- Dalla pagina sui Tool di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)


(Tradotto da Stefano Iardella)

In breve:
I Tool furono la band più innovativa emersa dalla seconda generazione del grunge. Undertow (1993) annunciava la loro sinistra, minacciosa e (in modo sottile) esplosiva miscela tra Led Zeppelin, grunge, heavy metal e progressive rock. Le lunghe e ingegnose suite di Aenima (1996) mostravano un'eleganza scintillante che era quasi una contraddizione in termini, ma era proprio questo il punto: l'arte dei Tool era fatta di sottili contrasti e antinomie sommesse, un'arte in cui rabbia esistenziale e volontà titanica si contendevano costantemente. Era anche un diario di angoscia primordiale, e il livello lirico era davvero parallelo a quello strumentale. Lateralus (2001) ampliò questo approccio a due livelli con brani che, musicalmente, erano concerti a più voci o mini-opere e, liricamente, sedute freudiane che evocavano tutti i possibili demoni interiori.


(Testo originale in italiano di Piero Scaruffi)

Bio:
I Tool sono uno dei nomi più rilevanti dell'era del grunge. Il loro rock sinistro e minaccioso, al confine fra "hard" e "heavy", seguiva il successo di Soundgarden e Metallica e ne portava le stigmate. Ma nei Tool il chitarrista (Adam Jones) e il cantante (Maynard James Keenan) contavano spesso meno della sezione ritmica, composta da Danny Carey alla batteria e Paul D'Amour al basso. Keenan crescerà con il tempo, ma all'inizio erano i ritmi micidiali dei due comprimari a generare l'energia termica dei brani.

Formati a Los Angeles nel maggio del 1991, si presentarono con ll'EP Opiate (Zoo, 1992).
Brani come Sweat sfocano il confine fra grunge, hardcore e speed metal; ma il meglio si trova in Hush, una tetra 21st Century Schizoid Man (King Crimson) del grunge, e in Cold And Ugly una ipnotica e travolgente galoppata alla Whole Lotta Love (con l'assolo più efficace del disco).
Nonostante le doti tecniche dei singoli, le singole composizioni non valgono però gli intenti, che sono ambiziosi come una tragedia di Shakespeare: ispirati dalla "lacrimonologia" del filosofo Ronald Vincent, e più prosaicamente dai primi Swans, i Tool vogliono fare della musica esistenziale, ma usando sonorità fra le più edonistiche che si possano immaginare.


(Tradotto da Stefano Iardella)

Undertow (Zoo Entertainment, 1993) sfrutta appieno l'ossimoro fondamentale che rappresenta il nucleo del programma estetico dei Tool: trasmettere un messaggio esistenziale attraverso suoni edonistici. Il lavoro risultante sembra in apparenza difficile, confuso, oscuro e inquietante, più simile a una seduta Freud-iana che a un concerto rock, con un concentrato di riff al servizio di una drammaturgia solenne e pubblica. Tutte le canzoni, infatti, si basano su dinamiche tese, instabili, brutali, proprio come una tragedia teatrale.
Le migliori sceneggiature appartengono alla furiosa Undertow, montagne russe stilistiche ed emotive che scalano vette viscerali solo per cadere in sterili abissi, e alla cupa Intolerance, scossa da suggestioni tribali Beat in stile Bo Diddley in un'atmosfera da messa nera, con una coda strumentale incandescente. Prison Sex riassume l'idea nell'interazione di due elementi: un vibrante grido rhythm'n'blues e una chitarra Southern-boogie.
Recitano tutti la stessa trama: un hard-rock blues sostenuto da una tecnica altamente personale di riff di chitarra, cambi di tempo, esplosioni collettive e voci emotive, in modo da avvolgerlo in un'atmosfera opprimente. Gli esilaranti sette minuti di Bottom (riff di basso circolare, chitarra fratturata, ritornello ruggito, batteria sincopata, lungo intermezzo silenzioso) sono una sorta di Whole Lotta Love dei Led Zeppelin per la generazione post-grunge. Crawl Away mette in scena un implacabile crescendo emotivo che culmina con una cavalcata ritmica senza fiato con la chitarra che sferza la batteria.
Occasionalmente questa pratica si avvicinava allo stile del glam-rock degli anni '70 (la ballata potente Sober, la magniloquente Swamp Song).
Gli ultimi due brani (anche quelli più lunghi) hanno però dimostrato i limiti dei Tool quando fuoriuscivano dal territorio che era loro familiare.
Il modo sfumato di suonare la chitarra di Adam Jones (molto lontano dai tradizionali assoli dell'heavy metal) impallidisce in confronto al basso ringhiante di Paul d'Amour.
I Tool sono diventati rapidamente alcuni dei performer dal vivo più amati. L'album impiegò un po' di tempo per scalare le classifiche, ma alla fine i singoli Sober e Prison Sex trasformarono la band in una star.

Paul D'Amour ha suonato anche nei Replicants (Zoo, 1996) con Ken Andrews e Greg Edwards dei Failure, ma è una band che ha fatto sostanzialmente soltanto cover.


(Tradotto da Giuseppe Schiavoni)

Aenima (Zoo Entertainment, 1996), con il nuovo bassista Justin Chancellor, dimostra come i Tool abbiano raggiunto la piena maturità compositiva ed una (relativa) austerità di esecuzione, impegnati in lunghe e intricate suites (intervallate da brevi pezzi sperimentali).
Aenima è comunque la naturale evoluzione dei loro lavori precedenti: le canzoni esibiscono lo stesso gusto per un’eccentricità viscerale, ma invece di mormorii e brontolii, mettono in mostra eleganti intrecci ritmici chitarristici e vocali. I Tool trovano l’esatta sintesi tra i canoni del grunge e le strutture melodrammatiche degli anni 90. Il tono epico/fatalista e le dinamiche melodiche/catastrofiche di Stinkfist evocano i Jethro Tull di Aqualung, ma le nevrosi sono tutte loro: la canzone sembra fermarsi e morire un numero infinito di volte, all’apparenza incurante dell’energia propulsiva che scorre sotto la superficie. Eulogy, che prende in prestito l’intro percussiva di Magic Bus degli Who, è, musicalmente parlando, un esempio di ambiguità: i riff fluiscono e rifluiscono come una marea, mentre gli strumenti si inabissano in un pantano di suoni sciolti e senza forma. L’arte dei Tool è fatta di contrasti sottili e di tenui antinomie. Rabbia esistenziale e titanica forza di volontà si rincorrono in Forty-Six And 2. Disgusto e dolore squarciano Hooker with a Penis. Aenema alterna un lamento sommesso ad un magniloquente coro alla Cream. Da consumati cantastorie, i Tool trasformano ogni pezzo in un match di wrestling.
La cosa non sempre funziona: i dieci minuti di Pushit sono un brutto esempio di progressive-rock fuori controllo. L’album è il satori di Keenan, nonché una sorta di diario delle sue angosce ancestrali. Il senso di claustrofobia, che è sempre stato il loro marchio di fabbrica, avvolge le tracce più sperimentali come una nebbia velenosa: Die Eier Von Satan (industrial rock a` la Nine Inch Nails), la poesia elettronica Ions, e la colossale (13 minuti) Third Eye, un delirio di rumore, caos e riff casuali.
Certamente non è la loro opera più centrata, ma Aenima rappresenta uno sforzo significativo nell’aprire nuovi orizzonti all’intero genere.

A Perfect Circle è il progetto del tecnico del suono Billy Howerdel e del cantante dei Tool Maynard James Keenan; dopo aver reclutato il chitarrista Troy Van Leeuwen (ex Failure) e una stagionata sezione ritmica, registrano un disco grunge d’avanguardia: Mer De Noms (Sea of Words, 2000). A tratti molto heavy (Thomas) e orecchiabile (Thinking of You, Judith), ma molto più spesso alle soglie del prog-rock (Magdalena), l’album ingloba i Nine Inch Nails e il post-rock in una forma heavy metal. La forza della band è particolarmente visibile in canzoni come 3 Libras, tenue e sperimentale allo stesso tempo, e come Rose, brutale e al contempo sperimentale.

In Thirteenth Step (Virgin, 2003) Howerdel e Maynard sono affiancati dall’ex chitarrista degli Smashing Pumpkin, James Iha, dal batterista Josh Freese, e dal bassista di Marilyn Manson Jeordie White (Twiggy Ramirez). La musica di The Package e The Noose è un metal claustrofobico che ricorda i primi Killing Joke o un gruppo di Steve Albini. La tensione nevrotica di The Noose, Blue e Lullaby (Jarboe alla voce) è bilanciata dalla relativa linearità di Gravity e Weak and Powerless. Reminiscenze tooliane affiorano solo in The Outsider e Pet. Purtroppo però la ballata pop The Nurse Who Loved Me, una cover, tradisce gli intenti commerciali della band, che non permettono al lavoro di mantenere fino in fondo le sue ambiziose promesse.

eMOTIVe (2004), dei Perfect Circle, è stato un album di cover.


(Tradotto da Tradotto da Dolores Perriello, modificato da Stefano Iardella)

Nel frattempo, dopo due anni di battaglie legali, i Tool sono tornati con Lateralus (Volcano Entertainment, 2001), l'album più sperimentale e viscerale che abbiano mai prodotto: canzoni lunghe, contrappunti involuti, venature etniche, atmosfere gotiche, assoli melodrammatici.
La formazione, con Adam Jones alla chitarra, il vocalist Maynard James Keenan, Justin Chancellor al basso e, dulcis in fundo, Danny Carey alle percussioni, uno degli autentici virtuosi del rock odierno, ha perfezionato le canzoni dell'album raggiungendo un livello maniacale.
I brani sono per lo più delle suite in più parti, in cui ogni movimento prepara e definisce quello successivo, secondo un modello reso popolare dal progressive rock degli anni '70 (King Crimson, Van Der Graaf Generator).
Ne consegue che le dimensioni sono monumentali, epiche, apocalittiche. The Grudge (beat tribali, metamorfosi vocali, infuocate chitarre blues), gli otto minuti di Ticks and Leeches (nevrosi frenetica, grida espressioniste, strumming silenzioso, ripresa tempestosa) e Lateralus (crescendo marziale, duetti di sole batteria e voce, assolo di chitarra catartico, meditazione sommessa, assolo di chitarra siderale simile a un raga, finale teso e rumoroso) sono delle mini opere, che perlustrano i meandri dell'anima in cerca del vulcano attivo della passione.
Alcune di queste canzoni sono sedute psicoanalitiche che vanno a sollecitare tutti i possibili demoni interiori: Parabol/Parabola (un lamento psichedelico indiano seguito dal riff più virulento dell'album), The Patient (che inizia lento e poi vola come un inno), Schism (melodia mediorientale, fragorosi crescendo strumentali) e infine quasi un sacro trittico, Disposition (una meditazione sommessa con tabla), Reflection (undici minuti di danze mediorientali e indiane) e Triad (uno strumentale supersonico e inquietante post-Hendrix-iano).
Ciascuna di queste tre ultime canzoni scava un buco nero emozionale in cui va a sprofondare quella successiva. E' un lavoro che si fa valere, e ispira rispetto e ammirazione.


(Tradotto da Luca Cantoreggi)

Maynard Keenan ha avuto anche un progetto "personale", Puscifer, con cui ha pubblicato "V" Is for Vagina (Sony, 2007) e Condition of My Parole (Puscifer, 2011).
"V" Is for Viagra - The Remixes (2008) è stato un album di remix dei brani di "V" Is for Vagina e del singolo Cuntry Boner.


(Tradotto da Andrea Dettori)

Dopo una pausa di tredici anni, i Tool pubblicano il loro quinto album, Fear Inoculum (RCA, 2019), un colosso di 80 minuti che contiene sei pezzi lunghi e un breve strumentale. L'attrattiva di Fear Inoculum (dieci minuti) dura meno di tre minuti: i tabla di Danny Carey e il rombo doom della chitarra di Adam Jones introducono un ritmo funk sincopato e la litania di Keenan, ma poi la band non sembra sapere dove andare. Anche Pneuma (undici minuti) inizia con percussioni e chitarra a cesellare un'atmosfera esotica ma poi, di nuovo, il pezzo scorre senza che accada molto (l'intermezzo strumentale per tabla e synth è un interludio amatoriale). Invincible (tredici minuti) si apre con i suoni della tempesta e dell'oceano, per poi trasformarsi in una power-ballad melodica con frasi atmosferiche di synth; sicuramente pop-metal di classe, ma non esattamente rivoluzionario. 7empest (quindici minuti) inizia e termina con un ticchettio di chitarra e percussioni. Nel mezzo, avanza con ferocia sabbathiana ma, a parte il lavoro di Jones alla chitarra, diventa rapidamente poco interessante. I sermoni di Keenan vengono fortunatamente lasciati in secondo piano, mentre Carey rimane una forza della natura per tutti gli 80 minuti e Jones trasforma ogni riff in un progetto epico. Ma questo album è principalmente carico di dejavu.


(Tradotto da Stefano Iardella)

aMOTION (Virgin, 2004) degli A Perfect Circle contiene remix, e il loro Stone And Echo (2013) ne documenta una performance dal vivo.
Qualche anno dopo sono tornati a fare sul serio... con un altro terribile album, Eat The Elephant (BMG, 2018) e due anni dopo Puscifer ha pubblicato Existential Reckoning (BMG, 2020).


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