- Dalla pagina sugli Algiers di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)


(Tradotto da Stefano Iardella)

La band multirazziale di Atlanta degli Algiers (il cantante nero Franklin Fisher, il chitarrista Lee Tesche, il bassista Ryan Mahan) ha inventato una forma originale di gospel-rock su Algiers (Matador, 2015).
L'intero album è suonato con un tono ampolloso, a partire da Remains, che suona più come un coro di pirati che come un gospel. Tamburi tonanti, urla da predicatore e rumore di chitarra fanno esplodere Claudette. Old Girl passa dalle sfumature funebri dei rintocchi delle campane alle urla e ai colpi istericamente disperati. Irony Utility Pretext innesta quell'isteria su un ritmo dance elettronico. Il pezzo forte, And When You Fall, è come una combinazione di Witness Song di Nick Cave. e Rolling in the Deep di Adele, e il cantante diventa sempre più rozzo. Circondate da materiale così energico, le due canzoni del loro primo singolo (pubblicato originariamente nel 2012) impallidiscono al confronto: la lenta e meditabonda Blood e la danza di guerra "indiana" Black Eunuch.
L'unico neo è che l'album risulta un po' ripetitivo. Quando arriviamo al marziale In Parallax, siamo diventati immuni alle sfumature enfatiche. La loro sembra essere un'idea che non consente molte variazioni. È come se i Doors avessero realizzato un album con dieci copie di Soul Kitchen.

The Underside of Power (Matador, 2017), con il batterista Matt Tong dei Bloc Party, si apre con il loro potente singolo Walk Like a Panther, cantato con i denti indecorosi di Wilson Pickett. Cry of the Martyrs prende di nuovo in prestito quel ritmo adelesco e semplicemente lo accelera. Death March si trasforma da una ballata alla Doors in una danza gotica à la Alien Sex Fiend, ma in realtà è un sfogo politico. The Underside of Power esplora un lato meno cupo, prendendo in prestito il festoso Tamla-soul degli anni '60. Ma, dopo quattro canzoni, l'album, musicalmente parlando, viene meno. Le vibrazioni minacciose di A Murmur A Sign sono dejavu, l'elegia pianistica di Mme Rieux ricorre nuovamente alla magniloquenza e Animals è rock'n'roll senza fiato con poca immaginazione, e The Cycle/The Spiral intona una strana fanfara caraibica. Ancora una volta, sembra che siano bloccati in una gamma stilistica ristretta. Pertanto è positivo che lascino quello spazio ristretto per le canzoni di protesta sociopolitica: Cleveland (che campiona un famoso predicatore e cantante gospel, James Cleveland) e in particolare la dissonante e disorientante Hymn for an Average Man, guidata dal pianoforte. La spettrale Bury Me Standing è un altro picco di pathos, anche se dura solamente due minuti.

There Is No Year (Matador, 2020), prodotto da Randall Dunn (Sunn O)))) e Ben Greenberg (Zs, The Men), e apparentemente basato sulla lunga poesia di Fisher "Misophonia", suona come un mucchio di avanzi aggiunti alle uniche due buone canzoni: il boogie ipersonico There Is No Year e l'urlo appassionato Dispossession. Il resto è molto al di sotto dello standard: Chaka imita Michael Jackson, Repeating Night è un altro (zoppicante) tentativo di ballare goth degli anni '80, We Can't Be Found è una spudorata ballata pop, e Nothing Bloomed deve essere considerata una delle canzoni punk-rock meno emozionanti mai registrate. La maggior parte delle band con un minimo senso di dignità non pubblicherebbe tale materiale se non al momento di sciogliersi, raccogliendo tale materiale in un album di "stranezze" e rarità.


- Torna alla pagina sugli Algiers di Piero Scaruffi -