- Dalla pagina sui Pallbearer di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
Il quartetto doom-metal dell'Arkansas dei Pallbearer, guidato dal chitarrista Devin Holt e dal cantante Brett Campbell, cercò di rivitalizzare il genere del doom meetal, che stava rapidamente diventando un'auto-parodia, ma il doppio LP Sorrow And Extinction (20 Buck Spin , 2012) ha prodotto solamente risultati contrastanti, con il maestoso Foreigner (12:23), un po' troppo derivato dai Black Sabbath, e i vari tentativi un po' troppo amatoriali di mescolare elementi folk e ambient. Ciò che sicuramente risaltava erano le capacità melodiche ed emotive, qualcosa che solitamente mancava al genere in questione.
Un suono più pulito, più nitido e brillante su Foundations Of Burden (Profound Lore Records, 2014), con il nuovo batterista Mark Lierly, è diventato mainstream. Lo sfarzo pop di Worlds Apart ha più aspetti in comune con i peggiori eccessi dei Rush che con i classici del doom metal; e la seconda metà di Watcher In The Dark è fondamentalmente una cover al rallentatore del tuo successo pop-metal preferito.
Il problema è che il risultato non è né doom né pop né qualcosa di sostanziale, come dimostra ampiamente la noiosa litania Foundations. A loro merito, il modo in cui sviluppano e concludono la marcia funebre di Vanish (qualcosa che abbiamo sentito migliaia di volte) è originale e commovente.
Dopo l'EP Fear and Fury (2016), che contiene una cover di Love You to Death dei Type O Negative, è uscito l'album Heartless (2017) con cui hanno ulteriormente semplificato il loro sound e lo hanno spostato dal doom-metal al pop-metal.
I Saw the End ricorda il prog-metal dei Rush, senza le loro competenze tecniche, e l'esaltazione melodica dei Queensryche.
La magniloquente aria di Broadway degli otto minuti di Lie of Survival e i 12 minuti di Dancing in Madness iniziano con una lenta, romantica e languida melodia di chitarra degna dei Pink Floyd degli ultimi tempi, e otto minuti dopo l'inizio della canzone c'è anche un assolo folk di chitarra acustica, prima del finale operistico. Alcuni assoli di chitarra suonano più odiosi che eccitanti, e potrebbero quindi essere rimossi, il canto è piuttosto blando e il ritmo è praticamente sempre un maestoso midtempo. Ci sono evidenti limiti nella loro formula, particolarmente evidenti nella goffa e prevedibile title-track e nel lento e tortuoso A Plea for Understanding, di 13 minuti, con un ritornello quasi soul.
Forgotten Days (Nuclear Blast, 2020), il quarto studio album della band, è stato accolto come uno dei migliori album doom metal dell'anno.
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