Dalla pagina di Piero Scaruffi
(Translation by/ Tradotto da Pierluigi Napoli)

Il quartetto di Londra Black Midi (il cantante Geordie Greep, il chitarrista Matt Kwasniewski-Kelvin, il bassista Cameron Picton e il batterista Morgan Simpson) ha debuttato con Schlagenheim (Rough Trade, 2019) che sembra mettere in scena un revival del post-rock degli anni ‘90. Si apre con 953, che suona come un medley tra Captain Beefheart e i Sonic Youth, a parte la transizione quasi immediata in una litania soul-rock in stile Family. Atonali e irregolari, pezzi come Speedway e Ducter evocano il post-rock degli Slint combinato al prog-rock di scuola Canterbury. La piu’ viscerale, Near DT – MI, suona come gli Unwound con una coda di dance-punk vorticoso. Gli otto minuti di Western sono la loro versione di ballata pop con un pizzico di follia Frank Zappa-iana, un banjo Nashville-iano e chitarra in stile Robert Fripp. La declamazione e l’impeto fanno sembrare Of Schlagenheim come una versione sincopata dei Pere Ubu. Alcune canzoni sono semplicemente banali (ad esempio, lo spoken-word Bmbmbm, che e’ anche il loro primo singolo). Il canto e’ l’elemento piu’ debole, la batteria probabilmente il piu’ forte (in particolare in Reggae, altrimenti inutile). L’album e’ piuttosto confuso e a volte fastidiosamente superato.

Hanno anche pubblicato i singoli Crow's Perch (2019), Talking Heads (2019), Ducter (2019), 7-Eleven (2019), e Sweater (2020)


(Tradotto da Stefano Iardella)

Cavalcade (2021) è un'opera inferiore. La frenesia prog-rock di John L e la nevrotica jam jazz-rock di Slow sono lavori svogliati e facili. L'unico pezzo sostanziale, l'enfatica ballata di dieci minuti Ascending Forth, confina con la musica folk, con le melodie degli spettacoli di Broadway e con il lieder neoclassico. E' l'unica ragione per cui questo album esiste.

Hellfire (Rough Trade, 2022), prodotto da Marta Salogni, vanta arrangiamenti roboanti e soffre di nevrosi urbana. Sugar/Tzu mostra la spavalderia di un musical di Broadway. Eat Men Eat è emblematico delle loro strutture di canzoni in continua mutazione, ma i pezzi più lunghi (Still e The Race Is About to Begin) tendono a essere un po' troppo caotici. Welcome to Hell è più confuso che teatrale, ma alla fine è entrambe le cose. 27 Questions è una semplice scenetta di vaudeville, ma almeno coesa e, ancora una volta, suona come la chiusura di un musical di Broadway.


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