Dalla pagina di Piero Scaruffi
Il quintetto inglese Idles, dopo una falsa partenza con i mediocri EP Welcome (2012) e Meat (2015), hanno rivitalizzato il punk-rock sul loro album Brutalism (2017) con canzoni alla velocita della luce che contrappongono il rauco urlatore da pub Joe Talbot alle chitarre incendiarie di Mark Bowen e Lee Kiernan e alla incessante sezione ritmica di Adam Devonshire (basso) e Jon Beavis (batteria). Il limite del progetto e che suona come un compendio del punk-rock degli anni 70. Ci sono echi dei Clash, Fall e dei Stiff Little Fingers, così come delle loro controparti americane (Ramones, Cramps) in tutto lalbum, dal selvaggio psychobilly di Heel / Heal al voodoobilly corazzato di Divide & Conquer, dalle tinte ska di Mother alla follia in stile Devo di 10:49 Gotho. C'è una connotazione comica nei passi musichall di Well Done e nel refrain enfaticamente pop di Benzocaine (su un ritmo febbrile e vorticoso), forse la gag più riuscita dellalbum. Ci sono idee piu complesse in Date Night e Rachel Khoo che non smarrisce lenergia. Nulla che non avessimo già ascoltato (un centinaio di volte), ma pur sempre divertente e talvolta entusiasmante.
Sfortunatamente, gli Idles perdono gran parte della loro energia "brutale" su Joy as an Act of Resistance (2018), la tipica delusione del secondo album. Se riuscite ad andare oltre lagitata (ma piuttosto noiosa) Colossus, la magniloquente (ma un po clownesca) Never Fight a Man with a Perm, e la pop Danny Nedelko (una patetica imitazione dei Green Day), potete godervi il sevaggio e tribale battito charleston di I'm Scum e lunico pezzo davvero viscerale e melodico, Television. Non resta molto altro da salvare.Due anni dopo gli Idles pubblicano Ultra Mono (Partisan, 2020), probabilmente la loro opera meglio "studiata". L'album diventa rapidamente il più venduto in Inghilterra, per quell'anno.