- Dalla pagina sui Goat di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
La band svedese dei Goat, fronteggiata da una donna, ha offerto con World Music (Rocket, 2012) una miscela esplosiva di rock classico e stili etnici. Dopo il breve raga strumentale di Diarabi, la band confeziona un hard rock energico anni ’70 arricchito da percussioni tribali in stile africano (Goatman) e percussioni dallo stile indiano caracollante (Run To Your Mama, con anche uno xilofono suonato come un carillon). La follia distorta di Goathead è controbilanciata dal pulsare cinematografico di Golden Dawn. La festa si trasforma in discoteca vintage grazie ai mix funky Let It Bleed e soprattutto Disco Fever. Goatlord, canto gotico/esotico che ricorda Nico, e Det Som Aldrig Förändras solenne e ipnotica traccia strumentale di otto minuti guidata dall’organo e colorata di India, costituiscono la controparte filosofica dell’atteggiamento “carnale” che caratterizza gli altri brani e l’aspetto più originale dell’intera operazione. La musica è di certo obsoleta e perfino prodotta secondo quegli standard di bassa qualità tipici degli anni ’60, ma ai tempi questo album sarebbe stato una pietra miliare.
L'afro-psych-rock dei Goat si concentra sull'ipnosi per la parte migliore di Commune (Rocket, 2014), a cominciare dal raga-rock Pink Floyd-iano di Talk To God e dalla frenesia poliritmica di Goatslaves. Le variazioni sul modello sono creative, dalla danza caraibica con jamming stile Cream di The Light Within al freak-folk stile Syd Barrett di To Travel The Path Unknown. Il culmine viene raggiunto con l'inno vibrato della chitarra e i tom-tom della giungla di Words. L'album è meno convincente con la convenzionale jam space-rock dalle sfumature arabe Hide From The Sun e la jam molto convenzionale Gathering Of Ancient Tribes. L'album contiene parte del loro materiale migliore ma sembra durare più a lungo del necessario perché il buon materiale abbraccia al massimo sei canzoni, e il resto avrebbe potuto essere omesso.
Dopo il singolo "tropicale" Time For Fun (2015), il terzo album Requiem (Rocket, 2016) è un lavoro più tranquillo, a partire dal brano dance hippy folk arricchito dal flauto di Union of Sun and Moon e dal canto esotico I Sing In Silence attraverso l'elegia folk-rock intervallata alla Mamas & The Papas di Alarms e il rilassato shuffle It's Not Me. Nel frattempo si ascoltano danze che evocano vari tipi di ambientazioni: il tribale pow-wow Temple Rhythms, il festoso carnevale caraibico Trouble In The Streets, l'Indian-esco Try My Robe (a` la Run To Your Mama), ecc.
Ci sono pochi momenti "difficili" e la notevole eccezione è l'ibrido raga-metal Goatfuzz, con un riff di basso che ricorda American Woman dei Guess Who, con antemici parttern circolari che ricordano Terry Riley e un cenno ai Blue Cheer.
L'album live Fuzzed In Europe (2017) contiene una versione incendiaria da dieci minuti di Run To Your Mama.
Headsoup (2021) è una compilation che include singoli rari.
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