelligente musica soul di
Stevie Wonder (Say You’ll Go), termina l'album con gli
otto minuti di BabopbyeYa alla
maniera di una tarda "torch singer", tranne per il fatto di essere
accompagnata da una squillante orchestra sinfonica e che la musica si decompone
rapidamente in un samba brasiliano, una libera cacofonia, un recitativo, contro
un solenne coro femminile e una musica jazz da camera. L’album è una
corsa, vertiginosa e senza fiato, attraverso gli annali del pop, del rock e del soul
(sono accreditati anche i produttori Charles "Chuck Lightning"
Joseph II e Nathaniel "Nate 'Rocket' Wonder'" Irvin III). Che rimanga
coerente nonostante tutti i salti avanti e indietro nel tempo è un miracolo.
Sembra uno tsunami stilistico, ma di quelli che costruiscono anzichè
devastare.
Electric Lady (Bad Boy, 2013), prodotto in gran parte da Deep Cotton (il duo di Atlanta composto da Chuck Lightning e Nate "Rocket" Wonder), continua la saga dell'androide rinnegato (quarta e quinta suite). Come nell'album precedente, la musica di Monae è davvero un lavoro di squadra che include il chitarrista Kellindo Parker, il produttore di Wondaland Roman "GianArthur" Irvin e il duo di autori Nate Wonder e Chuck Lightning (travestiti sotto i soprannomi di Nathaniel Irvin III e Charles Joseph II). L'album è molto meno creativo del precedente, ma vanta comunque brani degni del meglio di Monae: il singhiozzante funk Q.U.E.E.N. (un duetto orecchiabile, anche se dejavu, con Erykah Badu, ma cantato con uno stile tipo Lauryn Hill); l'inno Sally Ride (che cita Mustang Sally di Wilson Pickett); lo sfogo tribale e la preghiera corale Hell You Talmbout e la febbrile Givin Em What They Love (un duetto con Prince). Monae sembra più attratta dalla nostalgia questa volta, e non solo perché cita i giganti del soul degli anni '60 e '70 (Ghetto Woman potrebbe essere una melodia di Stevie Wonder), ma anche perché due delle migliori miscele sono eleganti reinterpretazioni del passato: Dance Apocalyptic si rifà agli anni '60 del calypso, dello ska, del bubblegum pop e dei gruppi femminili di Phil Spector; e Look into my Eyes suona come un mezzosoprano di Broadway che canticchia una ballata orchestrale esotica degli anni '50.
Per alcuni anni Monae non pubblicò niente di nuovo ma era sicuramente in attività. Ha cantato in Ego Death (2015) degli Internet, Surf (2015) dei The Social Experiment e Art Angels (2015) di Claire Boucher. È apparsa in film come Moonlight (2016) di Barry Jenkins e Hidden Figures (2016) di Theodore Melfi.
Dirty Computer (Atlantic, 2018), l'ennesimo concept album (su uno stato di polizia che criminalizza omosessuali e neri), è stato addirittura accompagnato da un film di 46 minuti (simile a quello che fece Prince per Purple Rain). L'album costellato di star (Brian Wilson, Stevie Wonder, Pharrell Williams, Zoe Kravitz, figlia di Lenny, Grimes e persino un Prince postumo) è stato sicuramente uno sforzo importante per affermarla commercialmente. Il risultato, come spesso accade per le grandi produzioni, è terribile. Il concept si perde nella parata di canzoni inferiori che mirano semplicemente all'airplay. C'è un'orecchiabile Crazy Classic Life (che idealmente complementa Let's Go Crazy di Prince) e lei scatena la sua filosofia edonistica in Screwed che avrebbe potuto essere in 1999 di Prince; e la leggermente aggressiva I Got the Juice (un duetto con Pharrell Williams) unisce l'afro-pop e l'hip-hop. Ma Take a Byte strizza l'occhio al dance-pop dell'era Tears For Fears e Culture Club; e l'infantile Pynk (una collaborazione con Grimes) suona come una canzoncina di Taylor Swift. E poi va ancora peggio: Django Jane è un hip-hop piuttosto noioso; Don't Judge Me è una ballata che induce al sonno; I Like That è solo una banale combinazione di ritmi alla moda e crooning con un effetto vocale carino; So Afraid è un tentativo comico di trasformarla in un'urlatrice in mezzo alla grandiosità sinfonica. Anche il funky elettronico ispirato a Prince di Make Me Feel non si fondono, sebbene sia stata composta da Julia Michaels e Justin Tranter (che nel 2015 aveva composto la hit di Justin Bieber Sorry e la hit di Selena Gomez Good for You) e prodotta da Sweden's Mattman & Robin (alias Mattias Larsson e Robin Fredriksson, che avevano appena prodotto 1989 di Taylor Swift). Come EP di quattro canzoni sarebbe stato passabile.
Janelle Monae ha debuttato come scrittrice con la raccolta "The Memory Librarian", che ha trasformato Dirty Computer in una serie di brevi racconti.
Nel 2020 la Monae è stata la protagonista della seconda (deludente) stagione di Homecoming, serie tv di Amazon Prime.
È difficile riconoscere Janelle Monae nella musica insipida dei 14 brani (per un totale di 32 minuti) di The Age of Pleasure (Atlantic, 2023). I singoli Float, alimentato da trap e dub, e Lipstick Lover, un sensuale shuffle reggae-soul (entrambi prodotti da Nate "Rocket" Wonder), consistono in spensierata party music per quelle folle che non hanno mai ascoltato i suoi album precedenti.
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